giovedì 11 giugno 2009

INTERCETTAZIONI: SI' DELLA CAMERA INSORGE L'OPPOSIZIONE

VOTATA LA FIDUCIA SULLE NORME IN MATERIA DI INTERCETTAZIONI TELEFONICHE
La Camera con 325 voti a favore e 246 contro ha votato la fiducia posta Governo sull'approvazione del suo emendamento 1.1000 interamente sostitutivo dell'articolo 1 e soppressivo dei restanti articoli del disegno di legge recante Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (C1415 A) Si è poi passati alla illustrazione degli ordini del giorno.
La Camera ha inoltre deliberato la propria costituzione in giudizio innanzi alla Corte costituzionale per resistere al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, in relazione alla deliberazione con la quale è stata dichiarata l'insindacabilità delle opinioni espresse dal senatore Maurizio Gasparri, deputato all'epoca dei fatti, nei confronti del dottor John Woodcock, magistrato. (http://www.camera.it/)
La riforma delle intercettazioni unita a quella del processo segnano nei fatti "la morte della giustizia penale in Italia". A insorgere contro le nuove norme é l'Associazione nazionale magistrati, che parla di scelte legislative "che rappresentano un oggettivo favore ai peggiori delinquenti". In particolare, le norme sulle intercettazioni "impediranno alle forze di polizia e alla magistratura inquirente di individuare i responsabili di gravissimi reati". In sostanza è come se"Governo e Parlamento chiedono alle forze dell' ordine e alla magistratura inquirente di tutelare la sicurezza dei cittadini uscendo per strada disarmati e con un braccio legato dietro la schiena". Sarebbe allora "più serio e coerente - sostiene la giunta dell'Anm - assumersi la responsabilità politica di abrogare l'istituto delle intercettazioni piuttosto che trasformarle in uno strumento non più utilizzabile". I magistrati si dicono "sgomenti" che il Parlamento compia queste scelte proprio "in un momento in cui la sicurezza dei cittadini è evocata come priorità del Paese". E spiegano con esempi concreti la "gravità delle conseguenze" delle nuove norme: "gli stupri di Roma, le violenze nella clinica di Milano, le scalate bancarie alla Antonveneta e alla Bnl: in nessuno di questi casi con la nuova legge sarebbe stato possibile accertare i fatti e trovare i colpevoli". "E' semplicemente assurdo pensare che si possano fare intercettazioni solo nei confronti del colpevole già individuato. Ed è del tutto irragionevole prevedere che le intercettazioni debbano sempre essere interrotte dopo 60 giorni, anche nei casi, come un sequestro di persona, un traffico di stupefacenti o di armi, in cui il reato sia in corso di esecuzione" . E non basta: "la equiparazione delle riprese visive alle attività di intercettazione rappresenta un grave danno per la lotta al crimine. Con queste norme non saranno possibili riprese visive per identificare gli autori di rapine in banca, spaccio di stupefacenti nelle piazze, violenza negli stadi, assenteismo nei pubblici uffici". Anziché ricercare un "punto di equilibrio tra esigenze investigative, tutela della riservatezza delle persone e diritto alla informazione", Governo e Parlamento - lamenta l'Anm - "sacrificano del tutto le esigenze investigative e il diritto di informazione". Un quadro ancora più preoccupante se letto insieme alla riforma del processo penale in discussione in Senato; una proposta che "non introduce le riforme necessarie ad assicurare l'efficienza del processo e la sua ragionevole durata, ma addirittura inserisce nuovi, inutili formalismi, che determineranno un ulteriore allungamento dei tempi del processo".

Il mondo dell'editoria si mobilita contro il disegno di legge Alfano sulle intercettazioni, sul quale il governo ha appena incassato la fiducia alla Camera. Federazione nazionale della stampa italiana e Federazione italiana editori giornali firmano insieme un appello al Parlamento e a tutte le forze politiche contro un provvedimento giudicato anticostituzionale, chiedendo le "necessarie correzioni" e, in prospettiva, il sindacato dei giornalisti pensa allo sciopero, a forme di disobbedienza civile, al ricorso alla Consulta e alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Il provvedimento, avvertono Fieg e Fnsi in una nota congiunta inviata agli organi di stampa affinché venga pubblicata domani, introduce "limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca" e "sanzioni sproporzionate a carico di giornalisti ed editori", previsioni che "violerebbero il fondamentale diritto della libertà d'informazione, garantito dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo". Editori e giornalisti concordano sulla necessità di tutelare la privacy delle persone, specie se estranee alle indagini, "ma non possono accettare interventi che nulla hanno a che vedere con tale esigenza e che porterebbero ad un risultato abnorme e sproporzionato: limitare, e in taluni casi impedire del tutto, la cronaca di eventi rilevanti per la pubblica opinione, quali le indagini investigative". Nella stessa direzione vanno "le sanzioni detentive nei confronti dei giornalisti e la responsabilità oggettiva a carico degli editori". Di qui la richiesta di introdurre nel ddl "le correzioni necessarie alla tutela di valori essenziali per la democrazia". Nel pomeriggio Fnsi, Unione nazionale cronisti italiani, Ordine nazionale dei giornalisti e Associazione stampa romana hanno fatto il punto sulle iniziative di protesta contro il ddl in una conferenza stampa nella sede della stampa estera a Roma. "Il maxiemendamento del governo - ha detto Guido Columba, presidente dell'Unci - modifica la legge in modo meno sfavorevole ai diritti dell'informazione, ma siamo ancora molto lontani dagli standard europei". "Se la legge sarà approvata così com'é - ha sottolineato il segretario della Fnsi, Franco Siddi - sarà violato il diritto dei cittadini a un'informazione piena, in particolare sulla cronaca giudiziaria, per la quale saranno introdotti pesanti limiti, se non divieti o censure". Di qui l'iniziativa con la Fieg, ma in prospettiva, ha aggiunto Siddi, il sindacato dei giornalisti è pronto "a portare avanti la sua battaglia utilizzando l'arma dello sciopero, nonché ricorrendo alla Corte Costituzionale e alla Corte europea dei diritti dell'uomo". Sono allo studio anche "forme di disobbedienza civile: dobbiamo trovare i modi affinché le notizie di interesse pubblico arrivino comunque al cittadino". D'accordo il presidente dell'Ordine nazionale, Lorenzo Del Boca, convinto che la nuova legge renda "l'informazione più debole", arrivando a "consentire agli editori di controllare quanto viene pubblicato per evitare eventuali sanzioni". Il presidente della Fnsi, Roberto Natale, ha citato un'intervista all'onorevole Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia della Camera e relatore del provvedimento: "Ha definito la prima versione del ddl un ritorno alla preistoria. Ma con il maxiemendamento siamo passati al Medioevo: non siamo ancora in una situazione di democrazia occidentale. Se la Camera darà un voto che riteniamo pessimo, continueremo la nostra battaglia, scioperando e rivolgendoci alla Consulta e alla Corte di Strasburgo". (ANSA).

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