domenica 14 giugno 2009

Interpretazione della legge penale nello spazio. Le immunità

L’interpretazione della norma penale.
Si tratta di un tema non esclusivo della materia di diritto penale, ma copre tutti i rami dell’ordinamento giuridico. Il ramo del diritto penale, caratterizzato dal principio di stretta legalità, il problema dell’interpretazione della legge assume un significato molto particolare. Si tratta dell’operazione logica mediante la quale l’interprete (non solo il giudice ma chiunque altro affronti il problema di una norma) coglie il contenuto e la portata di una norma giuridica.
L’interpretazione può essere:
- Ufficiale: data dalla P.A. mediante circolari, pareri,
- Giudiziale o ciiurisprudenziale: data dal giudice che affronta, nella risoluzione della questione di diritto posta dinanzi a sé, il tema del significato della norma giuridica
- Dottrinale: data dagli esperti di diritto, i giuristi
- Autentica: promana dal legislatore La norma, attraverso l’interpretazione giudiziale, può acquisire un senso o una portata di applicazione diversa da quella prevedibile al momento in cui la norma è stata adottata dal legislatore (diritto vivente: attraverso l’interpretazione dei giudici, la norma vive nell’ambito dell’ordinamento).
L’interpretazione degli esperti del diritto, i giuristi, sono i c.d. resaonsa ai quali faceva riferimento Gaio nelle sue Istitutione.s Ma nel diritto romano, i pareri degli esperti di diritto avevano una valenza non troppo diversa dai pareri e dalle decisioni date dai magistrati. Oggi l’interpretazione dottrinale dovrebbe possedere persuasività, nel senso da convincere i giudici della bontà dell’interpretazione proposta a fronte di quella seguita nella interpretazione giudiziale.
Esistono, in realtà, delle insuperabili diversità di orientamento su determinati temi, tra dottrina e giurisprudenza. Un esempio è dato dal concetto di legge diversa da quella penale, art. 47, 30 comma c.p. a proposito dell’errore, che viene di fatto equiparato all’errore su legge diversa da legge penale, ma è sostanzialmente privato, dalla giurisprudenza, di un contenuto di effettività, nel senso che ogni norma diversa da quella penale è considerata come integratrice di quella penale, perché si tradurrebbe in errore di diritto inefficace ai sensi dell’art. 5 c.p. In dottrina si sostiene, invece, l’opposta tesi, nel senso che l’errore su legge diversa da quella penale scusa in tutti i casi in cui non sia possibile ricollegare in modo stretto e intimo la norma diversa da quella penale alla norma penale.
In qualche caso le tesi dottrinali hanno effettivamente influenzato l’interpretazione dei giudici. Di portata dottrinale è il concetto di dolo nel tentativo, nel senso che una certa tipologia di dolo (eventuale) è stato ritenuto per molti anni dalla giurisprudenza compatibile con il tentativo, ma con una sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione, è stato mutato questo orientamento grazie ad una lunga e persuasiva interpretazione dottrinale.
L’interpretazione autentica, che promana dal legislatore, il quale, per assicurare a certezza dell’interpretazione una determinata norma di legge, si induce ad emanare un’altra norma che ha il solo effetto di consentire una interpretazione conforme a quelle che sono le idee e le opinioni del legislatore stesso.
Per quanto riguarda l’interpretazione giudiziale, nell’epoca storica in cui il codice vigente è stato preparato ed infine approvato (1930), dominavano i criteri di uno Stato autoritario, dove il giudice non poteva che limitarsi ad esprimere un significato già predefinito dal legislatore, senza alcun intervento personale. Il giudice nell’operazione interpretativa immette quelle che sono le condizioni personali e le sue considerazioni inevitabilmente e ciò succede e succedeva anche allora. Infatti, per quanto il giudice voglia astrarsi, interviene con le sue idee e le sue convinzioni.
L’operazione logica dell’interprete Occorre in genere effettuare una valutazione del contenuto e della portata applicativa della norma penale considerata in astratto. L’interprete deve poi conoscere il caso concreto, per giungere, quindi, ad una descrizione quanto più precisa del fatto umano, e compiere quell’operazione di sussunzione del caso concreto nella fattispecie astratta. Questa operazione risulta essenziale nel diritto penale, vista la barriera posta dall’art. i c.p. e art. 25 Cost., infatti, se il caso concreto non rientri (o solo in parte possa rientrare nella previsione astratta) vi sarebbe difetto di tipicità e la decisione del giudice sarà che il fatto non è previsto dalla norma penale come reato.
L’operazione logica dell’interprete - I criteri da seguire per compiere questa operazione (soprattutto alla valutazione della portata della norma astratta e non dell’indagine sul caso concreto) sono: L’interprete deve tener conto anzitutto della lettera della norma, cioè del significato che la norma possiede e deve considerare quale è stata l’intenzione del legislatore (art. 12 disposizioni sulla legge in generale). c.d. approccio di natura semantica (significato proprio delle parole); Esistono alcuni concetti anche in diritto penale, che non sono riconoscibili solo sul piano semantico, ad esempio: la nozione di onore, che ha un significato diverso quando viene inteso come reputazione della persona (art. 595 c.p. sulla diffamazione), mentre in altra parte dell’ordinamento viene inteso in senso prevalentemente sessuale (soppresso art. 587 c.p., omicidio e lesioni per cause d’onore).
Oltre l’approccio semantico, soccorre il criterio storico. La norma esprime una ratio (volunts Iegis) che troviamo nel momento in cui la norma è emanata. L’attitudine della norma ad avere una vita negli anni o nei decenni, come nel caso del codice penale, impone la ricerca di una volontà storicamente obiettivata. Occorre, cioè, porsi nei panni, non del legislatore del tempo, ma del legislatore del momento in cui l’operazione interpretativa avviene, per valutare se il legislatore di quel determinato periodo, avrebbe deciso in materia, più o meno allo stesso modo o comunque non troppo diversa. Le leggi che oggi vengono approvate, sono molto spesso di qualità tecnica modesta e anche ponendole in raffronto a quelle del periodo precedente (epoca codice Rocco), un motivo può essere che le leggi oggi sono frutto di un patteggiamento tra le forze politiche.
Un altro criterio, oltre quello storico, è il criterio sistematico. Questo criterio, impone un collegamento tra le fattispecie, la norma, che fa parte di un sistema, deve essere interpretata alla luce di quelli che sono gli scopi del sistema penale. Agganciandosi a questo criterio, ci sono stati fenomeni di interpretazione estensiva della norma penale. Nel nostro sistema è vietata l’interpretazione creatrice del giudice, ostacolata dal principio di legalità, ma può ritenersi ammessa l’interpretazione estensiva, purché la norma, nel suo significato letterale, non si tramuti in una disciplina diversa. Da ricordare che nel sistema penale è vietata anche l’interpretazione analogica.
Un ulteriore criterio di interpretazione, è il criterio teleologico In questo caso, occorre tener riguardo allo scopo della norma penale, qui potremmo dire: ma lo scopo della norma penale può essere non più percettibile in un contesto sociale diverso. Abbiamo già detto che bisogna ricercare una volontà storicamente obiettivata, tenendo conto delle mutate condizioni sociali e soprattutto del fatto che la Costituzione ha indicato una gerarchia, di beni e valori da proteggere, alla quale la volontà storica può far richiamo.
Ancora un cenno sulla analogia (sappiamo che è vietata nel diritto penale come metodo di interpretazione delle norme, per effetto degli artt. i c.p. e 25 Cost.). Anche l’art il delle preleggi vieta l’interpretazione analogica, con riferimento esplicito alle leggi penali e alle leggi eccezionali. Sarebbe ammessa l’analogia con riguardo alle leggi di favore (c.d. analogia in bonampartem), sarebbe possibile, quindi, introdurre nel sistema cause di giustificazione, non espressamente previste. In realtà si osserva che non si tratta di leggo penali, perché la norma penale è la norma incriminatrice, quella dotata di un precetto e di una sanzione criminale.
La legge penale nello spazio
Una premessa va fatta sul fatto che la legge penale obbliga tutti coloro che si trovino sul territorio dello Stato. I criteri che reggono l’efficacia delle legge penale nello spazio sono:
• della Territorialità
• della Difesa o tutela (per individuare la norma applicabile si ha riguardo alla nazionalità del soggetto passivo del reato)
• della Universalità (la legge viene applicata dovunque e nei confronti di chiunque)
• della Personalità (si tiene conto della nazionalità del colpevole)
La legge penale nello spazio Il codice accoglie il principio della territorialità all’art. 6, 1 comma: “Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato e’ punito secondo la legge italiana” L’art. 4 c.p. fornisce la nozione di territorio, comprendendo anche le navi e gli aerei e lo spazio aereo, mentre il concetto di mare costiero ai sensi dell’art. 2 codice della navigazione, viene compreso nelle 12 miglia dalla costa. Per le navi militari vale il principio della bandiera, cioè a bordo vige la legge dello Stato della bandiera battente. Per le navi civili invece la legge dello Stato del mare in cui la nave si trova, ma per prassi eventuali reati a bordo vengono lasciati alla legge dello Stato della bandiera della nave.
La legge penale nello spazio Un problema, tra l’altro risolto al secondo comma dell’art. 2 c.p., è l’identificazione del luogo in cui il reato è commesso (Iocuscommittidellcti). Il criterio seguito è quello della ubiquità, nel senso che si considera commesso in Italia, il reato la cui azione è realizzata in tutto o in parte nel territorio italiano o si verifica anche solo in parte l’evento. Tale criterio trova applicazione, per esempio anche per i reati associativi, i quali, frequentemente hanno articolazioni sia nel nostro paese che all’estero.
La legge penale nello spazio Non particolarmente importanti sono i reati commessi all’estero, previsti dagli artt. 7,9elOc.p. Occorre solo ricordare che per essi è richiesta spesso una condizione di procedibilità per essere puniti in Italia (occorre cioè la richiesta del Ministro della Giustizia). Per i delitti iusgentium(genocidio, riduzione in schiavitù) si applica il principio di universalità in precedenza esposto.
Un cenno a parte merita il delitto politico art. 8 c.p. per il fatto che la Costituzione vieta l’estradizione per motivi politici e quindi se la condotta dello straniero, rifugiato in Italia, possa configurarsi come delitto politico secondo la legge straniera, l’estradizione è vietata. L’art. 10, 30 comma Cost. concede allo straniero, al quale nel suo paese sia impedito l’esercizio delle libertà democratiche o venga discriminato per ragioni razziali o religiosi, o comunque soffra una compressione dei diritti ineliminabili della persona umana, il diritto di asilo.
Le immunità possono essere considerate limiti soggettivi alla efficacia della legge penale. Sostanzialmente in una serie di casi, sia per motivi inerenti al funzionamento delle istituzioni dello Stato sia per ragioni di rispetto nei confronti di esponenti di Stati stranieri, vi è una limitazione nell’esercizio dell’azione penale e vi è una esenzione di pena.
Le immunità in una prima distinzione possono qualificarsi come:
- Assolute (investono tutti i reati)
- Relative (riguardano soltanto alcune specifiche manifestazioni della personalità)
Una seconda distinzione delle immunità può essere avanzata per quanto riguarda:
• Di diritto interno
• Di diritto internazionale
Le immunità di diritto interno Tra le immunità di diritto interno, viene in primo luogo, quella prevista dall’art. 90 Cost. che riguarda il Presidente della Repubblica, che ha curiosamente una immunità più limitata di quella altri esponenti politici. In primo luogo non può essere perseguito per le condotte inerenti l’esercizio delle sue funzioni, se non per due fattispecie: Alto tradimento Attentato alla Costituzione Per i fatti che non siano connessi alle sue funzioni, il Presidente della repubblica, sarebbe invece perseguibile. Fortunatamente, ad oggi e dopo 60 anni, non abbiamo una casistica di precedenti che riguardino un Presidente della Repubblica perseguito per reati comuni.
Altra immunità di diritto interno riguarda i membri del Parlamento. L’art. 68, 10 comma Cost. concede immunità per i voti espressi nell’esercizio delle funzioni di parlamentare. Una posizione di privilegio funzionale è prevista dal 2° comma dell’art. 68, dove è stabilita la necessità di autorizzazione per le perquisizioni o gli arresti, salvo che il parlamentare sia colto nella flagranza di reato per il quale sia previsto l’arresto obbligatorio. Il 30 comma dell’art. 68, prevede l’autorizzazione per eseguire delle intercettazioni a carico del parlamentare. Una terza categoria di immunità di diritto interno riguarda i giudici costituzionali, che hanno una posizione simile a quella dei membri del Parlamento, con l’eccezione delle intercettazioni, nel senso che la richiesta di autorizzazione per le intercettazioni non è prevista per questa figura istituzionale.
Le immunità di diritto internazionali investono:
- Il sommo Pontefice (art. 8 trattato dei patti Lateranensi)
- I Capi di Stato esteri, compresi i presidenti del Consigli e Ministri affari esteri di paesi stranieri
- Gli agenti diplomatici
- I Parlamentari europei
Questa immunità è una categoria formatasi nel tempo, e nella ricerca di una radice comune a tutte le immunità, una apprezzabile corrente dottrinaria parla di incapacità penale, mentre altri sostengono che colore che sono coperti da immunità sarebbero possessori di una ipercapacità.
Le immunità di diritto internazionale Nonostante queste teorie esposte, modestamente è da osservare che la ratio delle diverse immunità non per nulla la stessa. Infatti si tratta di istituti con finalità diverse che tengono ad assicurare l’ordinato esercizio delle istituzioni repubblicane (per quanto riguarda le immunità di diritto interno), e invece tendono a tutelare i rappresentanti di Stati esteri, di regola, a condizione di reciprocità con quelli del nostro paese. L’effetto dell’immunità è innanzitutto l’esenzione della giurisdizione penale e di riflesso e per conseguenza l’esenzione della pena. Una piccola affermazione è da farsi per quanto riguarda l’immunità per i voti e le opinioni espressi nell’esercizio delle funzioni riconosciuti dalla Costituzione, ai quali potremmo agganciare la scriminante per l’esercizio di un diritto o all’adempimento di un dovere, previsto dall’art 51 c.p.

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