venerdì 24 aprile 2009

Risposta dell'On. Cristaldi alla Lettera aperta ai candidati alla carica di Sindaco

Caro Gabriele, ho letto attentamente il Suo documento e ne condivido innanzitutto lo spirito. Credo che Lei sappia quanto ruolo intendo dare all'apparato burocratico del Comune che, se bene utilizzato, costituira' il vero motore per la "ripartenza' della macchina comunale. Conosco validi operatori e professionisti che, lavorando all'interno del Comune, sono sotto utilizzati o utilizzati in spazi non realmente produttivi. Ho esperienza della macchina impiegatizia e so quanta ricchezza ne potra' ricavare Mazara. Ho gia' un piano che, se vuole, sono pronto ad illustrare in un'apposita riunione indetta dalla Sua organizzazione sindacale. Comunque vada, per rilanciare Mazara, conto sul patrimonio che abbiamo e su professionalita' anche esterne al fine di una collaborazione sinergica al fine di esaltare le qualita' del nostro apparato e di elevarne le potenzialita'.
Cordialmente.
Nicola Cristaldi

martedì 21 aprile 2009

Lettera aperta ai candidati alla carica di Sindaco nel Comune di Mazara del Vallo

Rag. Giuseppe Gabriele
Componente R.S.U. c/o Comune di Mazara del Vallo
Blog - http://ggabriele.blogspot.com
E - Mail: ggabriel@tiscali.it
Cell. 3283730688


A tutti i candidati Sindaci
A S.E. Mons Domenico Mogavero


Oggetto: Lettera aperta ai candidati alla carica di Sindaco nel Comune di Mazara del Vallo
A tutti i candidati sindaci di questa nostra bella città, per ogni opportuna valutazione a fini del programma che sottoporranno alla città tutta in occasione delle imminenti consultazioni elettorali, mi permetto, in qualità di rappresentante dei lavoratori del Comune di Mazara del Vallo, di trasmettere alcune riflessioni sull’attuale situazione che travaglia il personale comunale, minando profondamente la serenità e conseguentemente la produttività del personale con i conseguenti riverberi negativi sulla qualità dei servizi resi ai cittadini.
La presente viene trasmessa anche all’attuale Sindaco Giorgio Macaddino, affinché, nell’eventualità dovesse ritrovarsi in futuro ad essere Primo Cittadino di Mazara, non ripeta errori che hanno profondamente disgregato e svilito i lavoratori del Comune di Mazara facendo tesoro della precorsa esperienza.
A S.E. Mons. Domenico Mogavero la presente viene trasmessa nella consapevolezza che nell’ambito della sua pregevole attività pastorale possa anch’egli fare la sua parte perché il lavoro diventi per ognuno di noi momento di crescita nella fede che ci accomuna a Cristo.
All’On. Cristalli, per confermare che ovunque esistono “traditori” e la maggior parte dei lavoratori del Comune di Mazara si sono sentiti “traditi” ripetutamente dalle ultime Amministrazioni che sul sacrificio dei lavoratori hanno costruito i loro comunicati stampa pieni di “obiettivi raggiunti” mortificando chi per il raggiungimento di quegli obiettivi aveva speso il proprio entusiasmo ed il proprio “tempo lavoro” lasciandolo senza prospettive di miglioramento e con l’amaro in bocca.


Il Componente R.S.U .
Giuseppe Gabriele

Lettera aperta ai candidati alla carica di Sindaco nel Comune di Mazara del Vallo

“Una macchina è in grado di lavorare come cinquanta uomini comuni, ma nessuna macchina può svolgere il lavoro di un uomo straordinario” (Elbert Hubbard)

Da quasi vent’anni presto la mia attività lavorativa presso il Comune di Mazara del Vallo e sono stato ripetutamente rappresentante dei lavoratori. Tanta acqua è passata sotto i ponti, tante Amministrazioni si sono succedute, ma il motore della macchina amministrativa costituito dai dipendenti comunali si è più volte inceppato perché sono a poco poco venuti meno gli imput motivazionali che costituiscono il carburante primario per garantire l’efficienza della Pubblica Amministrazione.
Sono passati quasi vent’anni, ma non ho mai abbandonato la mia ambizione di impegnarmi nel sociale anche attraverso la mia attività lavorativa di dipendente del Comune di Mazara del Vallo e come sindacalista, perché ritengo quantomai indispensabile e necessaria, per una crescita sociale connotata da elementi etici, la rivendicazione di garantire a tutti situazioni lavorative sicure e di benessere, che gratifichino il lavoratore facendolo sentire parte essenziale di un processo economico produttivo che mira alla crescita della nazione ed al bene comune.
Il lavoro è una parte fondamentale della vita dell’uomo ed il posto di lavoro è una di quelle formazioni sociali, tutelate dalla Costituzione, entro cui si esplica la personalità dell’individuo. Orbene, oggi i lavoratori del Comune di Mazara non possono sentirsi inseriti in una organizzazione lavorativa che possa definirsi una formazione sociale di questo tipo, che mira al benessere organizzativo come fattore primario di produttività
Infatti, il termine “Produttività” indica l’essere produttivo, la capacità o attitudine a produrre con connotazioni spiccatamente economiche. Osservando le dinamiche produttive all’interno del Comune di Mazara, ci si accorge che esiste un sistema economico avvelenato da metodologie che non solo non mirano alla massima produttività, ma che ignorano troppo spesso che dietro all’erogazione di servizi ci sono comunque “valori”: non solo la “diligenza”, ma anche tutta una serie di valori che sono quelli che possono trasformare il “capo” in “leader” ed in genere il lavoratore in soggetto attivo e partecipe di un progetto comune di benessere collettivo, con conseguenti innegabili positivi effetti di incremento di produttività. Una produttività con connotazioni etiche, una produttività “sostenibile” e rispettosa dell’Uomo.
Il Ministero della Funzione Pubblica ha emanato la direttiva 24 marzo 2004 avente ad oggetto “Misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo nella pubbliche amministrazioni “.
La direttiva si pone come un primo passo verso un radicale cambiamento culturale all’interno delle P.A., ponendo il clima organizzativo come fattore-cardine di incremento dell’efficienza delle stesse.
I valori di riferimento divengono quelli dell’attrattiva dei talenti migliori, dell’accrescimento del senso di appartenenza,del miglioramento dei rapporti tra dirigenti e personale, del potenziamento delle motivazioni dei dipendenti, dell’ascolto degli stessi sulle questioni che incidono sulla qualità della vita e delle relazioni sui luoghi di lavoro.
Il benessere organizzativo deve essere riconosciuto come fonte di valore aggiunto, come condizione che favorisce una tensione verso l’affinamento della prestazione lavorativa, all’interno di un ambiente di lavoro caratterizzato da lealtà e correttezza di rapporti; il benessere, dunque, come fattore della produzione.
Un buon clima organizzativo può risultare decisivo in primis per un generale incremento di produttività delle amministrazioni, ed in secondo luogo per una efficace collocazione sul mercato di quei servizi che vengono resi in regime di concorrenza con soggetti privati.
Meglio dunque una produttività sostenibile e rispettosa di valori etico-sociali, che da un lato consenta dei migliori risultati aziendali e dall’altro si concretizzi attraverso un sapiente dosaggio tra misure quantitative (produrre di più) e qualitative (produrre meglio).
Ma secondo l’Amministrazione comunale di Mazara non è economicamente redditizio investire sul capitale umano, sulla formazione, sugli incentivi, sul benessere dei propri lavoratori, in quanto tutto si riduce ad un puro rapporto economico tra il lavoratore da un lato – che fornisce il proprio lavoro (e non sempre secondo le sue effettive capacità e professionalità) – e l’Amministrazione dall’altro – che retribuisce tale servizio (e non sempre o per meglio dire quasi mai secondo criteri di equità e di parità di trattamento). L’uomo è dunque considerato solo come homo economicus.
Il fine indiscutibile delle P.A. dovrebbe essere quello di rendere il servizio pubblico competitivo e concorrenziale, ciò che deve cambiare sono le modalità impiegate per conseguire tale fine e le priorità assegnate ai diversi componenti del processo produttivo, tra cui figura appunto l’uomo. Il lavoratore non può e non deve essere considerato solo homo economicus. La responsabilizzazione, il rispetto, il riconoscimento e l’apprezzamento per il lavoro svolto, la meritocrazia devono avere la parte da leone affinché il lavoratore, non solo homo economicus, si possa sentire compartecipe del risultato dell’attività amministrativa e riconosca, anche se solo in piccolissima parte, di esserne artefice. Egli deve dunque avere una percezione positiva del proprio rapporto di lavoro perché sa che tale rapporto non si riduce a un mero scambio lavoro/retribuzione. Egli troverà così quell’elemento propulsivo che si chiama “motivazione”.
Occorre ancora specializzare ognuno nella propria “eccellenza” non dimenticando che nel luogo di lavoro ognuno proietta la propria identità che esige comprensione e rispetto, verificando costantemente, con attenzione e responsabilità, la “sostenibilità” degli “obiettivi di produttività” onde evitare il collasso della struttura.
Ma stiamo qui parlando di “strategie gestionali” rivolte al capitale umano “dell’azienda Comune” e mentre tutta la normativa italiana è rivolta a rimarcare l’importanza del cosiddetto “benessere organizzativo” volto a far sì che il lavoratore “si senta bene” all’interno dell’organizzazione e “sentendosi bene”, si senta gratificato, valorizzato, compreso nel suo impegno lavorativo e per ciò stesso si identifica con l’organizzazione ed è spinto a produrre di più e meglio, il Comune di Mazara , o per meglio dire l’Amministarzione capeggiata dal Sindaco Macaddino, ha soppresso il Settore “Organizzazione e gestione delle risorse umane” riducendolo a semplice Ufficio del Personale ed ancor peggio ha tranciato il legame tra la parte giuridica ed economica di gestione del personale, frammentando il Servizio personale in due uffici (l’Ufficio Trattamento Giuridico” e l’ufficio “Trattamento economico”) incardinati in due diversi Settori con diverso vertice gestionale. Ha così ulteriormente frammentato le strategie gestionali inerenti il personale comunale e le strategie volte al “benessere organizzativo” sono l’ultimo dei pensieri.
Gli ambienti di lavoro, come quello esistente al Comune di Mazara, che si caratterizzassero per la sussistenza di relazioni interpersonali "difficili" a causa dell'ambiguità di ruoli e mansioni o di un'organizzazione del lavoro non curata, per la mancata valorizzazione di competenze e abilità, il sovraccarico o sottocarico lavorativo, per una cultura improntata sull'esasperazione gerarchica e sulla competitività interpersonale, sulla riduzione dei costi e l'aumento della produttività e dei profitti senza badare alla qualità del prodotto, del servizio e del lavoro e senza tenere conto della limitatezza delle risorse, sono sicuramente ambienti a forte rischio.
Ferma restando l’esigenza indiscussa di aumentare la produttività delle Pubbliche Amministrazioni, a ciò chiamate nella loro mission di soddisfazione dei bisogni del cittadino utente in termini di elevazione qualitativa e non solo quantitativa dei servizi erogati alla collettività amministrata, ciò su cui porre l’attenzione per perseguire un obiettivo anche eticamente corretto di maggiore produttività, è il dispositivo etico, antropologico e comunicativo che dovrebbe caratterizzare i legami e le funzioni all'interno di un gruppo omogeneo ed organicamente strutturato.
Si é invece manifestata la caduta di valore del soggetto agente all'interno del mondo del lavoro:dall’'homo faber all’ homo economicus.
Questa desertificazione di soggettività e di regole antropologiche rimanda al problema del benessere organizzativo come questione di civiltà, come spartiacque tra un esercizio etico dei poteri organizzativi ed una gestione delle risorse umane attraverso modalità non lecite e lesive della sfera morale dei lavoratori.
In questi giorni in cui tutti parlano di “bene comune”, si dovrebbe riflettere sulla circostanza che il percorso che conduce al raggiungimento di questo fine ha due tappe fondamentali: il mondo familiare ed il mondo del lavoro. Benessere nella famiglia e benessere sul lavoro sono un binomio inscindibile e necessario perché è proprio tra la famiglia ed il posto di lavoro che ognuno di noi trascorre la maggior parte della propria esistenza. Ecco perché noi tutti dovremmo impegnarci, ognuno per la nostra parte, perché si riesca a vivere con serenità, responsabilità e sicurezza la propria situazione lavorativa, altrimenti il “bene comune” rimarrà solo un’utopia di cui ogni tanto ci riempiamo la bocca.

Jovanotti “Buon sangue non mente”

Buon Sangue
Un mio parente era il cuoco sulla nave di Ulisse
al grande eroe e ai suoi uomini faceva pranzi e cene
anche a lui fu dato l'ordine che non ascoltasse
passando da quell'isola il canto delle sirene.
Ma lui si addormentò e non si mise la cera
e quando si svegliò credette di avere sognato,
ma invece l'esperienza era stata vera:
quel canto misterioso lui l'aveva ascoltato
e misteriosamente anche dimenticato.
Restò dentro di lui quel richiamo del vuoto
che hanno tutti gli uomini che hanno vissuto
un tuffo inconsapevole nell'assoluto.
Da lui ho imparato a vivere la realtà come un sogno
e i sogni come fossero una cosa reale,
a vivere ogni viaggio come fosse un ritorno
e che anche i grandi eroi han bisogno di mangiare.
CHORUS
oh, buon sangue non mente, la la la la la
io son di tutta la gente diretto discendente.
Tra i miei antenati più illustri c'è un tale Caino,
fondò la prima città e fu il primo assassino.
Una domanda isanguinava il suo cuore e cervello.
perchè quella mattina Dio preferì mio fratello?
Ma nei giorni più cupi, nei momenti più bui,
lui sentiva che invece il più amato era lui
e come segno di amore gli era stato concesso
il dolore e la colpa per il male commesso.
CHORUS x2
Un parente tra i più antichi era un manovale
nel cantiere della grande Torre di Babele.
Il progetto nell'insieme non lo conosceva,
ma mattone su mattone la Torre cresceva.
ad un certo punto con i soldi del salario
pensò bene di comprarsi un vocabolario:
inglese, spagnolo, turco, arabo, giapponese,
xxxxx, italiano, greco, indo, russo, portoghese.
Quel dizionario in qualche modo è nelle mie mani,
ma è sempre complicato capire gli umani.
Una mia ava era una donna alta un metro e dieci,
frequentava romani, galli, egizi e greci.
il suo corpo era piccino, ma pieno di calore,
sottomise tutti quanti, anche un imperatore.
Dalla mia ava ho imparato che non c'è potere,
che resista all'arte buona di dare piacere.
CHORUS x2
Nel mio albero genealogico quasi alla radice
c'è una donna di Bretagna che faceva l'attrice,
ma siccome solo i maschi lo potevano fare,
recitava di essere un uomo per recitare cardinale,
puttana, mendicante, musa,
la platea di fronte a lei non era mai delusa.
Da quella donna ho imparato che l'identità
ha una maschera e la maschera dà libertà.
Puoi cambiare faccia, parte, umore e sesso,
nel frattempo camminare di fianco a te stesso.
Ricapitolando a caso tra i miei antenati,
c'era uno che è vissuto al tempo dei crociati.
Fabbricava poi vendeva cinture di castità
era il garante tecnico della fedeltà.
E quando i cavalieri andavano a imbarcarsi in nave,
non sapevano che lui aveva la doppia chiave.
Mi ha insegnato che i costumi cambiano spesso
e che tra guerra e religione c'ha ragione il sesso.
Un mio antenato visse al tempo di Savonarola,
ascoltava i suoi anatemi parola per parola.
Ammirava nei suoi occhi quella luce interiore
che hanno gli uomini di fede, di forza, rigore.
Poi però quando tornava a casa dopo i sermoni,
passava piazza della Signoria, via Tornabuoni,
le botteghe degli artisti, bordelli, mercati:
si sentiva a suo agio tra i condannati.
CHORUS x2
Lo zio di un mio trisnonno suonava il violino,
il suo sogno era di essere un grande virtuoso.
Poi si innamorò di una che gli cambiò il destino,
lasciò perdere il violino divenne triste e geloso.
Dopo un sacco di anni che stavano insieme,
quando aveva rinunciato al suo sogno di artista,
lei se ne andò via con i profumi e le creme
e si mise con uno che faceva il violinista.
Mi insegnò che rinunciare all'ambizione è sbagliato,
che poi la dea si vendica se c'hai rinunciato.
C'era un matto che faceva sculture di vento,
si fermavano a guardarlo quando in movimento
modellava ogni dettaglio della sua opera d'arte
dopo un po' la fissava seduto in disparte.
quasi sempre scontento del suo risultato
con un soffio distruggeva quel che aveva creato.
E la sera la gente a casa ritornava,
con scolpito negli occhi il matto che danzava.
Mentre lui andava a letto sempre insoddisfatto,
proprio come un uomo, proprio come un matto.
CHORUS x2
Tra i parenti più lontani c'è un bestemmiatore
ce l'aveva con Dio che gli era debitore
di favole raccontate prima di mettersi a letto
di cui tutti i bambini del mondo hanno diritto.
Lui era nato senza motivo apparente,
tranne quello di diventar delinquente.
Fu per questo che a Dio volle fargli dispetto
e divenne un cittadino corretto.
Un mio nonno combatteva le battaglie di Troia,
un altro faceva l'aiutante del boia.
Ce n'era uno contadino, un'altra ballerina,
uno morì di vecchiaia, uno di ghiottina.
Da tutti questi ho imparato la più grande lezione.
niente accade due volte e per questa ragione
si nasce senza esperienza, si muore senza assuefazione.
Jovanotti
Al secolo Lorenzo Cherubini

“Si nasce senza esperienza, si muore senza assuefazione”,
finisce così la notissima canzone di Jovanotti dal titolo “Buon sangue non mente”
Ricordo che mio nonno quand’ero piccolo mi ripeteva sempre questa frase orrenda (ma che ora mi manca tanto) “Nun si nasci insignati” per meglio dire in italiano: “non si nasce sapendo già tutto”. L’esperienza nella vita è senza dubbio fondamentale, in ogni disciplina l’esperienza fà la differenza. Creare un “database”, un archivio di esperienze simili a cui si è già dovuto reagire è decisamente importante. E così, ogni giorno, chiunque impara qualcosa. Tutto deve essere appreso. Si nasce sapendo solo soddisfare i bisogni primari, ma crescendo diventiamo noi stessi, acquistamo la “nostra identità”. Con il tempo ho imparato a camminare, parlare, ascoltare, gridare, piangere, ridere, far finta di ridere, sorridere, abbozzare, temporeggiare, scusarmi, usare attrezzi e strumenti di ogni genere, lavorare, protestare, richiedere, scrutare, guardare oltre quello che si vede, amare, fingere, pensare, programmare qualcosa ed attivarla al momento giusto, a stare zitto, a far ridere, a raccontare barzellette, a distinguere il bene dal male, a credere, ad andare forte in moto, a non scivolare sulla strada bagnata, a pregare, a giocare a tutti i giochi… ho imparato a riflettere e ad analizzare, ho imparato a dare una possibilità e subito dopo a non darne più, a rompere i coglioni a chi mi vuole male… insomma ho imparato anche a difendermi. Ogni giorno il mondo mi insegna qualcosa, ogni mattina sò fare qualcosa in più.
Ma chi “sa fare” in genere non è ben visto perché fà risaltare le deficienze degli altri ed allora meglio “isolarlo”, renderlo innocuo creandogli il vuoto intorno, ma la verità non si arrende e con il tempo, con fatica, con orgoglio, con rabbia, con determinazione, ho continuato a tracciare il mio cammino, in un mondo di ladri che ti rubano il lavoro, ma soprattutto l’orgoglio, la dignità e forse anche… l’identità.
A tutti coloro che hanno intralciato il mio cammino, che hanno costruito barriere fra me e gli altri, hanno calunniato, deriso, rinfacciato….io offro il perdono, ma come dice Jovanotti “rinunciare all'ambizione è sbagliato, che poi la dea si vendica se c'hai rinunciato”.
Per questo non ho mai abbandonato la mia ambizione di impegnarmi nel sociale anche attraverso la mia attività lavorativa di dipendente del Comune di Mazara del Vallo e come sindacalista, perché ritengo quant'omai indispensabile e necessaria, per una crescita sociale connotata da elementi etici, la rivendicazione di garantire a tutti situazioni lavorative sicure e di benessere, che gratifichino il lavoratore facendolo sentire parte essenziale di un processo economico produttivo che mira alla crescita della nazione ed al bene comune.
Il lavoro è una parte fondamentale della vita dell’uomo ed il posto di lavoro è una di quelle formazioni sociali, tutelate dalla Costituzione, entro cui si esplica la personalità dell’individuo. Orbene, oggi i lavoratori del Comune di Mazara non possono sentirsi inseriti in una organizzazione lavorativa che possa definirsi una formazione sociale di questo tipo, che mira al benessere organizzativo come fattore primario di produttività.
Infatti, il termine “Produttività” indica l’essere produttivo, la capacità o attitudine a produrre con connotazioni spiccatamente economiche. Osservando le dinamiche produttive all’interno del Comune di Mazara, ci si accorge che esiste un sistema economico avvelenato da metodologie che non solo non mirano alla massima produttività, ma che ignorano troppo spesso che dietro all’erogazione di servizi ci sono comunque “valori”: non solo la “diligenza”, ma anche tutta una serie di valori che sono quelli che possono trasformare il “capo” in “leader” ed in genere il lavoratore in soggetto attivo e partecipe di un progetto comune di benessere collettivo, con conseguenti innegabili positivi effetti di incremento di produttività. Una produttività con connotazioni etiche, una produttività “sostenibile” e rispettosa dell’Uomo.
In questi giorni in cui tutti parlano di “bene comune”, si dovrebbe riflettere sulla circostanza che il percorso che conduce al raggiungimento di questo fine ha due tappe fondamentali: il mondo familiare ed il mondo del lavoro. Benessere nella famiglia e benessere sul lavoro sono un binomio inscindibile e necessario perché è proprio tra la famiglia ed il posto di lavoro che ognuno di noi trascorre la maggior parte della propria esistenza. Ecco perché noi tutti dovremmo impegnarci, ognuno per la nostra parte, perché si riesca a vivere con serenità, responsabilità e sicurezza la propria situazione lavorativa, altrimenti il “bene comune” rimarrà solo un’utopia di cui ogni tanto ci riempiamo la bocca.
Peppe Gabriele


















Notiziario CSA n. 15 del 17 aprile 2009

In data odierna il CSA ha trasmesso al Ministro Brunetta una lettera aperta con la quale intende aprire una nuova stagione contrattuale.
Chiamerà i lavoratori della categoria a sostenere la battaglia sindacale che lo vedrà protagonista nell'immediato futuro con una serie di iniziative che dovranno garantire ai lavoratori quella serenità e dignità che si stanno vedendo togliere tutti i giorni.
Per quanto tutti sono invitati a divulgarla con celerità e capillarità a tutto il comparto affinché tutti siano messi a conoscenza anticipatamente dell'azione che il CSA sta intraprendendo mettendo a nudo l'incapacità sindacale di qualcuno che si era arrogato la paternità di chiudere, in tempi rapidi, il contratto nazionale.
Pertanto questa O.S. non potendo più assistere a questa politica scellerata, che va ad incidere pesantemente sul futuro della nostra categoria, invita tutti i dirigenti dello stesso a fare proselitismo tra i lavoratori per incitarli a sostenere con forza le nostre ragioni.
Cordiali Saluti
Uff. Comunicazioni CSA










giovedì 16 aprile 2009

Lettera Aperta Al Ministro Brunetta

Gabriele Giuseppe e Iemmola Leonardo - Componenti R.S.U. c/o Comune di Mazara del Vallo
Cell. 328/3730688 – 328/7188819 - E – Mail: ggabriel@tiscali.it

Al Ministro Brunetta - r.brunetta@governo.it
Alla Procura Generale della - Corte dei Conti
Via E. NOTARBARTOLO, 8 90141 - PALERMO

Alla Regione Sicilia autonomie locali Area II
Controllo Atti Enti Locali - Servizio Ispettivo
Via TRINACRIA 34 - 90144 - PALERMO

E p.c. Al Sindaco
Al Presidente del Consiglio Comunale
Al Direttore Generale e/o Segretario Generale
Al Collegio dei Revisori dei Conti
C/O Comune di Mazara del Vallo

Al peggio non c’è fine…
Al Comune di Mazara non c’è mai stata una politica delle risorse umane chiara e strategica che garantisse l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa e contemporaneamente gratificasse i “migliori”, coloro che quotidianamente con la loro efficienza, responsabilità, capacità e professionalità mandano avanti “il carro” cercando di sanare le “voragini del nulla” lasciate da tanti nullafacenti da sempre però privilegiati dalle amministrazioni che si sono via via succedute negli anni. Nel tempo ci sono state lamentele, diffide, contenziosi (quelli degli”amici” conclusisi farsescamente con transazioni vergognose per l’Ente), finanche ispezioni della Corte dei Conti, dell’Assessorato alle Autonomie Locali, tutte risoltesi in una bolla di sapone con blandi richiami a “correggere il tiro” ed operare con maggiore trasparenza e legalità, ma sostanzialmente ridottisi ad un “nulla di fatto”.
Ma come si suol dire “al peggio non c’è fine”!!! Si è ormai giunti all’anarchia totale….non c’è più certezza di nulla, le leggi sono un optional e sicuramente hanno poco valore persino per il Direttore Generale che si ostina ad affermare che “Il Sindaco comanda e decide”, come se gli alti burocrati, lautamente pagati, fossero solo insignificanti pedine nelle mani di improvvisati quanto incauti politici che restano impunentemente sordi al richiamo del Ministro Brunetta che lancia anatemi contro i fannulloni e propugna un risanamento della Pubblica Amministrazione che si diparta per l’appunto dall’ottimizzazione delle risorse umane che ruota sul principio cardine della premialità verso chi effettivamente opera responsabilmente all’interno della Pubblica Amministrazione.
A Mazara, invece, vige il caos più totale: il Comune sperpera denaro pubblico per prendere in locazione immobili per adibirli ad uffici e nello stesso tempo cede locali comunali ad Enti o Associazioni (Agenzia delle Entrate, Camera di Commercio, ATO , associazioni varie), utilizza in “comando” personale di altre amministrazioni e nel contempo cede in comando proprio personale ad altri Enti, cambia la struttura organizzativa dell’Ente con periodicità inferiore all’anno, divertendosi a spostare persone e servizi da un settore all’altro con una tale velocità che persino gli uffici del Protocollo Generale sbagliano ad assegnare la corrispondenza, sono stati tanti e tali i cambiamenti negli ultimi 5 anni che trovare un fascicolo o ricostruire una pratica diventa una vera e propria caccia al tesoro…….. ed in tutto questo caos il personale è allo sbando, ci sono persino dipendenti che non sanno più chi è il loro Dirigente o vengono spostati da una struttura all’altra secondo i capricci del momento di qualche Dirigente o del Direttore Generale o di qualche assessore con una tempesta di provvedimenti di mobilità interna che non ha mai avuto analoghi precedenti. Si lavora alla giornata , senza indirizzi chiari, senza direttive univoche, senza scelte che durino più di qualche giorno…… Ci saranno pure i fannulloni, ma ci sono pure Dirigenti o pseudo tali che vivono di estemporanea improvvisazioni e sono tutto fuorché manager. Può così capitare che un Dirigente si pregi di informare il proprio personale del carattere assolutamente prescrittivo di una Direttiva emanata dal direttore Generale, salvo portarla in visione dopo quattro anni dall’emissione della direttiva medesima.
Il personale rimane così annichilito, in balia delle onde, frustrato e perde sempre più il proprio senso di appartenenza all’Ente, quello spirito di servizio, quella operatività e laboriosità che invece il governo centrale richiama quale primario strumento per riportare efficienza nelle Pubbliche Amministrazioni.
Per cercare di rendere un’idea della situazione gravissima che sta vivendo il Comune di Mazara basti considerare che
1. Il Comune di Mazara ha oggi una struttura organizzativa articolata in 5 Settori oltre al Comando di P.M.
2. Alla data del 31/12/2007 il Comune aveva solo n. 2 Dirigenti assunti con concorso a tempo indeterminato.
3. Pur non avendo rispettato il patto di stabilità nell’anno 2007, il Comune di Mazara nell’anno 2008 ha proceduto:
· Ad assumere tramite mobilità un Dirigente.
· A conferire n. 3 incarichi dirigenziali ad altrettanti funzionari comunali di categoria D, senza alcun criterio selettivo all’interno dell’Ente, ed anche ad unità che non avevano alcuna pregressa esperienza e/o professionalità nel settore di attività relativo all’incarico dirigenziale conferito (è il caso di un funzionario amministrativo, che nell’anno 2007 ha ottenuto un improvviso quanto inspiegabile mutamento del profilo professionale transitando nell’area di vigilanza e, prima ancora che potesse avere cognizione della realtà del Comando di Polizia Municipale, si è visto conferire (e poi rinnovare dall’Assessore forse anziano e non dal Sindaco) l’incarico di Dirigente d P.M., incarico a tutt’oggi ricoperto. Peraltro è lo stesso soggetto che trasmette ai propri collaboratori le direttive del Direttore Generale con il “comprensibile” ritardo di soli 4 anni)
· Ad autorizzare il “comando” presso altro Ente, per un anno, della Dirigente del 1° Settore “Affari Istituzionali.
· Che appare assolutamente contraddittorio e contrario ad ogni principio di efficienza, efficacia ed economicità, affidare incarichi dirigenziali a personale di categoria D (ai quali peraltro viene corrisposto un compenso superiore a quello degli unici Dirigenti di ruolo poiché l’Amministrazione ha ritenuto di affidargli Settori a suo dire più complessi di quelli affidati ai veri unici Dirigenti di questo Ente) ed assumere per mobilità un Dirigente, salvo poi privarsi di uno dei due soli Dirigenti di ruolo ed a tempo indeterminato autorizzandone il comando per un anno (ciò venendo meno all’obbligo imposto dall’art 3 comma 79 della Finanziaria 2008)
4. Che a seguito di queste “strane operazioni”, a far data dal novembre 2008 il 1° Settore (che evidentemente è considerato dall’Amministrazione una delle massime strutture dell’Ente tant’è che alla relativa posizione dirigenziale è stata attribuita la massima indennità di posizione) è rimasto privo d Dirigenza poiché l’Amministrazione Comunale non ha ritenuto di conferire ad alcuno il relativo incarico con tutte le evidenti conseguenze legate alla circostanza che detta struttura complessa è rimasta ed è ancora oggi priva di vertice gestionale
5. Che con determinazione n. 407 del dicembre 2008 il Direttore Generale ha sostanzialmente, ed a parere degli scriventi illegittimamente, attribuito le funzioni dirigenziali ai titolari di P.O. del 1° Settore (di cui uno in “comando” e per così dire “abusivo”) senza che a questi il Sindaco avesse conferito alcun incarico dirigenziale. Ciò benché, per quanto a conoscenza degli scriventi, il Segretario/Direttore Generale percepisse un’indennità aggiuntiva che gli avrebbe imposto l’assunzione del vertice gestionale del 1° Settore in assenza del Dirigente.

Tutto questo incomprensibile caos è sicura fonte di danno erariale e compromette certamente l’immagine, l’efficienza e la funzionalità dell’azione amministrativa a tutto danno della collettività amministrata e dei dipendenti comunali che vivono una situazione lavorativa invivibile.
Ai cittadini mazaresi ed al Ministro Brunetta, noi lavoratori dipendenti del Comune di Mazara che abbiamo voglia di vivere con orgoglio e dignità la nostra situazione lavorativa e chiediamo solo certezze e premialità per chi lo merita, vogliamo dire che “NOI CI SIAMO e siamo al servizio della gente”, siamo stanchi di sentirci frustrati quotidianamente, di essere trattati al pari o peggio di quei fannulloni che fanno additare i dipendenti pubblici come parassiti e nullafacenti.

NOI CI SIAMO E VOGLIAMO DIGNITOSAMENTE LAVORARE. NON VOGLIAMO PIU’ DOVER DIRE “AL PEGGIO NON C’E’ FINE”

Per tutto quanto sopra esposto si chiede agli organi in indirizzo di intervenire tempestivamente per accertare anomalie nell’azione amministrativa del Comune di Mazara ed ogni utile intervento ritengano opportuno e/o necessario per ricondurre a logica e legittimità l’attività amministrativa del Comune impedendo il protrarsi di situazioni di danno per la collettività e per il personale comunale che, ormai da tempo, non può più lavorare con la serenità necessaria per rendere un buon servizio alla comunità.
Il Componente R.S.U. Il Componente R.S.U.
Rag. Giuseppe Gabriele Iemmola Leonardo

mercoledì 1 aprile 2009

Il Decreto Brunetta

L’ultimo Decreto Legge firmato Brunetta, rischia di togliere il sonno a milioni di lavoratori Italiani. E rischia di gettare alle ortiche, anni ed anni passati ad operare allo scopo di recriminare sacrosanti diritti che cautelassero e dessero voce a tutti i lavoratori italiani.
Considerando che – ancora oggi – il primo articolo della costituzione Italiana, trova fondamento nella formula per cui l’Italia “E’ una Nazione democratica, fondata sul lavoro”, viene da chiedersi se, con le nuove regole relative al diritto di sciopero, non si stia in realtà aggirando l’ostacolo della tormentata vicenda di una rivisitazione della nostra Costituzione…
Un po’ di storia, non può che portare tutti a ripensare e riflettere su un qualcosa che coinvolge in realtà tutti: lavoratori, pensionati (quindi ex lavoratori) futuri lavoratori: in pratica, la nazione intera.
In Italia, prima della seconda metà dell’800, i lavoratori di qualsivoglia settore, non trovavano alcuna forma di tutela per i propri diritti, ne potevano contare su normative che regolamentassero ad esempio, l’orario di lavoro o le aspettative per malattia.
Un lavoratore, era così una sorta di “proprietà” per quello che infatti all’epoca veniva chiamato, senza alcun senso di onerosa sottomissione “il Padrone”.
E’ con la costituzione delle prime Società Operaie di Mutuo soccorso, che inizia un pallido esempio di associazionismo fra lavoratori, allo scopo di poter in qualche modo sopperire alla mancanza, già all’epoca, dello Stato Sociale.
Si ricorda, che per Stato Sociale, si è sempre inteso l’intervento dello Stato con lo scopo di eliminare qualsivoglia disuguaglianza sociale, supportando a questo scopo maggiormente, i ceti definiti “deboli”.
E si rifletta sul fatto, che già oltre cento cinquant’anni fa, questa peculiarità risentiva già di enormi mancanze di compimento…
La costituzione delle prime Società Operaie di Mutuo Soccorso, organizzate in proprio dagli stessi lavoratori, trovò accoglienza in forma statale attraverso la Legge N° 3118 del 15 Aprile 1886.Un progresso enorme, se si pensa alla difficile condizione lavorativa e sociale di quel periodo storico. Gli operai all’epoca, erano costretti a lavorare quotidianamente anche per oltre dodici ore. Non esisteva un limite minimo di età per iniziare a lavorare (molti i bambini impiegati in lavori pesanti e poco attinenti alla loro fase di crescita). E non si presupponeva alcun diritto di dialogo o di protesta nei confronti del datore di lavoro. Si lavorava – duramente – e basta. Nessuna possibilità di poter recriminare un diritto, sia che esso fosse legato all’orario di lavoro, sia che concernesse il salario o il diritto alla malattia.
Le ferie non erano ancora entrate a far parte di alcun dizionario. E le giornate di riposo si contavano in un anno sulle dita delle mani.
Attraverso le Società Operaie di Mutuo Soccorso, il lavoratore poteva anche richiedere supporto ai ceti medio/alti, oltre a poter contare su una rete di altri lavoratori, pronti a dare solidarietà ai propri adepti.
E’ con la nascita del Fascismo, che le Società di Mutuo Soccorso furono disgregate ed in alcuni casi, assorbite da organizzazioni di Partito. Ciò che per circa cinquant’anni cautelò in qualche modo gli operai, ora veniva distrutto o nel migliore dei casi, integrato in un'altra forma di associazionismo. Solo alla fine degli anni ’50, ripresero a fiorire nuove Società di Mutuo Soccorso. L’Italia con la ripresa dell’Economia stracciata da una Guerra troppo lunga ed onerosa, aveva all’epoca una delineazione diversa rispetto a quella che nell’800 aveva generato la necessità di creare associazionismo fra i lavoratori.
Da Società contadina ed operaia, la nazione si evolveva anche verso la Libera Professione, tracciando nuove difficoltà e diversi parametri di evoluzione lavorativa e sociale.
Il grande passo che contraddistingue il cambiamento, è tracciato nella storia con l’organizzazione del primo Sciopero generale in Italia (1904) generato dopo la morte di quattro minatori in Sardegna che, durante una sommossa operata per ottenere una maggiorazione dei salari e migliori condizioni di lavoro, condusse tutti i lavoratori letteralmente a paralizzare qualsiasi forma di lavoro e produzione per ben quattro giorni.
Da allora, attraverso questa forma di protesta i lavoratori poterono e possono esercitare il loro diritto di replica nei confronti dello Stato, del datore di lavoro e delle Istituzioni, sia per quanto riguarda contraddittori in termini salariali sia per quanto riguarda eventi la cui gravità può portare la collettività dei lavoratori ad unirsi in protesta..
Un elemento di democrazia fondamentale. Una grande luce che conserva al suo interno, epoche di diritti negati. Di privazioni. Di assoluta assoggettazione al datore di lavoro. Nei primi tempi, lo sciopero era considerato un’inadempienza contrattuale, passibile quindi di licenziamento immediato.
Ma il corporativismo che via via venne a crearsi, riuscì pian piano a dettare le prime regole affinché, i diritti di tutti i lavoratori dipendenti, potessero essere sostenuti attraverso la strada dell’astensione volontaria dal lavoro. Unico metodo di dialogo diretto. Fermo ed efficace.
Sempre all’inizio del secolo scorso, la fondazione del Sindacato CGL, per mano dell’allora Partito Socialista, generò un ulteriore suddivisione con la creazione nel 1912 dell’Unione Sindacale Italiana, da parte di quei lavoratori che ravvisarono nella CGL una politicizzazione troppo radicata e non rappresentativa delle fondamenta sindacali in atto.
In effetti, la CGL accorpava in se, il pensiero contemporaneamente dei Partiti Comunista, Socialista e Democristiano. Una commistione di interessi che apparve non in linea con le regole e necessità dei lavoratori.
Fu dopo il 1948, con gli scioperi politici generati contro il Patto Atlantico ed il Piano Marshall, che i Democratici Cristiani si distaccarono dalla CGL fondando la Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori (CISL). E poco tempo dopo, Liberali e socialdemocratici, diedero vita alla Unione Italiana del Lavoro (UIL).
Il grande fermento di quegli anni, porta passo passo ai nostri giorni.
Porta ad una politicizzazione assoluta dei sindacati, che perdono così nel tempo, il loro iniziale intento di associazionismo privato e fondamentalmente atto al miglioramento delle condizioni sociali e lavorative.
Di scioperi e proteste, ne sono passate migliaia sotto gli occhi di tutti. Vissuti come atto di ribellione nei confronti di una società ed una politica poco tesa alla reale amministrazione e regolamentazione del bene comune.
Si è arrivati ai nostri giorni, passando per sommosse epocali. Per scioperi inutili. Per richieste accolte o a volte prorogate.
Si è arrivati anche, al troppo utilizzo di una forma di protesta, che spesso ha avuto il solo esito di ridurre la nazione a momenti di reale criticità, in special modo in tutti i contesti in cui lo sciopero, determina l’irregolarità di servizi pubblici che cadono sulla quotidianità di tutti i cittadini.
Si è giunto però, al nostro quotidiano, ove si sta tracciando un nuovo epocale momento nella storia della Democrazia. Ove si rischia di retrocedere di cent’anni se non si riuscirà a trovare una giusta via di mezzo fra la Politica, l’organizzazione Sindacale ed il Governo.
Con il suo DL relativo alle nuove regole sugli scioperi, il Ministro Brunetta scompone non di poco diritti assunti, seppur presunti, nel mare dell’associazionismo sindacale.
Con il suo imporre che solo “Le organizzazioni sindacali di rilievo” possano eventualmente agire per protesta, attraverso il diritto di sciopero, si sta dicendo apertamente che, un gruppo di lavoratori afferenti ai sindacati minori, non potranno più esercitare questo diritto.
Regolarizzando ed accettando la forma “virtuale” di sciopero, attraverso il quale il lavoratore è chiamato a presentarsi al lavoro, pur non percependo la giornata lavorativa, si da un colpo di mannaia alla storia stessa dei lavoratori e di tutti i cittadini.
Le dichiarazioni che in questi giorni vengono fornite dallo stesso Ministro Brunetta e da dal Presidente dell’Assemblea di Montecitorio Gianfranco Fini, non appaiono in accordo con una continuità nel rispetto dei diritti di tutti.
Si citano i diritti ai pubblici servizi di tutti i cittadini. Ma cittadini sono gli stessi lavoratori cui si toglie d’altro canto un sacrosanto diritto. Sul filo sottile dell’interpretazione più o meno libera di un concetto, potremmo domani trovarci nell’impossibilità di avere a nostro conforto, quest’ultimo pallido barlume di democratica possibilità di dialogo e protesta.
Fino a che punto siamo cittadini? Fino a quale, siamo e saremo lavoratori? Fino a dove perderemo un diritto e d’un lato automaticamente, ne trarremo uno nuovo?
Solo la storia del prossimo futuro, determinerà se e come saremo ancora attori della nostra quotidianità. E quali saranno le “armi” attraverso il quale, da cittadino o lavoratore, potremo far sentire ancora la nostra voce. ... che non rimanga strozzata nella gola, soppressa dall’ultimo stralcio di libertà di opinione ed azione, fagocitata da un Sistema cui non apparteniamo più da tempo.
Tratto dal Sito: http://www.gliscomunicati.com