giovedì 30 luglio 2009

Il Fondo Nazionale di Garanzia

Il Fondo nazionale di garanzia interviene in caso di insolvenza o fallimento del venditore o dell’organizzatore di pacchetti turistici.
Esso provvede al rimborso del prezzo versato, al rimpatrio del consumatore in caso di viaggi all’estero e a fornire immediata disponibilità economica in caso di rientro forzato di turisti da Paesi extracomunitari in occasione di emergenze imputabili o meno al comportamento dell’organizzatore, ad eccezione delle situazioni di rischio dell’incolumità personale dei turisti (alluvioni, terremoti, insurrezioni) per le quali interviene il Ministero degli Affari Esteri.
Il Fondo interviene esclusivamente per i pacchetti turistici venduti con contratti stipulati in Italia da un’agenzia regolarmente autorizzata dall’Autorità competente. Non interviene invece quando il viaggio sia stato organizzato autonomamente dal turista o sia stato venduto da operatori non in possesso di regolare autorizzazione.
Presupposti d'intervento
Il Fondo interviene esclusivamente per i pacchetti turistici venduti con contratti stipulati in Italia da un’agenzia regolarmente autorizzata dall’Autorità competente. Non interviene invece quando il viaggio sia stato organizzato autonomamente dal turista o sia stato venduto da operatori non in possesso di regolare autorizzazione.
Presentazione della domanda
La domanda, corredata della documentazione, deve essere presentata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo – Via della Ferratella in Laterano, 51 – 00184 ROMA.
Modulistica
La domanda di rimborso potrà essere formulata seguendo lo schema indicato. Nota bene: seguire attentamente le istruzioni per la compilazione della domanda riportate in calce al predetto schema.
Istanza di ammissione al Fondo di garanzia del consumatore di pacchetto turistico
Istruzioni
Delega


Gonte: Governo.it

Diritto Pubblico Comparato - Gran Bretagna

Ordinamento dello Stato - Il Sistema politico del Regno Unito è composto da un complesso insieme diparlamentarismo, monarchia e democrazia, che convivono in un sistema pluripartitico. Il Primo ministro è capo del governo. Il potere esecutivo è esercitato dal governo, quello legislativo sia dal governo che dalle due camere del Parlamento, la House of Lords e la House of Commons. Quello giudiziario è indipendente da esecutivo e legislativo.
Il sistema di governo del Regno Unito, noto come Sistema Westminster è stato adottato anche da altri paesi, come Canada, India, Australia, Nuova Zelanda, Singapore, Malaysia e Giamaica, che un tempo facevano parte dell'Impero Britannico.
La Costituzione non è codificata e si ricava da convenzioni costituzionali, leggi ed altre fonti.
Alcuni poteri sono stati devoluti alla Scozia, al Galles e all'Irlanda del Nord.
- Monarchia Il capo dello stato fonte teorica del potere esecutivo, legislativo e giudiziario del Regno Unito è il monarca britannico, attualmente la regina Elisabetta II del Regno Unito. Tuttavia, la sovranità non risiede più nel monarca dal 1689, anno di approvazione del Bill of Rights, che stabilì il principio di sovranità parlamentare. Nonostante ciò, il Monarca resta Capo di Stato, simile nelle funzioni a un Presidente di una repubblica parlamentare.
In origine, il monarca aveva il diritto di scegliere qualsiasi cittadino britannico come suo Primo Ministro e poteva convocare e sciogliere il Parlamento quando lo riteneva più opportuno. Tuttavia, secondo l'attuale "costituzione non scritta", il Primo Ministro è il leader del partito di maggioranza nella Camera dei Comuni e il Parlamento può essere sciolto nel momento in cui lo ritiene opportuno. Il monarca ha la possibilità di negare la sanzione regia alle proposte di legge approvate dal Parlamento; questo potere non è più esercitato dal 1708 e, se attuato oggi, causerebbe una grave crisi costituzionale. La regina Anna fu l'ultimo monarca ad esercitare questo potere, l'11 marzo 1708, su un decreto di invio dell'esercito in Scozia. Gli altri poteri regali, detti prerogative reali, sono esercitati dal Primo Ministro e dal Gabinetto, con il consenso formale del monarca.
Oggi il Sovrano ha essenzialmente un ruolo cerimoniale limitato nell'uso del potere da convenzioni e dall'opinione pubblica. Il monarca continua però ad esercitare tre diritti essenziali: il diritto ad essere consultato, il diritto di consigliare e il diritto di mettere in guardia [1]. Il Primo Ministro tiene incontri settimanali confidenziali con il monarca.
In termini formali, la Corona in Parlamento indica il Sovrano mentre in termini pratici il capo politico del Regno Unito è il Primo Ministro (Gordon Brown dal 27 giugno 2007). Tuttavia, i veri poteri della posizione del Monarca nella Costituzione Britannica non devono essere sottovalutati. Il monarca ha alcuni poteri, da usare però con discrezione. Ricopre il ruolo necessario di capo di stato e, in assenza di una separazione distinta dei poteri e con una forte camera bassa, agisce come controllo finale del potere esecutivo. Nel caso, ipotetico, dell'approvazione di una legge minacciante la libertà e la sicurezza dei cittadini britannici, il Monarca potrebbe negare la sanzione regia, libero dalle correnti politiche dei partiti. Inoltre, sarebbe difficile per il Parlamento o per il Governo rimuovere il monarca, in quanto egli è comandante in capo delle forze armate che giurano fedeltà a lui.
- Il potere esecutivo Il Governo esercita il potere esecutivo. Il monarca nomina un Primo ministro. Per convenzione, riceve la nomina il membro della Camera dei Comuni che ha più probabilità di formare un governo col supporto della Camera stessa. Il Primo ministro sceglie quindi gli altri ministri che formeranno il Governo e saranno posti a capo, quali responsabili politici, dei vari dipartimenti governativi. Per convenzione costituzionale, i ministri sono scelti tra i membri della Camera dei Comuni o tra i pari della Camera dei Lord. In totale, i membri del governo sono circa un centinaio. Quelli preposti ai dipartimenti più importanti formano il Gabinetto.
Come negli altri sistemi parlamentari, il potere esecutivo, impersonato dal governo, deriva dal Parlamento ed è responsabile di fronte ad esso. Il successo di una mozione di sfiducia costringe il governo a dimettersi, oppure a indire nuove elezioni. In pratica, i membri del parlamento aderenti ai partiti maggiori sono attentamente controllati dai c.d. Whips, ossia i capigruppo, i quali si adoperano affinché i voti espressi seguano la politica promossa dal partito. Se il governo dispone di una larga maggioranza, quindi, è improbabile che non riesca a far approvare i disegni di legge proposti. Margaret Thatcher nel 1983 e Tony Blair nel 1997, ad esempio, furono portati al potere da maggioranze così ampie da assicurare la vittoria praticamente in tutti i voti parlamentari, anche in presenza di minoranze dissenzienti nei loro partiti. Questo permise loro di attuare radicali programmi di riforma e innovazione. Governi con minori margini o sostenuti da coalizioni sono maggiormente vulnerabili. In questi casi, può essere necessario ricorrere a misure "estreme", come portare a votare anche i parlamentari ammalati, per raggiungere l'indispensabile maggioranza. I governi con una maggioranza ridotta che, come quello di John Major, possono facilmente perdere votazioni se un numero relativamente piccolo di parlamentari loro sostenitori non approva le proposte di legge governative, trovano quindi maggiori difficoltà ad attuare programmi forieri di contrapposizioni e sono spesso costretti a trattare i loro programmi con le varie correnti del partito che li sostiene, o a cercare appoggi tra i parlamentari dell'opposizione.
Nel novembre 2005, il governo Blair subì la sua prima sconfitta parlamentare, quando non riuscì a far approvare una legge che estendeva a novanta giorni la durata della carcerazione preventiva per i sospetti di terrorismo. Nel XX secolo, solo tre volte il governo fu sconfitto in votazioni dei Comuni sulle sue proposte legislative: l'ultimo caso avvenne nel 1986, per la Shop Hours Bill.
- I dipartimenti Il Governo del Regno Unito include un certo numero di ministeri conosciuti soprattutto, anche se non esclusivamente come dipartimenti, ad esempio il Ministero della Difesa. Alla guida politica di ogni dipartimento è preposto un Ministro del Governo che è spesso un Segretario di Stato e membro del Gabinetto. Il ministro può anche essere coadiuvato da un certo numero di viceministri.
L'esecuzione delle decisioni del Ministro è effettuata da un'organizzazione permanente politicamente neutrale nota come il Civil Service, il cui ruolo è quello di coadiuvare il Governo in carica indipendentemente dal partito politico al potere. Diversamente da alcune altre democrazie, infatti, gli alti dirigenti del Civil service conservano il loro posto, anche se interviene un cambiamento del Governo. La direzione amministrativa del Dipartimento è quindi, affidata ad un alto dirigente che appartiene al servizio civile ed è noto nella maggior parte dei Dipartimenti come Segetario Permanente. La maggioranza dei membri del servizio civile in pratica lavora nelle Agenzie Esecutive, che sono organizzazioni operative separate che fanno capo ai Dipartimenti di Stato.
"Whitehall" è un termine spesso usato come sinonimo per la sede centrale del Servizio Civile. Questo perché la maggior parte dei Dipartimenti del Governo hanno sede nell'ex Palazzo Reale di Whitehall o intorno ad esso.
Il potere legislativo
Il Parlamento è il centro del sistema politico del Regno Unito. È l'organo legislativo supremo (grazie alla sovranità parlamentare) e ha il potere di scegliere il Governo, che è responsabile di fronte ad esso. Il Parlamento è bicamerale ed è composto dalla Camera dei Comuni e dalla Camera dei Lords.
La Camera dei Comuni


Il Parlamento si riunisce nel Palazzo di Westminster
Il Regno Unito è suddiviso in collegi, aventi all'incirca la stessa popolazione, ognuno dei quali elegge un membro del (MP) della Camera dei Comuni. Dei 646 membri, solo uno non appartiene ad alcun partito politico. Nella storia moderna, tutti i Primi Ministri e i Leader dell'Opposizione sono stati scelti fra i Comuni e non fra i Lords. Alec Douglas-Home lasciò la Camera dei Lord dopo essere diventato Primo Ministro nel 1963, e l'ultimo Primo Ministro proveniente dai Lords prima di lui fu Robert Gascoyne-Cecil, Marchese di Salisbury, dimessosi nel 1902.
Un partito ottiene solitamente la maggioranza dei seggi del Parlamento, a causa del sistema elettorale maggioritario, responsabile anche del sistema bipartitico britannico. Normalmente, il monarca chiede a una persona di formare un governo che possa sopravvivere nella Camera dei Comuni, una cosa che normalmente un governo di maggioranza riesce a fare. In circostanze eccezionali il monarca chiede di 'formare un governo' con una minoranza parlamentare [2] che nel caso in cui nessun partito abbia ottenuto la maggioranza, richiede la formazione di un governo di coalizione. Questa opzione è scelta solo in tempi di emergenza nazionale, come la guerra. Questa possibilità è stata data nel 1916 a Andrew Bonar Law e, dopo il suo rifiuto, a David Lloyd George. È importante notare che il governo non viene formato con un voto della Camera dei Comuni, ma semplicemente per una richiesta del monarca e rimane in carica fino a che si ritiene goda della fiducia dei Comuni. La Camera bassa può esplicitare il suo dissenso dal governo respingendo una mozione di fiducia o approvandone una di sfiducia. D'altronde, anche il voto negativo su proposte riguardanti punti basilari del programma e dell'azione di governo (come la legge di bilancio) viene considerato una chiara indicazione del fatto che il governo non gode più della fiducia parlamentare.



La Camera dei Comuni ha la prima possibilità di indicare la fiducia al nuovo governo quando vota il Discorso del Trono (il programma legislativo proposto dal nuovo governo).
- La Camera dei Lord (House of Lords) era in precedenza una camera formata da aristocratici, che vi sedevano per diritto ereditario. Ora è composta da membri per diritto ereditario, vescovi della Chiesa anglicana (noti come Lords Spiritual) e membri nominati (Pari a vita, che non trasmettono ai propri discendenti il diritto di sedere alla Camera dei Lord). Anche se un progetto di legge può essere presentato sia ai comuni che alla Camera dei Lord, quest'ultima ha un potere ridotto riguardo alle proposte già approvate dalla Camera bassa. Può proporre emendamenti ed esercitare un veto sospensivo, ossia ritardare l'approvazione della legge per due sessioni parlamentari (dodici mesi). Peraltro, i Parliament Acts del 1911 e del 1949 hanno anche limitato ad un mese il potere di veto sulle leggi riguardanti la tassazione e la finanza pubblica. Per una convenzione costituzionale (Salisbury convention), inoltre i Lord non si possono opporre alla legislazione promessa dal governo nel suo programma elettorale. Infine, il veto dei Lord può anche essere aggirato con una risoluzione della Camera dei Comuni.
I governi, comunque, per evitare sia la perdita di tempo, sia la pubblicità negativa di uno scontro con la Camera alta, accettano spesso di introdurre nella legislazione gli emendamenti proposti dalla stessa.
Attualmente, la Camera dei Lord è pure corte di ultima istanza nel Regno Unito, anche se soltanto una parte dei suoi membri, i Law Lords, esercita la giurisdizione. L'atto di riforma costituzionale del 2005 ha comunque delineato i tratti della Corte Suprema del Regno Unito che, a partire dal 2009, dovrebbe rimpiazzare i Law Lords.
Il sistema giudiziario



Il Lord Cancelliere era a capo del sistema giudiziario in Inghilterra e Galles. Questi nomina i giudici e i magistrati nelle Corti penali su formale sanzione del Sovrano. Il Lord Cancelliere è presente in tutti e tre i poteri dello stato, rivestendo cariche nell'esecutivo, in quello legislativo e quindi in quello giudiziario, e rappresenta di certo un'eccezione tra tutte le democrazie liberali del mondo attuale. Tuttavia, la legge di riforma costituzionale del 2005 (il Constitutional Reform Act 2005) sottrae molti dei poteri detenuti dal Lord Cacelliere e li affida ad altri esponenti del Governo britannico, in primo luogo al Ministro per gli Affari Costituzionali, recentemente creato.
Il sistema giuridico per l'Inghilterra e il Galles (sono separati quelli di Scozia e Irlanda del Nord), non dispone di un codice penale o civile, ma è fondata su 2 elementi di base:
il diritto scritto (Statute), rappresentato dalle leggi emanate dal Parlamento (Act of Parliament) e pubblicate nello Statute Book;
Il diritto comune (Common Law), costituito dalle decisioni giudiziarie, dagli usi e consuetudini, chiamato così per distinguerlo da diritti speciali come quello romano o quello canonico. Quasi tutto il diritto penale è ora previsto normativamente da leggi (Act of Parliament) , mentre la maggior parte del diritto civile dipende ancora dal diritto comune.
Le norme dell'Unione Europea (regolamenti, direttive e decisioni) valgonoe anche per la Gran Bretagna, in virtù della sua adesione dal 1970, avendo primazia sul diritto nazionale.
Per i casi penali, esistono 2 tipi principali di tribunali:
le Magistrates' Courts (o tribunali di primo grado), che si occupano di circa il 95% dei casi;
le Crown Courts (Corte d'appello) per i reati più gravi.
Per i casi civili quali, questioni relative alla famiglia, alla proprietà, ai contratti, ecc. (regolate dal diritto civile) sono di solito trattate nelle County Courts, ovvero i Tribunali di contea. Al vertice del sistema giudiziario vi è l’Alta Corte di Giustizia (High Court) che si occupa dei casi più complessi. E' divisa in 3 sezioni specializzate:
la Queen’s Bench, che si occupa di contratti e fatti illeciti, diritto marittimo e commerciale;
la Chancery Division, che si occupa di fallimento societario e personale;
la Family Division, che si occupa di divorzio, adozione, ecc.
Esistono 400 Magistrates’ Courts in Inghilterra e nel Galles, servite da circa 30.000 magistrati o giudici di pace (normali cittadini nominati dal Lord Cancelliere, ma scelti dalla comunità, simili ai nostri magistrati onorari).
Una Crown Court è presieduta da un giudice ma il verdetto viene raggiunto da una giuria di 12 cittadini, scelti casualmente dalle liste elettorali locali. Il giudice deve assicurarsi che il processo sia condotto correttamente e che la giuria venga aiutata a raggiungere la sua decisione grazie alla sua sintesi sugli elementi di prova. Una persona condannata in una Magistrates' Court può ricorrere contro la sua decisione alla Crown Court. Qualora perda, il ricorso può essere presentato alla Corte d'Appello (Sezione penale). Il tribunale di grado più elevato è la ‘Camera dei Lord’,nella sua composizione giurisdizionale, che decide in considerazione casi riferitigli dalla Corte d'Appello. Questa funzione dovrebbe essere trasferita alla Corte Suprema di recente istituzione

Aberratio o reato aberrante

(Aberratio ictus) Con l’espressione aberratio o reato aberrante si denominano quelle ipotesi in cui il soggetto agente realizza, per errore nei mezzi di esecuzione o per altra causa, un reato diverso da quello voluto, o cagiona un’offesa nei confronti di una persona diversa da quella che voleva offendere.
Il codice prevede due ipotesi di reato aberrante; l’aberratio ictus e l’aberratio delicti.
Quando per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o per un’altra causa, è cagionata offesa a persona diversa da quello alla quale l’offesa era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno della persona che voleva offendere, salvo, per quanto riguarda le circostanze aggravanti e attenuanti, le disposizioni dell’art. 60. Qualora sia offesa anche quella alla quale l’offesa era diretta, il colpevole è soggetto alla pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino alla metà.
Quando è il caso di chi per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione o per altra causa, cagiona l’offesa a persona diversa da quella predestinata. E’ il caso del soggetto che nel tentativo di uccidere una persona ne uccide un’altra per errore o per altra causa.
Nel reato preterintenzionale c’è omegeneità tra evento voluto ed evento realizzato a titolo di dolo eventuale, l’aberratio ictus è compatibile col delitto preterintenzionale. Esempio del bandito che nel corso di una rapina in banca colpisce con la pistola un cliente per farlo tacere e fa partire un accidentalmente un colpo dell’arma che uccide un’altra persona, il bandito sarà accusato di omicidio preterintenzionale per aberratio ictus.
In riferimento alla figura dell’aberratio ictus sono possibile quattro diverse ipotesi concrete: aberratio ictus monolesiva; aberratio ictus bioffensiva; aberratio ictus plurioffensiva; offesa a più persone diverse e indenne la vittima designata.
(Aberratio ictus varie ipotesi)
Le varie ipotesi concrete di aberratio ictus sono:
- aberratio ictus monolesiva che si verifica quando si arreca offesa alla persona diversa ed è disciplinata dal comma 1 dell’art. 82.
L’aberratio monolesiva comporta che l’autore risponde del delitto realizzato nei confronti della persona diversa come se avesse commesso un danno alla persona che voleva offendere, salvo il regime provvisorio previsto dall’art. 60 per il caso di errore della persona.
- aberratio ictus bioffensiva con offesa alla vittima predestinata si verifica allorquando si offendono contemporaneamente tanto la tittima predestinata che una persona diversa. È disciplinata del comma 2 dell’art. 82, per effetto del quale il colpevole subirà la pena stabilita per il reato più grave aumentata fino alla metà.
- aberratio ictus plurioffensiva compresa la vittima designata si verifica quando si offendono contemporaneamente oltre alla persona diversa ed alla persona contro cui l’offesa era diretta, si colpiscono anche altre persone.
- altra ipotesi che non è disciplinata dall’art. 82 è quella dell’offesa per aberratio ictus di due o più persone diverse dalla vittima predestinata rimasta indenne.
(Aberratio delicti)
Con l’espressione aberratio o reato aberrante si denominano quelle ipotesi in cui il soggetto agente realizza, per errore nei mezzi di esecuzione o per altra causa, un reato diverso da quello voluto, o cagiona un’offesa nei confronti di una persona diversa da quella che voleva offendere.
Il codice prevede due ipotesi di reato aberrante; l’aberratio ictus e l’aberratio delicti.
Se scagiona un evento diverso da quello voluto, per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o per un'altra causa il colpevole risponde a titolo di colpa dell’evento non voluto quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo. Se il colpevole ha cagionato altresì l’evento voluto, si applicano le regole sul concorso di reati.
È questo il caso di chi cagiona un reato diverso da quello voluto ed il fatto commesso è preveduto dalla legge come delitto colposo. È il caso di Tizio che volendo uccidere Caio e gli spara, mentre Caio si abbassa e il proiettile colpisce un bidone di liquido infiammabile provocando un incendio. Tizio risponderà di incendio colposo.
Se oltre all’evento non voluto si sia cagionato anche l’evento voluto il legislatore richiama esplicitamente la norma sul concorso di reati, per cui il soggetto risponderà di un reato doloso e di un reato colposo evento plurimo.
Nel caso in cui per errore nell’esecuzione sia stato cagionato un evento diverso lesione accanto all’evento voluto uccisione si applica l’art. 83cpv (aberratio delicti) e non l’art. 82 cpv (aberratio ictus).
Ogni qualvolta che si è cagionato l’evento avuto di mira, ma in danno di una persona diversa da quella designata si è in presenza di aberratio ictus, mentre ogni qualvolta si è cagionato un evento diverso da quello voluto si è in presenza di una aberratio delicti.
(Aberratio causae o itineris causarum)
Dalla dottrina è stata creata una terza figura di aberratio, la aberratio itineris causarum che ricorrebbe quando per errore nella fase consumativa, la successione causale si sia svolta in maniera diversa da quella prevista dall’agente.
È il caso di chi volendo uccidere un soggetto facendolo annegare lo scaraventa nel fiume, ma il soggetto non muore per annegamento, ma perché sbatte la testa contro un sasso. In questo caso il soggetto risponderà sempre di omicidio doloso.
Diversa è l’ipotesi nella quale il soggetto che con la propria azione credendo di aver causato un dato evento, ma in realtà tale evento è stato causato con una successiva azione. È il caso di chi spara ad una persona e credendola erroneamente morta la seppellisce viva per cui muore per soffocamento.
L’aberratio causae è irrilevante nei reati a condotta libera nei quali poco importa come l’evento si sia realizzato.
L’aberratio causae è rilevante nei reati a condotta vincolante in quanto può comportare la non imputabilità per la realizzazione di un fatto atipico.

mercoledì 22 luglio 2009

Il public management locale - L. 18 giugno 2009 , n. 69

Disposizioni in materia di sviluppo economico, semplificazione competitività LEGGE 18 giugno 2009, n. 69 L’obiettivo della semplificazione demandato al Governo nell’ambito delle proprie competenze, parte dalla necessità che le norme giuridiche siano rese chiare nel loro contenuto e nelle loro finalità operando corretti collegamenti tra disposizioni collegate.Nelle intenzioni del legislatore, perché al momento di ciò si tratta, le norme sostituite, abrogate o modificate devono essere espressamente richiamate.Il rinvio a norme contenute in altre disposizioni legislative, o regolamenti, decreti, circolari, deve essere il più possibile esplicito.Si tratta di una operazione, niente affatto semplice, vista la molteplicità di norme che si sovrappongono su una determinata materia, anche mediante semplici aggiustamenti; ne è un esempio l’ormai famoso comma 6 dell’art. 7 del D.Lgs. n. 165 del 2001 “perfezionato” ulteriormente dall’art. 22 della legge sulla semplificazione in esame (v. art. 22, comma 2).È auspicabile a questo punto che vadano a sparire quei rinvii assolutamente generici ad interi corpi normativi che vengono richiamati “in quanto compatibili”. Formula usata ed abusata che si presta a tutte le interpretazioni con conseguente assenza di certezza nel provvedere di conseguenza.L’evoluzione della p.a. nei termini voluti dal Governo richiede la certezza di norme sulle quali operare, sia nei momenti ordinari della sua attività, che, e soprattutto nelle situazioni di emergenza, e non può prestare il fianco a paure, difficoltà di applicare la legge, possibilità di ricorsi.Una normativa chiara e precisa, oltreché stabile va ancora a ridurre quel fenomeno delle collaborazioni che si è cercato di arginare a valle, senza pensare che, spesso il ricorso a tali figure appare la conseguenza di avere la chiarezza, per quanto possibile, di un quadro normativo complesso, disomogeneo, articolato.A dare un carattere di garanzia alle intenzioni del Governo viene sancito che le disposizioni in materia di chiarezza dei testi normativi “costituiscono principi generali per la produzione normativa”.In un’opera di continuità e di rafforzamento dell’azione di semplificazione interviene l’art. 5 che aggiunge un art. 17-bis alla legge 400 del 1988 con l’attribuzione al Governo della funzione di raccogliere in “testi unici compilativi” le disposizioni regolanti materie e settori omogenei.La stessa funzione, a livello di redazione di schemi di testi unici, può essere esercitata anche dal Consiglio di Stato con l’opportuna precisazione che in tal caso non è richiesto il parere dello stesso Consesso.Infine continua l’opera di svecchiamento normativo con un’indagine sulle disposizioni pubblicate prima dell’1 gennaio 1970, al fine di verificarne la loro permanenza, sulla base di una serie di principi e criteri direttivi.L’art. 4, “Semplificazione della legislazione”, appare, nella sua struttura, un esempio di contraddizione tra quanto voluto dal legislatore e la sua formulazione che contiene sostituzione di commi, soppressione di commi, sostituzione di parole.La Contrattazione collettiva nazionale, da qualche anno ricorre alla tecnica di sostituire integralmente gli artt. dei contratti di lavoro oggetto di modifiche, con un nuovo testo.Questo consente all’operatore di avere il quadro completo ed immediato dell’istituto sul quale lavorare, senza che debba ricorrere allo studio ed alla comparazione di più testi al fine di integrare le rispettive disposizioni in una visione unitaria.Una serie di modifiche intervengono sulla legge n. 241 in materia di procedimento amministrativo al fine principale di ridurre e conferire maggiore certezza ai tempi di conclusione del procedimento.Con riguardo a quest’ultimo aspetto, gli enti locali conformano i propri regolamenti ai termini previsti per le amministrazioni dello Stato, tenendo conto, ai fini del superamento del termine di 90 giorni, della propria organizzazione, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento. In ogni caso non può essere superato il termine di 180 giorni eccetto per i procedimenti di acquisto della cittadinanza e quelli riguardanti l’immigrazione.I termini per la conclusione del procedimento decorrono dall’inizio del procedimento d’ufficio, o dal ricevimento della domanda se il procedimento è ad iniziativa di parte e, fatta salva la necessità di acquisire valutazioni tecniche, i termini possono essere sospesi per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni; al fine di acquisire informazioni e certificazioni si ricorre alla conferenza di servizi quando nel termine di trenta giorni non sono acquisiti gli elementi richiesti o sia intervenuto dissenso di alcuna delle amministrazioni interpellate.Le modifiche contemplano forme di responsabilità in caso di mancata emanazione del provvedimento o mancato rispetto del termine per la conclusione del procedimento.È disposta la competenza del g.a. in materia di controversie tendenti al risarcimento del danno ingiusto a causa dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.L’art. 8 interviene sull’art. 16 della legge n. 241 concernente l’acquisizione di pareri nell’ambito dell’istruttoria del procedimento amministrativo al fine di contenere i tempi di conclusione della fase consultiva che passano da 45 giorni a 20 giorni decorrenti dal ricevimento della richiesta. In caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere obbligatorio o facoltativo e l’organo competente non abbia rappresentato esigenze istruttorie, l’amministrazione richiedente procede indipendentemente dall’espressione del parere.Salvo il caso di omessa richiesta del parere, il responsabile del procedimento non può essere chiamato a rispondere degli eventuali danni derivanti dalla mancata espressione del parere. L’art. 9 modifica gli artt. 14-ter e 19 della legge n. 241 rispettivamente in materia di conferenza di servizi e di dichiarazione di inizio attività.Sul primo punto consente la partecipazione alla conferenza, senza diritto di voto, dei soggetti proponenti il progetto dedotto in conferenza e di gestori di servizi pubblici quando lo stesso progetto abbia un qualche effetto sulla loro attività.Per quanto concerne la d.i.a., vengono sottratti alla relativa disciplina i procedimenti riguardanti oltre l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza.L’art. 10 reca ulteriori modifiche alla legge n. 241 in ordine al suo ambito di applicazione con riguardo alle società a totale o prevalente capitale pubblico per quanto concerne le loro funzioni amministrative.L’art. 11 reca una delega al Governo, da esercitare entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge, per l’individuazione di nuovi servizi a forte valenza socio sanitaria da esercitare dalle farmacie pubbliche e private, nonché per la revisione dei requisiti di ruralità al fine di riservare la corresponsione dell’indennità solo in presenza di situazioni di effettivo disagio in relazione alla localizzazione delle farmaci sul territorio.Inoltre, nel contesto della norma, è riportata una disposizione volta a semplificare alcuni adempimenti amministrativi a carico dei comuni con popolazione sino a 5000 abitanti, disposizione che nel rimandare ad altre amministrazioni l’accessibilità ai documenti richiesti, appare in controtendenza al principio di efficienza, e di soddisfazione del cittadino “cliente”.L’art. 14 demanda ad un decreto del MEF di concerto con i Ministri interessati, la definizione delle modalità e delle procedure che le amministrazioni pubbliche dovranno adottare in modo da prevenire l’indebito utilizzo dei fondi stanziati per il periodo 2007/2013 a favore delle aree sottoutilizzate.L’art. 17 contiene una motivazione costituita dalla necessità di “di fronteggiare la straordinaria situazione di crisi economica in atto e per incentivare l’accesso alle commesse pubbliche da parte delle piccole e medie imprese”. Per queste finalità sono abrogate alcune disposizioni introdotte, con l’ultima modifica, nel codice dei contratti pubblici per garantire una maggiore trasparenza del procedimento.Infatti le norme abrogate impedivano, in caso di procedura di aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso al quale si applicava il criterio dell’esclusione automatica delle offerte, la contemporanea partecipazione del consorzio e dei consorziati.L’eliminazione del divieto di partecipare alla medesima procedura di gara sia dei consorzi che dei consorziati laddove l’amministrazione si fosse avvalsa della facoltà di applicare l’esclusione automatica, sembra reintrodurre il principio generale per il quale i consorzi stabili ed i consorzi di cooperative devono indicare in sede di offerta quali sono i consorziati che concorrono, ed a questi ultimi è fatto divieto di partecipare in qualsiasi altra forma alla medesima gara.L’art. 21 pone a carico delle pubbliche amministrazioni l’obbligo di pubblicare sul proprio sito i dati più rilevanti, indicati dalla norma, riferiti ai dirigenti ed ai segretari comunali e provinciali, nonché i tassi di assenza e di maggiore presenza del personale distinti per uffici di livello dirigenziale.I commi 2 e 3 apportano modifiche all’art. 3, comma 52-bis della legge n. 244/2007 in materia di operatività dei limiti agli emolumenti erogati dalle pubbliche amministrazioni; in particolare:- viene definito il termine per rendere operativa la disciplina in materia di limiti massimi di trattamento economico onnicomprensivo per rapporti di lavoro dipendente o autonomo di cui ai commi da 44 a 52 dello stesso art. 3 della L.F. 2008.- viene disciplinato in maniera più dettagliata il conferimento di incarichi che superano il tetto della retribuzione, con i requisiti del merito e della trasparenza e sulla base di motivazione che dia conto di ciò.L’art. 22 introduce modifiche ad decreto legislativo n. 165 del 2001.Si tratta della riproposizione di una norma già contenuta nella legge finanziaria 2002 (legge n. 448/2001, art. 29) che autorizzava le pubbliche amministrazioni ad acquistare sul mercato i servizi originariamente prodotti al proprio interno a condizioni di ottenere conseguenti economie di gestione.La realizzazione di queste operazioni comporta conseguenze sulla dotazione organica dei rispettivi enti anche con riguardo ai fondi della contrattazione integrativa.Questo aspetto dà valenza all’inserimento della norma di seguito all’art. 6 del D.Lgs. n. 165 in materia di organizzazione e disciplina delle dotazioni organiche.È demandata al collegio dei revisori dei conti la vigilanza sull’applicazione delle disposizioni dell’art. in esame, evidenziando i risparmi derivanti dall’adozione dei provvedimenti in materia di organizzazione del personale, anche ai fini della valutazione del personale con qualifica dirigenziale.Il successivo comma 2 modifica in parte l’art. 7, comma 6 dello stesso decreto n. 165 del 2001.Con le modifiche apportate si stabilisce che si possa prescindere dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipula di contratti “di collaborazione di natura occasionale o coordinata e continuativa” oltre che nei confronti di coloro che operano nel campo dei mestieri artigianali, anche nell’attività informatica, anche per i servizi a supporto dell’attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento e di certificazione dei contratti di lavoro, a condizione che non si determinino “nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.L’art. 23 promuove l’individuazione e la diffusione delle buone prassi in uso nelle amministrazioni pubbliche statali, con l’obbligo per le medesime di pubblicare sul proprio sito un indicatore dei tempi medi pagamento delle prestazioni acquisite, nonché dei tempi medi di definizione dei procedimenti e di erogazione dei servizi resi all’utenza.L’art. 30 dispone che le carte dei servizi predisposte dai soggetti che erogano servizi pubblici o di pubblica utilità, devono prevedere la possibilità di promuovere la risoluzione non giurisdizionale della controversia (secondo uno schema tipo di procedura conciliativa da individuare con decreto), e quella di ricorrere a meccanismi di sostituzione dell’amministrazione o del soggetto erogatore inadempiente.L’art. 32 reca disposizioni finalizzate all’eliminazione degli sprechi collegati al mantenimento delle pubblicazioni legali in forma cartacea riconoscendo:- a decorrere dal 1° gennaio 2010, effetto di pubblicità legale agli atti e provvedimenti pubblicati dalle amministrazioni e dagli enti pubblici sui propri siti informatici o su quelli di altre amministrazioni ed enti pubblici obbligati e disponendo che le pubblicazioni effettuate in forma cartacea non hanno più valore dalla stessa data;- a decorrere dall’1° gennaio 2013, la medesima disciplina si applica alla pubblicazione relativa ai provvedimenti concernenti procedure ad evidenza pubblica e bilanci.L’art. 34 reca disposizioni per favorire le relazioni tra le pubbliche amministrazioni e gli utenti attraverso un maggiore utilizzo della posta elettronica certificata come strumento di comunicazione e per permettere di conoscere i tempi di risposta, le modalità di lavorazione delle pratiche ed i servizi disponibili.La disposizione in esame contribuisce a dare attuazione ed ampliare l’utilizzo di questo strumento tecnologico per un maggiore dialogo con i cittadini, già avviato con l’art. 16-bis del D.L. n. 185/2008, convertito nella legge n. 2/2009, e relativo D.P.C.M. 6 maggio 2009, al quale era collegato un effetto equivalente alla notificazione a mezzo posta.

sabato 18 luglio 2009

P.A.: parte pubblicazione web dei dati di 190.000 dipendenti

Curricula, stipendi, numeri di telefono e indirizzi e-mail di tutti i 190 mila dirigenti della Pubblica amministrazione saranno disponibili online nei prossimi mesi per permettere ai cittadini di sapere chi sono, quanto sono bravi e quanto guadagnano. E' scattato infatti l'obbligo per legge per le P.A. di rendere pubblici i dati relativi alla dirigenza e i tassi di assenza e di presenza del personale. Lo prevede la legge 69 del 2009, i cui contenuti sono stati illustrati oggi in una conferenza stampa dal ministro Renato Brunetta. L'operazione interessera' 190 mila dirigenti, tra i quali circa 3.800 appartenenti al comparto Ministeri, 15 mila a regioni ed enti locali, 137 mila alla Sanita' e 10 mila al comparto Scuola. ''Per professori universitari e magistrati - ha precisato Brunetta - mi riservo un'altra operazione. Ci sto lavorando''. I dati raccolti dovranno essere pubblicati online entro il mese di luglio e a settembre il Ministero pubblichera' quelli che hanno rispettato la legge e quelli che non l'hanno fatto. ''Non e' un'operazione di guardonismo e voyerismo, ma di valorizzazione del capitale umano che abbiamo. I cittadini devono poter sapere con chi hanno a che fare'', ha detto Brunetta, precisando che le modalita' delle pubblicazioni sono state concordate con il Garante della Privacy. In base alla legge le P.A. sono obbligate a pubblicare sui propri siti Internet i curricula dei dirigenti di tutta la P.A. e i dati sulle loro retribuzioni, i recapiti di tutti gli uffici pubblici e i dati sui tassi di assenza e presenza del personale. Per chi non lo fara' ''stiamo studiando modalita' di sanzione'', ha detto il ministro, precisando che la migliore sanzione e' ''la messa alla berlina: a settembre pubblicheremo quelli che hanno pubblicati questi dati e manderemo alla Corte dei Conti quelli che non l'hanno fatto''. I dati dovranno essere costantemente aggiornati dalle stesse amministrazioni con rilevazione a cadenza mensile e inviati al Dipartimento della funzione pubblica che ne curera' la raccolta ed il monitoraggio. ''Questa operazione serve a qualificare la P.A.'', ha ribadito Brunetta, spiegando che ''ci accorgeremo quanta gente brava c'e'''. ''Con questa iniziativa continua l'operazione trasparenza'', ha aggiunto il ministro, sottolineando che in questo caso si tratta di un'operazione non spontanea, ma '''spintanea', cioe' per legge''. ''E' un'operazione mastodontica - ha detto - ma contiamo gia' da settembre di avere una buona adesione''. P.A.: IN UN ANNO -38% ASSENZE, +14 MLN GIORNI LAVORO IN PIU' A un anno di distanza dall'avvio dell'operazione anti-fannulloni, le assenze per malattia nella Pubblica amministrazione hanno registrato una riduzione media annua di circa il 38%, pari, per tutta la P.A., a circa 14 milioni di giornate in piu' di lavoro per i cittadini. Lo ha detto il ministro della P.A. Renato Brunetta nel corso di una conferenza stampa. ''In un anno abbiamo dimostrato che dentro il grande corpo della P.A. c'e' una grande produttivita' da recuperare'', ha detto Brunetta, sottolineando che ''la P.A. sta cambiando'' e che, a distanza di un anno, ''la gente sta percependo che sta cambiando qualcosa''. Nel solo mese di giugno la riduzione delle assenze per malattia e' stata del 27,4% (escluse scuola, universita' e pubblica sicurezza) rispetto allo stesso mese del 2008.(ANSA)

giovedì 9 luglio 2009

Buonus Vacanze - BUONI VACANZE ITALIA

E' stata affidata all'associazione non profit "Buoni Vacanza Italia" la gestione del bonus vacanze: firmata il 3 luglio la convenzione con il dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Buoni Vacanze - Sono uno strumento concreto per affermare il diritto alle Vacanze per tutti, diritto sancito anche dalla nostra Costituzione.
- Sono un titolo di pagamento immediatamente spendibile e realizzato in vari tagli.
- Sono spendibili presso le aziende turistiche o di servizio al turismo che hanno sottoscritto un contratto di convenzione con FITuS e che quindi sono presenti nella Guida BUONI VACANZE ITALIA cartacea o in quella on-line. Tutti i fornitori possono aderire al sistema Buoni Vacanze Italia: basta compilare il form online (nella sezione "Per gli Operatori Turistici").
- BVI si sta impegnando a soddisfare tutte le sfumature delle necessità di chi viaggia per turismo sociale e quindi, oltre ai servizi di prima necessità quali il vitto e l'alloggio, punta ad offrire la gamma completa dei servizi alla persona: servizi di natura pratica come ristoranti, centri sportivi, servizi di trasporto e noleggio, e servizi di natura culturale come musei, servizio di guida, centri culturali e centri di produzione e vendita di prodotti tipici.
- I Buoni Vacanze:
o possono circolare solo in Italia
o sono utilizzabili solo fuori dal Comune di residenza
o hanno una validità massima di 12 mesi (la scadenza è riportata su ogni buono)
- BVI garantisce al possessore la possibilità di scegliersi la vacanza utilizzando centinaia di strutture alberghiere, extralberghiere, di ristorazione, di turismo familiare e all’aria aperta, di servizi al turismo (comprese agenzie e tour operators) alle migliori condizioni economiche con uno sconto variabile tra il 10 e il 25%, a seconda delle stagionalità.
BVI vengono messi a disposizione di tutti i soggetti pubblici o privati che vogliono in particolare favorire l’accesso al turismo delle categorie più deboli o dei loro dipendenti
A registrazione avvenuta e con congruo anticipo per effettuare la prenotazione on line del contributo saranno fornite tutte le informazioni sulle modalità di presentazione delle domande. Tutte le informazioni riguardanti la procedura per richiedere il buono saranno disponibili sul sito http://www.buonivacanze.it/ e contestualmente sul sito del Ministero.
Per ora provo a pubblicare una sintesi del decreto, firmato dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al Turismo Michela Vittoria Brambilla, che ne definisce le modalità di erogazione del buono vacanze.
Ne hanno diritto: le famiglie con un reddito lordo annuo compreso fra 10mila e 35mila euro. Più precisamente:
Numero componenti nucleo familiare - 1
-
Redditi lordi del nucleo familiare da - 0 a 10.000 €
-
Limite massimo di spesa turistica calcolabile ai fini del contributo - 500 €
- Sconto massimo del buono in relazione alla spesa - 225 €
Numero componenti nucleo familiare - 1
-
Redditi lordi del nucleo familiare da 0 a 15.000
- Limite massimo di spesa turistica calcolabile ai fini del contributo 500
- Sconto massimo del buono in relazione alla spesa 150
Numero componenti nucleo familiare 1
-
Redditi lordi del nucleo familiare da 15.000 a 20.000 €
- Limite massimo di spesa turistica calcolabile ai fini del contributo 500
- Sconto massimo del buono in relazione alla spesa 100
Numero componenti nucleo familiare - 2
-
Redditi lordi del nucleo familiare da 0 a 15.000 €
- Limite massimo di spesa turistica calcolabile ai fini del contributo 785
- Sconto massimo del buono in relazione alla spesa 353,25 €
Numero componenti nucleo familiare - 2
- Redditi lordi del nucleo familiare da 15.000 a 20.000 €
-
Limite massimo di spesa turistica calcolabile ai fini del contributo 785 €
-
Sconto massimo del buono in relazione alla spesa 235,5 €
Numero componenti nucleo familiare - 2
- Redditi lordi del nucleo familiare da 20.000 a 25.000 €
- Limite massimo di spesa turistica calcolabile ai fini del contributo 785 €
- Sconto massimo del buono in relazione alla spesa 257 €
Numero componenti nucleo familiare - 3
- Redditi lordi del nucleo familiare da 0 a 20.000 €
-
Limite massimo di spesa turistica calcolabile ai fini del contributo 1.020 €
- Sconto massimo del buono in relazione alla spesa 459 €
Numero componenti nucleo familiare - 3
- Redditi lordi del nucleo familiare da 20.000 a 25.000 €
-
Limite massimo di spesa turistica calcolabile ai fini del contributo 1.020 €
- Sconto massimo del buono in relazione alla spesa 306 €
Numero componenti nucleo familiare - 3
- Redditi lordi del nucleo familiare da 25.000 a 30.000 €
-
Limite massimo di spesa turistica calcolabile ai fini del contributo 1.020 €
- Sconto massimo del buono in relazione alla spesa 204 €
Numero componenti nucleo familiare - 4 ed oltre
- Redditi lordi del nucleo familiare da 0 a 25.000 €
-
Limite massimo di spesa turistica calcolabile ai fini del contributo 1.230 €
-
Sconto massimo del buono in relazione alla spesa 553,5 €
Numero componenti nucleo familiare - 4 ed oltre
-
Redditi lordi del nucleo familiare da 25.000 a 30.000 €
-
Limite massimo di spesa turistica calcolabile ai fini del contributo 1230 €
- Sconto massimo del buono in relazione alla spesa 369 €
Numero componenti nucleo familiare - 4 ed oltre
-
Redditi lordi del nucleo familiare da 30.000 a 35.000 €
-
Limite massimo di spesa turistica calcolabile ai fini del contributo 1.230 €
-
Sconto massimo del buono in relazione alla spesa 246 €
Il buono vacanze non può essere utilizzato nei mesi di luglio e agosto e nel periodo natalizio (20 dicembre-6 gennaio), ma solo in bassa stagione e precisamente: dal 7 gennaio fino alla fine di giugno e dalla prima settimana di settembre al 19 dicembre.
Può essere utilizzato in oltre 900 strutture turistiche sparse in tutta Italia. L'associazione non-profit "Buoni vacanze Italia" (nella quale confluiscono la Fitus, Federazione italiana per il turismo sociale, e Federalberghi) gestisce le convenzioni con alberghi, ristoranti, stabilimenti balneari, termali e sciistici che aderiscono all'iniziativa . Sul sito Buoni vacanze Italia c'è la guida completa con tutte le località dove poter spendere i buoni vacanze. Vengono privilegiate le strutture alberghiere a conduzione familiare (pensioni e bed&breakfast) e le località minori. Ma non mancano le mete turistiche più gettonate.
N.B. La Convenzione con il Dipartimento del Turismo firmata il 3 luglio scorso, dovrà ancora passare al vaglio degli organi di controllo.
E solo dopo tale controllo la Convenzione fisserà la data di avvio della presentazione delle domande e si preciseranno le modalità di accesso, che, con i relativi moduli, saranno pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale e saranno oggetto di una specifica preventiva campagna informativa a livello nazionale e locale, a cura del Dipartimento per il Turismo, dell'ANCI - Associazione dei Comuni d'Italia, e delle Associazioni aderenti a Buoni Vacanze Italia.

Lombardo, ha attribuito le deleghe agli assessori regionali

Il presidente della Regione siciliana, dopo una lungha riflessione, finalmente ieri fa attribuito le deleghe agli assessori del governo regionale. Nel dettaglio,
Gaetano Armao è l'assessore alla Presidenza con l’attribuzione di tutte le deleghe connesse; Michele Cimino, già assesore al Bilancio, riceve la delega all'Agricoltura;
Lino Leanza ai Beni culturali e Pubblica istruzione;
Roberto Di Mauro - lascia l'assessorato alla Cooperazione per quello al Bilancio e finanze;
Titti Bufardeci alla Cooperazione, Commercio e Pesca;
Caterina Chinnici alla Famiglia ed Autonomie locali;
Marco Venturi sarà l'assessore all'Industruia;
Nino Beninati ai Lavori pubblici;
Luigi Gentile al Lavoro e Formazione;
Massimo Russo conserva l'assessorato alla Sanità;
Mario Milone, vice sindaco di Palermo, ottiene l'assessorato al Territorio e Ambiente;
Nino Strano quello al Turismo.
A seguito della legge sulle incompatibilità. L’assessore Pippo Sorbello ha scelto di rimanere alla guida del Comune di Melilli, dimettendosi in mattinata da assessore.
Titti Bufardeci rimetterà la delega di vicepresidente, che Lombardo assegnerà alla prima riunione di giunta.

domenica 5 luglio 2009

Intercettazioni - Il governo sarà presente al Senato a sostenere ddl

Sul ddl intercettazioni non ci saranno "stop" da parte del governo che, in ogni caso, non ritiene il testo "immodificabile" visto che "nessuno aveva mai parlato di porre la fiducia al Senato" o di un "percorso a rotta di collo" a palazzo Madama. Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, in una dichiarazione all'ANSA, si dice "sorpreso" della ricostruzione fatta da un quotidiano dell'incontro avuto ieri con il Capo dello Stato.
"Per quanto ci riguarda - spiega il Guardasigilli - il governo sarà presente martedì al Senato a sostenere un ddl nel quale crede e che confida possa essere approvato in tempi rapidi e al contempo compatibili con le esigenze di approfondimento che la Commissione Giustizia e l'Aula del Senato riterranno opportune dopo che il testo è stato per un anno alla valutazione della Camera". Alfano si dice "sorpreso dalle ricostruzioni dell'incontro avuto ieri col presidente della Repubblica che parlano di stop o di blocchi improvvisi del ddl sulle intercettazioni. Smentisco chiaramente questa ricostruzione e offro la prova di quanto dico nel ricordare che la Commissione Giustizia del Senato tratterà così come era previsto il ddl sulle intercettazioni". Quell' iter era stato "già concordato e stabilito" e - aggiunge - "consegna ai senatori un testo lungamente meditato (per un anno!) dalla Camera ed anche da vari esponenti della nostra coalizione che lo hanno condiviso. Questo ci fa pensare che il nostro testo abbia un impianto robusto, ragionevole, e condiviso al punto che, quando è stato sottoposto alla Camera alla votazione segreta, ha ricevuto numerosi voti anche da parte di esponenti dell'opposizione". "Nessuno aveva mai parlato di porre la fiducia al Senato e dunque - sottolinea nella dichiarazione all'ANSA - non c'é alcuna novità in questo senso. Nessuno aveva mai parlato di immodificabilità del ddl ma sempre e solo di un impianto capace di essere sostenuto anche al Senato, che è un ramo del parlamento libero e sovrano sulla cui valutazione del nostro testo siamo fiduciosi. Nessuno aveva annunciato un percorso a rotta di collo o con l'acqua alla gola del ddl intercettazioni al Senato e dunque non c'é alcun ripensamento da comunicare o da annunciare". Quanto all'incontro avuto ieri con Napolitano, il ministro rileva che "né in questa circostanza né in altre il presidente della Repubblica ha mai espresso giudizi nel merito di singole norme in esame presso il Parlamento. Quanto letto oggi su un quotidiano - conclude - appartiene ad un modo di fare informazione che poco serve la verità e tanto invece il tentativo di condizionare il corso di eventi politici e legislativi ben chiari e sotto gli occhi di tutti".
Tratto da Ansa.it

Atto di citazione

Atto di citazione - Il processo di cognizione si articola in tre fasi: la fase d’introduzione, la fase di istruzione, la fase di decisione.
L'atto di citazione (domanda) è l'atto scritto, tipicamente e doppiamente recettizio con il quale un soggetto, l'attore, propone una domanda giudiziale, ovvero la citazione. L'atto ha la funzione duplice di convenire in giudizio il convenuto (vocatio in ius) e di chiedere ufficialmente al giudice la tutela di una data situazione ("editio actionis").
L’atto di citazione ha una duplice efficacia: efficacia processuale, con la quale attiva il processo di cognizione, ed efficacia sostanziale, dove attore e convenuto diventano parti del processo e acquistano una serie di poteri consequenziali all’atto di citazione.
I requisiti formali dell'atto di citazione sono stabiliti dall'art.163 c.p.c.:
1) l'indicazione del tribunale davanti al quale la domanda è proposta;
2) il nome, il cognome e la residenza dell'attore, del convenuto e delle persone che rispettivamente li rappresentano o assistono;
3) la determinazione della cosa oggetto della domanda;
4) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda;
5) l'indicazione dei mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi e dei documenti che offre in comunicazione;
6) il nome e il cognome del procuratore e l'indicazione della procura;
7) l'indicazione del giorno dell'udienza di comparizione.
Notificazione - L’atto di citazione produce i suoi effetti giuridici solo se notificato al destinatario, il quale assume la veste di convenuto. E’ un atto proprio dell’ufficiale giudiziario e avviene solo su istanza di parte o del pubblico ministero o del cancelliere.
La notificazione, prevista dall’art. 137 c.p.c., ha una funzione strumentale, quella di portare a conoscenza del destinatario un determinato atto.
È una attività che viene certificata dal pubblico ufficiale, il quale deve redigere una succinta relazione indicando il luogo, la data e la persona alla quale l’atto viene notificato.
La disciplina della notificazione è stabilita da una legge speciale ispirata al principio della congruità. La consegna dell’atto di notificazione (artt. 138 e 139 c.p.c.) deve essere effettuata nelle mani proprie del destinatario ed è possibile che venga fatta ad altre persone che diano affidamento di effettuare la consegna al destinatario.
Poiché la notificazione non ha equipollenti, la conoscenza dell’atto acquisita in modo diverso è ritenuto irrilevante. Pertanto la notificazione è valida solo quando viene effettuata nelle forme prescritte dalla legge.
Effetti della domanda - Una volta steso, l’atto di citazione deve essere consegnato dalla parte o dal procuratore all’ufficiale giudiziario, il quale lo notifica a norma degli artt. 137 e ss. c.p.c..
Solo se notificato l’atto di citazione produce effetti giuridici processuali e sostanziali:
· quelli processuali si riconducono alla litispendenza e fanno sì che la proposizione della domanda interrompa la prescrizione, che incomincerà nuovamente a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza (art. 2945 c.c.), ed impedisca il verificarsi delle decadenze;
· quelli sostanziali sono effetti marginali, riconducibili al fatto che la domanda non può essere accolta nel momento in cui è proposta ed il tempo per lo svolgimento del processo potrebbe svolgersi a danno di chi ha ragione. Gli effetti sostanziali si concretizzano nell’obbligo del possessore di buona fede di restituire i frutti percepiti dopo la proposizione della domanda, nell’obbligo del possessore convenuto in rivendicazione ex art. 948 c.c.;nell’opponibilità delle sentenze che accolgono domande relative a beni immobili di cui agli artt. 2652 e 2653 c.c..
Nullità della citazione - Ai sensi dell’art. 164 c.p.c., la citazione è nulla:
- se vi è omissione o incertezza assoluta sulla indicazione del giudice, sulla individuazione delle parti o sull’oggetto della domanda;
- se sia assegnato al convenuto un termine di comparizione inferiore a quello stabilito dalla legge;
- se è stata omessa l’indicazione della data dell’udienza di comparizione.
La legge 353/90 all’art.164 ha previsto due nuove ipotesi di nullità della citazione:
- l’omissione dell’avvertimento al convenuto delle decadenze;
- l’omissione dell’esposizione dei fatti.
Quanto alla sanatoria delle nullità, l’art. 164 c.p.c. distingue due ipotesi:
1) Quando la nullità colpisce la vocatio in ius: se il convenuto non si costituisce, il giudice dispone d’ufficio la rinnovazione della citazione; se invece si costituisce, i vizi della citazione sono ispo facto sanati.
2) Quando la nullità colpisce l’editio actionis: se il convenuto non si costituisce, il giudice fissa all’attore un termine perentorio per rinnovare la citazione; se invece si costituisce, il giudice fissa all’attore un termine perentorio per integrare la domanda.
Il D.L. 35/2005, conv. in L.80/2005, ha apportato una lieve innovazione riguardante l’art.164, ultimo comma, chiarendo che, in caso di integrazione della domanda, “il giudice fissa l’udienza ai sensi del secondo comma dell’art.183”.

Perpetuatio iurisdictionis

Perpetuatio iurisdictionis - Con L. n. 353/90 il Legislatore ha novellato l’articolo 5 del c.p.c. estendendo la perpetuatio iurisdictionis ai mutamenti della “legge vigente”, oltre che - come in precedenza – alle variazioni dello “stato di fatto” esistente al momento della proposizione della domanda.
In base all’istituto della perpetuatio iurisdictionis la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda. Ciò si sostanzia nell’esigenza che il processo, incardinato avanti a colui che è – all’atto della proposizione della domanda – il Giudice competente a conoscere la controversia, permanga nella cognizione di quel Giudice malgrado l’eventuale sopravvenienza di elementi, fattuali o giuridici, atti ad influire sullo ius dicere del Magistrato adìto. La garanzia della perpetuatio jurisdictionis, per un primo verso, non può non ritenersi manifestazione del principio (garantistico) d’irretroattività della legge e della necessità di esonerare le parti dalle variazioni di competenza e/o giurisdizione sopravvenute al processo. Sicché sono irrilevanti, ai fini della prosecuzione del giudizio, le variazioni di fatto o di diritto.

La Revocazione

Caratteri e Funzioni - La revocazione (ex art.395 c.p.c.) è un mezzo di impugnazione a carattere eccezionale, che può aggiungersi o sovrapporsi alla normale serie di impugnazioni (appello o ricorso per cassazione), in quanto talune circostanze possono aver deviato un giudizio in modo così radicale da lasciar presumere che l’eliminazione della turbativa del giudizio, possa mutare l’orientamento del giudice.
I provvedimenti impugnabili con questo mezzo sono le sentenze pronunciate in grado d’appello o in sede di rinvio, in possibile concorrenza col ricorso per cassazione (art.398, 4 comma), e le sentenze di primo grado, nei cui confronti siano scaduti i termini per l’appello, ma limitatamente a determinati casi.
L’art. 395 c.p.c. individua due tipi di revocazione: la revocazione di carattere ordinario e la revocazione di carattere straordinario. La prima è esperibile in presenza di determinati vizi, immediatamente verificabili in sentenza ed è assoggettata ai termini ordinari di impugnazione e non è più esperibile con il passaggio in giudicato della sentenza; mentre la seconda è esperibile nel caso in cui si verifichino eventi eccezionali che legittimano l’utilizzo di questo strumento anche se la sentenza è passata in giudicato.
L’istanza di revocazione deve essere proposta allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e si presenta con la forma dell’atto di citazione.
La pronuncia del giudice può essere d’inammissibilità o di rigetto della domanda per infondatezza dei motivi, oppure essere favorevole all’impugnante e contenere la revocazione della sentenza impugnata.
Motivi o Casi - La revocazione (ex art.395 c.p.c.) è un mezzo di impugnazione a carattere eccezionale.
La revocazione ad istanza di parte è un mezzo di impugnazione limitato, in quanto la legge stabilisce a priori, ex art.395 c.p.c., i motivi per cui essa può essere proposta.
La revocazione presenta una netta distinzione tra fase rescindente, che mira a togliere di mezzo la sentenza impugnata, e fase rescissoria che mira a sostituire la decisione revocata con un'altra decisione di merito. Entrambe queste fasi sono affidate al medesimo giudice, confluendo anche nella medesima sentenza. Dall'esame dei motivi e della identificazione dei provvedimenti impugnabili si deduce che la causa che ne determina l'ingiustizia è esterna al processo o al procedimento logico-giuridico di formazione della sentenza.
Le sentenze impugnabili per revocazione sono:
· Quelle pronunciate in grado diappello o in unico grado
· Le sentenze di primo grado, a condizione che sia scaduto il termine per l'appello e limitatamente ai motivi indicati ex art.395 c.p.c. n° 1,2,3,6, sempre che le circostanze che ne determinino la revocazione siano state scoperte dopo la scadenza del termine.
I motivi sono espressamente indicati nell'art 395 c.p.c. e sono:
1. Dolo di una parte a danno dell'altra. Per dolo intendiamo gli artefici o i raggiri posti in essere da una parte per paralizzare ovvero menomare fortemente la difesa avversaria. Sempre che tali artefici o raggiri siano stati e determinanti sulla decisione della lite, impedendo alla controparte di difendersi ma altresì al giudice di percepirne l'esatta realtà processuale con susseguente ingiustizia della sentenza.
2. Prove riconosciute o dichiarate false dopo la sentenza, o che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate false prima di esse
3. Ritrovamento dopo la sentenza di documenti decisivi, che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario
4. Errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione viene a fondarsi sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa oppure è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita.
5. Contrasto della sentenza con altra precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione. Si tratta del c.d. giudicato esterno, il quale opera solo su eccezione di parte. Ovviamente tale contrasto deve investire due sentenze provviste di autorità di cosa giudicata materiale ex art.2909 c.c. pronunciate tra le stesse parti e sullo stesso oggetto.
6. Sentenza è effetto del dolo del giudice con sentenza passata in giudicato. In questo caso c’è un comportamento fraudolento da parte del giudice e non delle parti.
Nell'ambito dei motivi è inoltre importante la distinzione tra i nn.1,2,3,6 ed i nn. 4,5 del predetto articolo in quanto il primo gruppo di motivi, che vengono usualmente definiti come straordinari (revocazione straordinaria), si basa su circostanze che posso essere scoperte in qualunque momento ed il termine inizia a decorrere a norma del all'326 c.p.c dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o la falsità o è stato recuperato il documento. Al secondo gruppo di motivi, quelli ordinari, (revocazione ordinaria) appartengono quelle circostanze conoscibili dalla semplice lettura della sentenza e quindi il termine ha decorso dalla notificazione o dalla pubblicazione della stesa.
Legittimati ad impugnare sono solo le parti nei riguardi delle quali è stata emessa la sentenza.
Revocazione ad istanza del P.M. (art. 397 c.p.c.) - A norma dell'art. 397 cpc la revocazione della sentenza può inoltre essere richesta dal P.M. in due singoli casi ed a condizione che si tratti di cause in cui la legge prevede il suo intervento obbligatorio.
1. quando la sentenza sia stata pronunciata senza che egli sia stato sentito
2. quando la sentenza sia l'effetto della collusione posta in opera dalle parti per frodare la legge
Il termine per proporla decorre dalla data in cui l'organo abbia avuto conoscenza della sentenza o della collusione ed il termine è di 30 giorni. È opportuno ricordare che quando il P.M. ha il potere di azione egli ha la facoltà di proporre come ogni altra parte in giudizio qualsiasi impugnazione, quindi anche la revocazione per tutti i motivi previsti ex art.395 cpc
Revocazione ed opposizione di terzi - La revocazione (ex art.395 c.p.c.) è un mezzo di impugnazione a carattere eccezionale, che può aggiungersi o sovrapporsi alla normale serie di impugnazioni, in quanto talune circostanze possono aver deviato un giudizio in modo così radicale da lasciar presumere che l’eliminazione della turbativa del giudizio, possa mutare l’orientamento del giudice. La revocazione può essere di carattere ordinario o di carattere straordinario. La prima è esperibile in presenza di determinati vizi, immediatamente verificabili in sentenza ed è assoggettata ai termini ordinari di impugnazione e non è più esperibile con il passaggio in giudicato della sentenza; mentre la seconda è esperibile nel caso in cui si verifichino eventi eccezionali che legittimano l’utilizzo di questo strumento anche se la sentenza è passata in giudicato.
L'opposizione di terzo (ex art.404 c.p.c.) è un mezzo di impugnazione a carattere straordinario, che può essere esperito da chi non ha partecipato al giudizio precedente. Anche questo mezzo di impugnazione si articola in due tipologie distinte:
· Opposizione di terzo ordinaria
· Opposizione di terzo revocatoria
La prima tipologia di opposizione di terzo è quella concessa ai terzi che siano titolari di un diritto incompatibile con quello dichiarato in sentenza. Affinché il terzo possa proporre l’impugnazione è necessario che la sentenza produca effetti direttamente nella sua sfera giuridica.
La seconda tipologia è quella che prevede che gli aventi causa o i creditori di una delle parti possano fare opposizione alla sentenza, quando questa è l'effetto di dolo o collusione a loro danno. Legittimati a proporre opposizione di terzo revocatoria sono quindi gli aventi causa e i creditori.

Il procedimento legislativo e le sue fasi

E' noto che il potere legislativo è identificato con il parlamento, ed infatti lo art. 70 Cost. afferma che la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due camere. Le leggi ordinarie emanate dal parlamento nella gerarchia delle fonti sono subordinate solo alle leggi costituzionali (e quindi esse come tali sono inidonee a riformare la costituzione, anche se è lo stesso parlamento a potere modificare la costituzione con opportuno procedimento distinto da quello di emanazione delle leggi ordinarie). In ogni caso ha dunque anche la c.d. competenza delle competenze ed è detto allora organo sovrano. Ne consegue che deroghe alla competenza legislativa del parlamento possono essere previste solo da leggi costituzionali.
Tuttavia in determinati casi il ricorso alla legge ordinaria emanata dal parlamento per la disciplina di una determinata materia è esplicitamente previsto e obbligatorio per la Costituzione. Si tratta delle materie in cui sussiste una riserva di legge, che può essere:
· assoluta: tutta la normativa della materia deve risultare da legge, es. la previsione di un fatto come reato.
· relativa: quando si consente che la legge stabilisca solo i principi fondamentali e si permette che altra normativa di dettaglio sia attuata tramite regolamento o atto sublegislativo.
I FASE: INIZIATIVA LEGISLATIVA
Il potere di iniziativa legislativa si esplica nella presentazione di un disegno di legge redatto in articoli ad una delle due camere del parlamento avente la conseguenza di attivare il procedimento legislativo.
Si discute se il titolare dell'iniziativa abbia la pretesa di vedere la sua proposta oggetto di una deliberazione a carattere definitivo. La risposta è certo positiva anche se nella pratica, per vari motivi e non solo per la mole di lavoro parlamentare, vengono attuate varie tecniche di insabbiamento costituzionalmente scorrette che vanificano tale pretesa.
Titolari del potere di iniziativa legislativa sono (art. 71, 99, 121 Cost):
- il governo (l'esecutivo senza tale potere non potrebbe attuare il suo programma politico)
- i membri delle camere
- il popolo (mediante la proposta da parte di almeno 50.000 elettori di un progetto redatto in articoli)
- il consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (ovviamente con il limite delle materie di ec. e lav.)
- i consigli regionali, nelle materie di interesse regionale.
II FASE DELL'ESAME O DISCUSSIONE
Una volta presentato il progetto di legge ad uno dei rami del parlamento il presidente della camera cui sia stato presentato lo assegna alla commissione competente per materia in modo che possa riferire all'assemblea dopo un esame preliminare (la commissione si riunisce in sede referente).
- Non possono però essere assegnati alle commissioni progetti di legge che riproducono sostanzialmente il contenuto di progetti in precedenza respinti se non siano trascorsi 6 mesi dalla data della reiezione.
- Oltre al parere della commissione competente può essere facoltativamente richiesto l'esame di un'altra commissione.
- Sempre e obbligatoriamente l'esame spetta anche alla commissione bilancio e programmazione qualora il progetto di legge preveda entrate o spese.
Le commissioni, dopo l'esame, nominano un relatore per riferire alla assemblea ed eventualmente un comitato o sottocommissione per sostenere la discussione.
I gruppi dissenzienti possono designare anche propri relatori di minoranza. La discussione in assemblea verte sia sulle linee generali che sui singoli articoli.
La discussione può portare verso tre direzioni:
1. approvazione
2. rigetto
3. approvazione con emendamenti
Emendamento è ogni modifica del testo di un disegno di legge, e potere di emendamento è il potere di modificare il testo mediante l'approvazione di una proposta di emendamento.
L'emendamento in qualità di parziale modifica di un disegno di legge non può essere totale e imponente una regolamentazione opposta.
Gli emendamenti si distinguono in:
- soppressivi, aggiuntivi e sostitutivi, dal punto di vista sostanziale;
- divisivi, riunitivi e traspositivi, dal punto di vista formale.
Lo stesso emendamento può essere suscettibile di subemendamento.
In sede di discussione possono sorgere vari problemi (per es. proposizione di emendamenti già respinti) sull'ammissibilità degli emendamenti, e a riguardo compito delicato di decisione spetta al presidente della camera.
Il progetto di legge approvato da una camera viene trasmesso all'altra dov'è sottoposto al medesima iter procedurale al fine di pervenire ad un approvazione nell'identico testo. Qualora si abbia una approvazione anche parzialmente difforme il progetto viene ritrasmesso alla prima camera che lo ha approvato e fin che non venga approvato nel medesimo testo da entrambe le camere fa la spola da una all'altra (si dice fa da navetta con il rischio che non si pervenga ad una approvazione entro la fine della legislatura con effetto ghigliottina. Il che descrive una tecnica di insabbiamento verificantesi qualora la maggioranza non voglia assumersi la responsabilità politica di un esplicito rigetto).
III FASE COSTITUTIVA
Con la approvazione del medesimo progetto da parte di entrambe le camere si forma la volontà legislativa del parlamento. Per le deliberazioni di approvazione è sufficiente una maggioranza semplice (la maggioranza dei presenti, da qui il valore dell'astensione).
Sistemi di votazione parlamentare:
1. a scrutinio palese : a) per alzata di mano, b) per divisione nell'aula, c) per appello nominale, d) con procedimento elettronico.
2. a scrutinio segreto : a) a mezzo di palline b/n, b)con deposito di scheda, c) con procedimento elettronico.
IV FASI DI INTEGRAZIONE DELL'EFFICACIA DELL'ATTO LEGISLATIVO
Perché la volontà legislativa sia accertata e produca effetti giuridici occorre la promulgazione e la pubblicazione della legge ai sensi art. 73 e 74 Cost.
Con la promulgazione il Capo dello Stato attesta solennemente che la legge è stata approvata con regolare procedimento e la rende esecutoria.
Promulgazione di una legge.
Costituisce la fase di integrazione dell’efficacia dell’atto legislativo
Perché la volontà legislativa sia accertata e produca effetti giuridici occorre la promulgazione e la pubblicazione della legge ai sensi art. 73 e 74 Cost.
Con la promulgazione il Capo dello Stato attesta solennemente che la legge è stata approvata con regolare procedimento e la rende esecutoria.
Con la pubblicazione della legge nella gazzetta ufficiale si consente la conoscenza o meglio la presunzione di conoscenza (non potrà essere addotta la ignoranza della legge, a meno che, come sancito in tema di legge penale dalla Corte Costituzionale (1988) il suo contenuto non sia di complessa individuazione da parte dei destinatari).
La legge entra in vigore dopo un periodo di vacatio legis dalla data di pubblicazione di solito di 15 giorni (art. 73 Cost.)
L'atto di promulgazione non ha natura legislativa e quindi la promulgazione (salvo la limitata facoltà di rinvio ex art. 74 Cost.) è atto dovuto a meno che la promulgazione non costituisca un caso limite di attentato alla costituzione. Il Capo dello Stato può anche rinviare la legge al Parlamento,secondo l'art. 74, con un messaggio contenete le proprie ragioni per tale decisione,ma se il Parlamento ripresenta legge questa volta deve essere promulgata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Questo rinvio è comunque l'unico strumento che ha il Capo dello Stato per interporsi nel procedimento legislativo

Il principio di sussidiarietà ed i servizi erogati dalla P.A.

Il principio di sussidiarietà è espressamente menzionato dalla Costituzione in riferimento alle funzioni amministrative (art. 118) e all’esercizio del potere sostitutivo statale (art. 120). Ha però una portata molto più ampia: riguarda, infatti, non solo la funzione amministrativa, ma anche quella ‘normativa’, di carattere amministrativo e legislativo. Quindi incide anche sul sistema delle fonti, più precisamente, sulla ripartizione della potestà normativa tra le molteplici istituzioni che costituiscono la Repubblica ai sensi dell’art. 114 della Costituzione
Il principio di sussidiarietà può quindi essere visto sotto un duplice aspetto:
- in senso verticale riguarda la ripartizione di competenze tra centro e periferia e oggi vige la regola di far operare il soggetto giuridico più vicino all'ambito preso in esame. In sostanza deve agire normalmente, il livello di governo "inferiore", più vicino ai cittadini. Con la riforma del titolo V della Costituzione operata con la legge 3/2001, la ripartizione gerarchica delle competenze è stata spostata verso gli enti più prossimi al cittadino e, pertanto, più vicini ai bisogni del territorio. Infatti l'art. 118 Cost. nella nuova formulazione affida le funzioni amministrative ai comuni essendo operativo, di norma, il livello piu' basso di governo, salvo che la necessità di un esercizio unitario, porti alla loro attribuzioni a province, città metropolitane, regioni, Stato secondo criteri di adeguatezzan, sussidiarietà, differenziazione
- in senso orizzontale è invece relativa ai rapporti tra pubblici poteri e organizzazioni sociali,.: il cittadino, sia come singolo che attraverso i corpi intermedi, deve avere la possibilità di cooperare con le istituzioni nel definire gli interventi che incidano sulle realtà sociali a lui più prossime. Alla sussidiarietà orizzontale richiama il comma 3 dell’art. 118 Cost. dopo la riforma operata con la legge 3/2001 quando afferma che gli enti locali e lo Stato incentivano l'azione autonoma dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale.
- Art. 117 Cost., Materia esclusive e materie concorrenti...;
Modifiche costituzionali apportate dalla legge n.3/2001(Modifiche del Titolo V della Costituzione)
La riforma del titolo V della Costituzione, di cui alla legge costituzionale 3/2001, ha strutturalmente modificato l’ordinamento della Repubblica.
Tale riforma attua una profonda separazione tra funzioni legislative e funzioni amministrative: la prima appartiene paritariamente allo Stato ed alle regioni (art. 117 comma 1) mentre la seconda, regolata dalla combinazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, sperra in primo luogo ai Comuni.
Col nuovo art. 117 della Costituzione, risulta infatti profondamente modificato il riparto del potere legislativo tra Stato e Regioni. si è sostanzialmente modificato il riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni a statuto ordinario in quanto, mentre con l’abrogato art. 117 erano elencate le materie per le quali la potestà legislativa competeva alle regioni, il nuovo articolo 117 contiene un elenco delle materie riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ed un elenco delle materie riservate alla potestà legislativa concorrente Stato - Regioni. Pertanto la competenza legislativa è correlata a materie di esclusiva pertinenza statale; a materie riservate alla competenza legislativa concorrente e, per quanto non espressamente elencato, (quindi per esclusione) a materie di esclusiva competenza regionale. Il nuovo art. 117 ha inteso equiparare pienamente le Regioni e lo Stato sul piano delle “funzioni” legislative, essendo la differenza del potere legislativo tra i due Enti non più basata su un concetto quasi gerarchico ma, invero, su due distinti livelli di competenze sulle materie, di pari rango. Ne deriva che sui rapporti tra legge statale e legge regionale, le due categorie di norme hanno pari “dignità” e svolgono allo stesso titolo il pieno esercizio del potere legislativo della Repubblica
Il potere regolamentare alla luce della riforma della Legge 3/2001
Il nuovo art. 117 è innovativo rispetto al precedente in quanto conferisce alla competenza regolamentare valore di rango costituzionale.
Infatti:
- lo Stato esercita il potere regolamentare nelle materie di sua esclusiva competenza legislativa e può delegare alle Regioni l'esercizio del potere regolamentare;
- le Regioni esercitano il potere regolamentare in ogni altra materia non assegnata alla competenza dello Stato;
- agli enti locali (Province e Comuni) spetta la potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni amministrative ad essi demandate.
L'art. 118 della Cost. It., modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, esplicita il principio di sussidiarietà: «le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà».
Giuridicamente la sussidiarietà si pone in relazione diretta e derivata con il decentramento riconosciuto nei principi fondamentali della Cost.It. all'art.5. In sostanza si stabilisce una "efficace sinergia" tra corpo sociale e Stato: da una parte le comunità locali si organizzano nel rispetto dei modelli culturali tradizionali e dall'altra lo Stato può risparmiare sui servizi migliorandoli. La sussidiarietà si potrebbe pertanto riassumere con "più governo e meno gestione da parte dello Stato".
Tuttavia la sussidiarietà non può essere intesa sono in senso verticale, con una ripartizione delle competenze sulla base del decentramento, ma anche in senso orizzontale, riconoscendo l'auto-organizzazione e l'autonomia degli enti intermedi. Il principio di sussidiarietà così inteso è indispensabile per il rinnovamento della PA e può rappresentare il trait d'union tra decentramento e federalismo.
La sussidiarietà orizzontale valorizza la PA e si pone in alternativa all'esternalizzazione (quindi outsourcing) dei servizi pubblici. In questo senso possiamo fare riferimento alla Legge n.4 del 2004, nota come Legge Stanca, e al Decreto Ministeriale 8 luglio 2005 relativi all'accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici. I siti pubblici hanno l'obbligo di dotarsi di una certificazione a garanzia dell'accessibilità delle informazioni fornite ai cittadini disabili. I soggetti privati hanno invece la facoltà di conformarsi agli standard tecnici stabiliti dal CNIPA dopo aver ascoltato i soggetti maggiormente rappresentativi dei disabili stessi.
Questa sussidiarietà orizzontale verrebbe perduta qualora la certificazione venga rilasciata da valutatori privati, anche se dovessero rispondere ai requisiti definiti ed accertati dal soggetto pubblico. Con la sussidiarietà orizzontale è infatti riconosciuta la capacità dei privati di usare gli standard definiti a livello pubblico: l'attività pubblica deve essere quella che gestisce le regole. Al cittadino non può che restare sempre il ruolo essenziale per la verifica della qualità del servizio erogato.

Diritto Pubblico - Il governo e le sue funzioni.

Il governo è l'organo costituzionale al vertice del potere esecutivo con finalità di direzione politica e di cura degli interessi concreti dello stato. Per tali finalità ha attribuzioni sia di carattere politico che amministrativo senza alcuna subordinazione nei confronti degli altri organi statali.
Il governo è, quindi, quel complesso di organi cui è affidata la funzione d'individuare e tradurre in concreti programmi d'azione l'indirizzo politico espresso dal corpo elettorale (prima) e dal Parlamento (poi) e di curare l'attuazione di tali programmi in tutti i modi in cui essa sia configurabile.
II Governo è un organo costituzionale complesso, in quanto costituito al suo interno da più organi con competenze autonome. Alcuni di tali organi sono espressamente previsti dalla Costituzione (Consiglio dei Ministri, Ministri, Presidente del Consiglio), altri, invece non lo sono e sono disciplinati da legge ordinaria (Sottosegretari, Comitati interministeriali).
Il Governo ha funzioni:
- politiche: in quanto partecipa della direzione politica del paese, nell'ambito dell'indirizzo indicato dalla maggioranza parlamentare;
- legislative: esso, infatti, può emanare norme giuridiche mediante atti aventi forza di legge ex arti. 76 e 77 Cost. (decreti legislativi e decreti legge);
- esecutive (o amministrative lato senso): in quanto è al vertice del potere esecutivo, e ai singoli ministeri fanno capo tutti i settori amministrativi dello Stato; inoltre spetta al Governo la cd. funzione di "alta amministrazione;
- di controllo: tale funzione viene esercitata sull'attività di tutti gli organi amministrativi centrali anche se adesso con minor incisività che in passato.
Formazione e vicende del governo
La formazione di un nuovo governo nasce dalla crisi del governo in carica.
Si apre la crisi quando il governo perde la fiducia del parlamento e non è più in grado di funzionare normalmente. Si parla di crisi parlamentare quando vi è una esplicita mozione di sfiducia delle camere (art. 94 Cost.) o anche tacita. In genere il governo preferisce presentare subito le dimissioni qualora si renda conto della mancanza della maggioranza. Ma si parla anche di crisi extraparlamentare quando la attività del governo si paralizza a causa di un evento straordinario e accidentale che provoca le dimissioni spontanee dell'esecutivo (es. manifestazioni di piazza contrarie o orientamento della opinione pubblica).
Con la crisi il governo presenta le dimissioni tramite il presidente del consiglio al presidente della repubblica (obbligatorie nel caso di voto di sfiducia).
Questi le accetta con riserva poiché
(1) accerta la possibilità di formare una nuova compagine ministeriale,
(2) se ciò non è possibile:
a) qualora le dimissioni non siano obbligatorie può invitare il governo dimissionario a chiedere un ulteriore voto di fiducia,
b) altrimenti non rimane che procedere allo scioglimento delle camere e indire nuove elezioni politiche.
Comunque il governo, presentate le dimissioni resta in carica per la cosiddetta ordinaria amministrazione e per i provvedimenti eccedenti in caso di necessità o urgenza.
Il presidente della repubblica inizia i suoi interventi per la soluzione della crisi con le consultazioni, ossia dando udienza (si tratta di prassi consolidata) ai presidenti in carica delle camere del parlamento, agli ex presidenti dell'assemblea costituente e delle camere, agli ex presidenti della repubblica, agli ex presidenti del consiglio, ai presidenti dei gruppi parlamentari e ai capi dei partiti politici. Tutto ciò al fine di accertare la possibilità di conferire con successo l'incarico di formare un nuovo governo ad una persona con un programma che possa avere la fiducia.
Il capo dello stato terminate le consultazioni, se queste fanno intravvederne la possibilità, conferisce l'incarico di formare il nuovo governo ad una personalità politica che lo accetta di regola con riserva. Il presidente del consiglio incaricato (in realtà per il momento rimane un solo presidente del consiglio, quello dimissionario) procede a sua volta a consultazioni e sondaggi e se trova accordo fra le forze politiche di maggioranza sul programma e la composizione del governo scioglie la riserva e sottopone al capo dello stato la lista dei ministri del nuovo gabinetto.
Ai sensi dello art. 92 Cost. il presidente della repubblica nomina il presidente del consiglio dei ministri e su proposta di questo i ministri, e tutti prestano giuramento ai sensi art. 93 Cost. nelle mani del presidente della repubblica. Il nuovo governo si è così insediato al posto del vecchio ma in virtù del rapporto fiduciario ex art. 94 Cost. dovrà entro 10 giorni dalla sua formazione presentarsi alle camere per ottenere la fiducia sulla base del programma esposto dal presidente del consiglio. Nell'intervallo fra l'insediamento e la fiducia, al pari del governo dimissionario e in sua sostituzione, è competente per la ordinaria amministrazione e solo per necessità ed urgenza per l'eccedente.
E' possibile che la personalità incaricata alla formazione del governo rinunci all'incarico. Il presidente potrà conferirlo ad un altra o altrimenti prendere atto della necessità di elezioni.
- Non può indire le elezioni se è agli ultimi mesi del suo mandato perché ciò potrebbe essere fatto per favorire la propria rielezione (art. 88 Cost.: c.d. semestre bianco).
Le attribuzioni governative
Il governo per realizzare le sue finalità connesse all’approvazione del suo programma politico da parte del parlamento, si avvale di una serie di attribuzioni che sono:
1. competenze di indirizzo politico come ad esempio l'approvazione dei disegni di legge d'iniziativa del governo, l'approvazione dei bilanci per la loro presentazione al parlamento, le proposte di scioglimento dei consigli regionali, l'impugnativa delle leggi regionali davanti alla corte costituzionale o davanti al parlamento per contrasto di interessi, le deliberazioni in tema di trattati internazionali e di politica estera.
2. competenze amministrative normalmente attribuite ai ministri eccetto quelle di cosiddetta alta amministrazione per la loro importanza politica che vengono devolute al consiglio dei ministri (es. nomina di ambasciatori, prefetti, consiglieri di stato o della corte dei conti). Ma sono anche di alta amministrazione le deliberazioni compiute dai comitati interministeriali.
3. competenze normative che possono essere a livello legislativo o subordinato alle leggi ordinarie del parlamento. Si avranno in generale decreti presidenziali formalmente emanati dal p.d.r. anche se il contenuto è deliberato dal consiglio dei ministri o dai singoli ministri e sottoposti a registrazione da parte della corte dei conti, decreti ministeriali o interministeriali emanati dai ministri.
Competenze legislative (normative) del governo
l'art. 70 Cost. attribuisce l'esercizio della funzione legislativa collettivamente alle due camere ma in determinati casi, in deroga a ciò, agli art. 76 e 77 Cost. si prevede che il governo possa porre in essere decreti aventi forza di legge ordinaria attraverso pur sempre un controllo parlamentare ex ante o ex post.
Si distinguono:
· DECRETI LEGISLATIVI O LEGGI DELEGATE che possono definirsi ordinanze giuridiche aventi efficacia di legge formale emanate dal governo in base ad una delega del parlamento nei limiti stabiliti dall'art. 76 Cost.
· DECRETi LEGGE O ORDINANZe DI NECESSITA'
Ai sensi dell'art. 77 Cost. il governo, in caso di necessità o di urgenza, adotta sotto sua responsabilità provvedimenti provvisori aventi forza di legge che devono essere presentati alle camere il giorno stesso per la loro conversione in legge. A tale fine le camere vengono convocate e si riuniscono entro 5 giorni (anche se sciolte). I decreti legge perdono efficacia ex tunc, fin dal momento della loro entrata in vigore, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla pubblicazione
DECRETI LEGISLATIVI O LEGGI DELEGATE che possono definirsi ordinanze giuridiche aventi efficacia di legge formale emanate dal governo in base ad una delega del parlamento nei limiti stabiliti dall'art. 76 Cost.
La delega del parlamento è conferita con legge formale ordinaria che conferisce la competenza al consiglio dei ministri.
Lo art. 76 Cost. pone limiti all'esercizio della potestà delegata: a)temporali, deve essere fissato nella legge di delega il termine entro il quale la legge delegata può essere emanata. Ai sensi della l. n.400/88 se il termine finale eccede i due anni il governo deve chiedere il parere delle camere sugli schemi dei decreti delegati; b)di competenza, salvo l'eccezione prevista all'art. 79 Cost. (amnistia e indulto) la legislazione delegata può essere esercitata unicamente dal governo; c)di contenuto, l'oggetto della delegazione deve essere specificamente determinato nella legge di delega; d)di finalità, occorrendo che nella legge di delega siano specificate le linee e i principi generali che debbono guidare il governo nel disciplinare la materia oggetto di delegazione; e)formali, perché i decreti legislativi sono emanati con decreto del presidente della repubblica. Al pari delle leggi del parlamento è inserito nella raccolta ufficiale di esse e pubblicato ai fini della entrata in vigore nella gazzetta ufficiale.
Il motivo per cui si ricorre al decreto legislativo è evidentemente quello di legiferare con rapidità. Vi si ricorre in genere per es. in materia di predisposizione di codici per determinate materie e per la redazione di testi unici.
IL DECRETO LEGGE O ORDINANZA DI NECESSITA'
Ai sensi dell'art. 77 Cost. il governo, in caso di necessità o di urgenza, adotta sotto sua responsabilità provvedimenti provvisori aventi forza di legge che devono essere presentati alle camere il giorno stesso per la loro conversione in legge. A tale fine le camere vengono convocate e si riuniscono entro 5 giorni (anche se sciolte). I decreti legge perdono efficacia ex tunc, fin dal momento della loro entrata in vigore, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla pubblicazione. A tutela dei cittadini evidentemente le camere possono regolare con legge e rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.
Il decreto legge è deliberato dal consiglio dei ministri ed emanato dal capo dello stato e deve inoltre contenere la indicazione della necessità e della urgenza che lo hanno causato e la clausola della presentazione al parlamento per la conversione in legge.