domenica 7 giugno 2009

Prime analisi del voto - calo dell’affluenza alle urna nel primo giorno

Roma, 6 giu. - Affluenza alle urne in calo nella prima giornata di voto per le elezioni provinciali e comunali. Secondo i dati forniti dal Ministero dell'Interno, alle 22 di oggi l'affluenza per il rinnovo delle amministrazioni provinciali e' stata del 19,61 per cento contro il 21,35 per cento della precedente elezione. Per le comunali la percentuale dei votanti di oggi e' risultata del 22,93 contro il 23,69 della precedente elezione. Va rilevato pero' che gli elettori chiamati a votare per le provinciali sono 29 milioni 498mila 840, distribuiti in 4591 comuni, mentre quelli chiamati al rinnovo delle amministrazioni comunali sono 17 milioni 500mila 687, distribuiti in 4095 comuni.
Fonte A.G.I.
Intervista a Giuseppe Calderisi di Lucia Bigozzi
Si prepara alla lunga notte elettorale approntando una sorta di manuale d'interpretazione preventiva del voto europeo. Da esperto di flussi elettorali, Giuseppe Calderisi, parlamentare e capogruppo del Pdl in Commissione Affari Costituzionali, legge tra le righe le dinamiche della campagna elettorale incrociando le performance dei due maggiori partiti - Pdl e Pd - con i dati retrospettivi e gli effetti che, inevitabilmente, questo test elettorale avrà sullo scenario della politica nazionale. Con alcune "avvertenze" per meglio orientarsi nella mappa analitica del voto.
Onorevole Calderisi, con quali elezioni va raffrontato l'esito delle europee per avere un quadro completo e chiaro?
Partiamo dal fatto che si tratta di un'elezione di tipo proporzionale, a parte lo sbarramento introdotto al 4%. Ciò significa che la lettura dei dati è relativamente semplice, ma ci sono alcune avvertenze di cui occorre tenere conto.
Quali?Anzitutto bisogna confrontare i dati con quelli temporalmente più vicini, ovvero le politiche 2008 e non con presunti risultati come sta tentando di far passare il Pd, del tipo: siamo partiti dal 22-23%, arriviamo al 25, allora abbiamo vinto. No, non è così. In realtà, il vero raffronto va fatto col 33% che il partito ottenne alle politiche. Altrimenti si fanno analisi sulla base delle aspettative che non portano da nessuna parte.
Certo è che il voto europeo ha dinamiche diverse da quello per la scelta di un governo nazionale.
E' vero. E ci sono alcune osservazioni da fare. Le europee sono elezioni alle quali partecipa un numero inferiore di votanti rispetto alle politiche. Tendenzialmente per il voto politico si arriva a una percentuale dell'83% mentre per le europee si scende sempe di 10-12 punti. Si tratta di una fascia di elettorato che di solito si mobilità in elezioni strategiche come appunto le politiche, ed è prevalentemente distribuito tra i partiti maggiori. In altri termini è una fetta di elettorato che sente meno un appuntamento come questo anche perchè di Europa si è parlato poco, in linea generale c'è un minor interesse, e comunque non si è chiamati a pronunciarsi sul governo del proprio paese. Gli altri aspetti da considerare riguardano da un lato il fatto che la competizione non si svolge con un meccanismo maggioritario, salvo lo sbarramento; dall'altro il concetto di voto utile come leva sull'elettorato, in questa occasione vale relativamente per i due maggiori partiti. Anzi, per certi versi il voto utile può rappresentare un'opportunità per i partiti minori, penso a Rifondazione o alla lista Pannella-Bonino perchè la gente può dire, bè tanto un seggio in meno o in più ai grandi partiti non sposta nulla...
Sì ma in Europa si conta di più se ci sono raggruppamenti forti.E infatti è l'errore fondamentale che una parte di elettorato rischia di commettere non comprendendo che l'Italia avrà più voce e più capacità di condizionare le scelte se in Europa si mandano schieramenti forti che pesano anche numericamente nell'ambito dei partiti maggiori. Il presidente Berlusconi ha insistito molto su questo aspetto come sull'importanza di avere un italiano alla guida del parlamento europeo. Il Pd, invece, ha ancora le idee confuse sul suo collocamento nei gruppi a Strasburgo. Infine, va tenuto presente che alle europee l'elettore si sente più libero di votare anche in presenza dello sbarramento che, invece, dovrebbe spingere a non disperdere la propria indicazione. Tutto questo per dire che quando andremo a fare la somma raffrontando i dati con quelli delle politiche, se la somma non dovesse rispettare le aspettive, non vuol certo dire che il bipolarismo è in crisi. Metterla su questo piano sarebbe un grave errore di valutazione.
Una minor affluenza alle urne chi penalizzerà di più tra Pdl e Pd?Dipende molto da come questo voto è percepito dall'elettorato. E' indubbio che nei confronti del Pd vi sia una certa disaffezione; il partito perde voti da tutte le parti, li perde nei confronti di Di Pietro, nei confronti di Ferrero, dei Radicali e della sinistra critica. Su questo quadro inciderà di più l'astensionismo e non a caso negli ultimi giorni di campagna elettorale gli appelli al voto sono venuti soprattutto dal Pd. Ma in qualche misura, l'astensionismo che è un dato strutturale, riguarderà anche il Pdl.
Negli ultimi due mesi c'è stata una progressione dei sondaggi che prima davano il Pd a 22-23% poi al 26-28, ma anche nel campo del Pdl il Cav. spesso ha insistito sul tetto del 45%.
Non ritiene che questa escalation di previsioni possa rivelarsi un boomerang di fronte ai dati reali?
Anzitutto non va fatto il raffronto tra i sondaggi che cambiano nell'arco di settimane col voto che si conoscerà domenica notte. Semmai si potrà fare un raffronto rispetto alle previsioni dei sondaggi ma sinceramente non è un dato concreto e attendibile, basti vedere ad esempio le ultime performance degli exit poll. Nel 2006 c'è stato uno scarto di sei-sette punti, quindi stiamo attenti a prendere per oro colato le indicazioni dei sondaggi. Una cosa è la propaganda, altro è la lettura oggettiva dei dati. A differenza del Pd, nel Pdl io vedo una significativa tenuta rispetto al dato dell'anno scorso ed è la prova che c'è un consolidamento del consenso a pochi mesi dalla nascita del partito unico. Io sono portato a considerare la conferma del dato delle politiche (quasi il 38%) come estremamente positiva, anche perchè oggi il dibattito è su quanti punti perde il Pd. Certo, se poi si arrivasse o si superasse il 40% sarebbe un dato eccezionale.
Secondo lei che campagna elettorale è stata e quanto può incidere nella determinazione dei voti l'attacco mediatico scatenato dalla sinistra contro il Cavaliere?
Non ho la sfera di cristallo ma penso che per certi aspetti abbia inciso negativamente. Intanto perchè ha evitato di parlare dei temi dell'Europa, spostando lo scontro non sulla politica ma sul gossip. E' stata una campagna barbara che la dice lunga su quali argomenti il Pd a corto di armi politiche, abbia dovuto usare per contrastare Berlusconi. Franceschini ha iniziato col dire "tra moglie e marito non mettere il dito" ed ha finito per confondere il governo con la governante.
Nelle varie circoscrizioni si è notato più competitività tra i candidati del Pd e una maggiore mobilitazione sul territorio rispetto a quelli del Pdl.
Secondo lei può dipendere dalla caratterizzazione di liste più o meno "bloccate"?
Non ho studi approfonditi su questo. Certamente nel Pd c'è una gara particolare tra candidati. Non è un caso che il Pd abbia voluto mantenere le preferenze perchè D'Alema sta lavorando alla resa dei conti dentro il partito e lo si vede con i suoi candidati al Sud e al Centro. In altri termini ha aperto una sorta di conta finalizzata a riprendere le redini del Pd; non so se poi D'Alema lo farà veramente ma è indubbio che stia giocando questa partita. Nel Pd è in atto una guerra spietata tra oligarchie. Situazione totalmente diversa nel Pdl dove esiste un processo di costruzione del nuovo soggetto politico sul quale l'elettorato si è già mostrato più unito dei vertici e ha spinto da tempo in questo senso. Certamente anche nel Pdl c'è stata una competizione tra candidati, l'orgine stessa dei candidati ha pesato e peserà, ma è una situazione totalmente diversa da quella del Pd. Va considerato poi che si tratta di un partito che sta al governo e secondo la maggioranza dei giudizi l'esecutivo sta lavorando bene; quindi la competizione interna semmai è più incentrata a portare il maggior numero di voti possibili al partito che alla lotta senza esclusione di colpi tra candidati come avviene nello schieramento democratico. Tuttavia gli esiti del voto diranno meglio quale amalgama si sia raggiunta all'interno del Pdl.
Dall'esito del voto cambieranno gli equilibri interni del Pdl, tra Fi e An?
Dipende dal risultato che avremo a fronte delle aspettative. Che chi viene da An sia più attrezzato sul territorio e insista sul proprio elettorato di riferimento è un dato oggettivo, ma anche in Fi e negli elettori c'è un appeal fortissimo che si gioca attorno alla figura del leader Berlusconi, senza contare ad esempio che molti senatori di An sono più vicini alle posizioni berlusconiane. Vedremo coi dati veri. Certamente se ci sarà un risultato clamoroso, questo potrà influenzare il processo di costruzione del Pdl ma mi sembra improbabile che una modifica di qualche voto percentuale in più possa avere un significato politico, al di là di qualche accorgimento che si dovrà fare successivamente.
E i rapporti tra Pdl e Lega cambieranno?
E' l'aspetto da analizzare con maggior attenzione. Nonostante il patto di ferro tra Berlusconi e Bossi dovremo vedere in che misura questa competizione che è anche positiva, potrà incidere sugli scenari futuri. Mi sembra che il livello di compattezza tra Berlusconi e Bossi sia molto alto, anche se lo stesso premier ha dovuto prendere atto del trend di voti in una Regione come il Veneto ottenendo in cambio dalla Lega la lealtà, la difesa dagli attacchi della sinistra e il sostegno su riforme quali quelle sulla giustizia che dovremo fare. In altre parole è un'alleanza in cui, diversamente dal passato, mi pare che Bossi si faccia carico della responsabilità di governo. Certo, l'esito di questo voto influenzerà i rapporti tra Pdl e Lega.
Ci sono questioni, secondo lei, sulle quali il Pdl ha ceduto troppo alla Lega?
Una certa debolezza del Pdl c'è stata. Mi riferisco ad esempio alla liberalizzazione dei servizi pubblici - che significa più competitività e tariffe meno care - sulla quale abbiamo accettato lo stop della Lega per certi aspetti molto simile a quello di Rifondazione. E si è accettato senza neanche porre di fronte all'opinione pubblica il fatto che il Pdl stava sacrificando un punto essenziale al quale teneva molto per salvaguardare i rapporti con l'alleato. Ancora: l'abolizione delle province. Anche qui occorreva tenere molto più in alto le bandiere del Pdl e distinguere l'azione del partito dalla mediazione che si fa in sede di governo. Forse, Berlusconi dovrebbe tenere conto di alcuni stratagemmi che usava la vecchia Dc che distingueva il partito dall'azione del governo.
Fonte: Loccidente

1 commento:

  1. Un articolo RIDICOLO
    Non merita neanche una risposta degna

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