venerdì 3 luglio 2009

Repubblica Federale "La Carta delle Autonomie".

Una riforma dell'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è prossima e certo necessaria. L'auspicio è che vi si arrivi evitando le improvvisazioni e i classici errori che il nostro legislatore commette quando affronta i grandi temi della pubblica amministrazione, e cioè quella di ignorare il contesto internazionale.
Esaminando le norme in tema di ordinamento finanziario e contabile degli Enti Locali ovverosia dei Comuni, delle Provincie, e delle Città Metropolitane. Questi enti territoriali sono rappresentativi delle loro comunità di riferimento e ne curano gli interessi, sono preposti all'esercizio di funzioni pubbliche e ne è doveroso un sistema normativo che assicuri una gestione, che non sia corretta soltanto dal punto di vista della legalità ma, secondo una lettura obbligata dell'art. 97 della Costituzione, anche efficiente, efficace ed economica in attuazione del principio di buon andamento. Questo poiché la legittimità non è l'unico principio rilevante in materia, è necessario che sia assicurata anche una gestione delle risorse pubbliche proficua, che assicuri il raggiungimento degli obiettivi dell'azione dei pubblici poteri e che a tale raggiungimento si pervenga con il minore dispendio di risorse pubbliche possibili. Invero, come vedremo, tale ultimo principio è stato oggetto di valorizzazione solo a partire dalle riforme avvenute negli ultimi dieci anni del secolo scorso. La materia dell' ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è stata infatti destinataria negli ultimi venti anni di un percorso impetuoso di modifiche e riforme. La riforma ha inizio con la legge 8 giugno 1990 , n.142.
Inoltre, a seguito delle riforme che hanno avuto come destinatarie la generalità delle Pubbliche amministrazioni con il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni, si è imposta l'esigenza di un adeguamento dell'ordinamento finanziario e contabile ed in particolar modo della struttura dei documenti contabili degli enti locali avvenuta con il decreto legislativo 25 febbraio 95, n. 77, che ha introdotto importanti novità nel sistema contabile degli Enti Locali che sono state poi applicate con successivi atti normativi anche allo Stato e alle Regioni. Le norme della legge 142/90 e del decreto legislativo 77/95 oggetto di numerose modificazioni sono poi state trasfuse, non senza ulteriori modifiche, nel c.d. Testo Unico degli Enti Locali, decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Gli Enti Locali hanno inoltre conosciuto nel nostro ordinamento un'evoluzione importantissima sempre negli ultimi venti anni, tesa ad una valorizzazione della loro autonomia. Prima mediante interventi a livello di fonti legislative e poi a livello costituzionale, nel 2001, mediante la riforma del Titolo V della Costituzione con la legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3.
A seguito di tale riforma il Comune ex art. 118 Cost. è divenuto l'ente territoriale destinatario dell'attribuzione della generalità delle funzioni amministrative, salvo che per assicurarne l'esercizio unitario non sia necessario attribuire una funzione al livello di governo superiore quale appunto la Città metropolitana, la Provincia, la Regione, lo Stato e nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza. E' quindi lampante la valorizzazione del Comune che, in applicazione del principio di sussidiarietà declinato in senso verticale essendo l'ente territoriale più “vicino” al cittadino, diviene l'ente titolare della generalità delle competenze amministrative fatte salve le eccezioni di cui sopra. Tale valorizzazione dell'autonomia degli enti territoriali cui fa riscontro un aumento delle funzioni amministrative da essi esercitati, comporta inevitabilmente un necessario incremento delle risorse finanziarie di tali enti con un notevole aumento dell'importanza, già invero prioritaria, della disciplina finalizzata alla corretta gestione di tali risorse finanziarie e ad un loro impiego efficiente, efficace e rispettoso del principio di economicità. L'aumento delle risorse finanziarie che farà quindi seguito a questo aumento di funzioni amministrative che vengono svolte dagli enti locali, e in particolar modo dai comuni, imporrà ancora di più la massima attenzione del legislatore nel disciplinare la materia, così come imporrà agli amministratori locali il massimo rispetto di tali norme e agli organi di controllo interno e alla Corte dei Conti la verifica dell'effettività delle norme poste dal legislatore.
L'aumento di risorse finanziarie di cui saranno destinatari gli enti locali andrà inoltre a moltiplicare l'attenzione sulla necessaria virtuosità della loro gestione contabile in ragione dei vincoli imposti alla Repubblica Italiana dalla partecipazione all'Unione Europea, in quanto l'equilibrio finanziario degli enti locali inciderà sicuramente più che in passato sui parametri che la Repubblica Italiana è chiamata a rispettare nell'ambito del Patto di Stabilità e di Crescita.
Non è superfluo aggiungere la possibile accentuazione dell'importanza del ruolo dell'ente locale sul sistema economico nazionale mediante l'utilizzo di politiche anticicliche, tese alla stabilizzazione del ciclo economico; mediante aumento di spesa pubblica nelle fasi di contrazione dell'attività economica e mediante la riduzione della stessa in funzione anti inflazionistica in momenti di maggiore espansione economica ed aumento di inflazione.
L’adozione di una «legge fondamentale» per gli enti locali rileva sul piano tanto costituzionale quanto istituzionale.
Sul piano costituzionale essa costituisce il primo atto con cui si riavvia il processo di attuazione della riforma del Titolo V, -nella quale il novellato art. 114 della Costituzione ha elevato l’autonomia al ruolo di principio organizzatore di tutto l’ordinamento repubblicano -, ed in particolare permette di concretizzare le libertà comunali, ovvero i nuovi spazi che sono stati riconosciuti alle autonomie locali. Si tratta di un processo che poggia sui principi di equiordinazione, sussidiarietà e leale collaborazione.
Sul piano istituzionale la riforma del Titolo V ha segnato il pieno e consapevole affermarsi dei principi del pluralismo e della diffusione dei poteri, direttive già contenute nell’art. 5 della Costituzione. All’ordinamento statocentrico deve subentrare un sistema plurale e democratico nel quale le pubbliche funzioni si distribuiscono in una pluralità di soggetti comunitari, e nel quale si nutre di nuova linfa la partecipazione delle formazioni sociali alla vita pubblica.
Da queste considerazioni emerge il carattere sistemico e complesso che deve rivestire l’intervento legislativo diretto a definire il nuovo assetto degli enti locali. Esso deve essere coerente non solo con la definizione complessiva del sistema amministrativo ed in particolare dell’amministrazione statale, ma anche con la rimodulazione degli ordinamenti regionali e con la riforma dei “luoghi di decisione condivisa”.
E in questo quadro la sussidiarietà, non più rilegata all’organizzazione dei soli rapporti di amministrazione, deve diventare metodo di decisione politica e giuridica. Se da un lato essa regola l’integrazione tra gli ambiti ordinamentali e guida l’esercizio delle competenze, dall’altro alimenta la capacità dei diversi livelli di governo di realizzare le istanze non solo politico – economiche, ma anche socio-culturali provenienti dai cittadini e dalle loro comunità.
In questo quadro alquanto confusionale a mio avviso è assolutamente necessaria una revisione degli organismi di concertazione istituzionale”, che dia più valore al ruolo dei Comuni e degli enti locali e che coinvolga le parti sociali nei luoghi e nei processi decisionali. Il coinvolgimento delle parti sociali deve avvenire fin dall’inizio e non solo nella fase finale, momento in cui vengono ridotti inesorabilmente gli spazi per incidere.
Si rende necessaria una modifica del Patto di stabilità per i Comuni stabilendo regole ancora più ferree per ciò che riguarda la spesa corrente, ma più flessibili per gli investimenti. Perché non è più accettabile assistere al paradosso di Comuni che hanno i soldi e non riescono a compiere opere come la manutenzione delle strade. Quindi, è indispensabili che il primo dei decreti attuativi del federalismo fiscale garantisca l’autonomia fiscale e finanziaria dei Comuni. Nel 2008 il comparto dei Comuni ha regalato alla finanza pubblica un contributo positivo pari a circa un miliardo di euro. Di contro, però, nel 2008 i minori trasferimenti ai Comuni superano quota 1,2 miliardi, e secondo quanto stimato dall’ANCI nel 2009 si arriverà a quasi due miliardi.
Infine si devono ridurre i costi della politica ed è ora che i nostri politici nazionali, si sottraggono alle logiche della politica, e compiano un lavoro serio sul tema delle indennità e sul numero dei membri elettivi nelle assemblee. Noi classe impiegatizia siamo stanchi ad essere quelli che tirano la carretta e allo stesso tempo quelli più bastonati.

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