martedì 11 agosto 2009

Mobbing: vietato strillare ai dipendenti.

Con la sentenza n. 6907 del 20 marzo 2009, la Corte di Cassazione ha affermato che possono sussistere gli estremi di un comportamento vessatorio configurante mobbing nel caso di continui rimproveri nei confronti del dipendente, formulati gridando e in presenza dei colleghi, seguiti dall'irrogazione a distanza ravvicinata di ripetuti provvedimenti disciplinari culminanti nel licenziamento.
I fatti in esame
Nel giudizio attivato nei confronti di un'azienda milanese, una ex dipendente della stessa aveva esposto di aver ricevuto l'invito a presentare le dimissioni; da tale momento, il clima aziendale si sarebbe fatto improvvisamente pesante, con richiami verbali da parte di superiori in pubblico e ad alta voce, culminati nell'irrogazione di sette provvedimenti disciplinari nell'arco di cinque mesi seguiti dal licenziamento.
Da consulenza medica disposta in corso di causa, era poi risultato che tali comportamenti avessero determinato ripercussioni nelle complessive condizioni psicofisiche dell'interessata, comportando un danno biologico nella misura percentuale del 6% e quantificato in € 9.500,00.
I profili di rischio per le Aziende
Il rischio mobbing è un tema di grande attualità per le aziende.
Un fenomeno potenzialmente così rilevante per le imprese, tuttavia, non è riconducibile a una definizione normativa univoca e deve, pertanto, essere qualificato ricorrendo alle definizioni elaborate nell'ultimo decennio dalla dottrina e dalla giurisprudenza in tema di risarcimento dei danni, con particolare riferimento agli articoli 2043 e 2059 codice civile.
Al riguardo, pur nella perdurante incertezza del quadro giuridico complessivo, alcuni presupposti vengono comunemente riconosciuti, e in particolare:
1) per “mobbing” si intende un processo distruttivo della persona che nasce in un contesto di vessazione emozionale continuativa e reiterata, di comunicazione conflittuale ed anche di comportamenti apertamente o celatamente ostili, che si configura nel contesto relazionale dell'ambiente lavorativo;
2) i comportamenti finalizzati all'esclusione devono essere reiterati nel tempo, e sono schematizzabili in diversi momenti temporalmente successivi;
3) i comportamenti devono essere caratterizzati da un espresso intento persecutorio;
4) le conseguenze sulla salute sono riconducibili a patologie medicalmente accertabili, prevalentemente di natura psichiatrica.
In un contesto così incerto, l'articolo 28 del D. Lgs. 81/2008 ha, tuttavia, introdotto stringenti obblighi in capo al datore di lavoro, prevedendo, in particolare, che la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori debba includere “anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato”.
È, di conseguenza, indispensabile che il datore di lavoro approfondisca in modo adeguato i possibili profili di rischio relazionale ed organizzativo presenti in azienda, non limitandosi all'effettuazione di una valutazione di tipo formale, ma presidiando e normando con regolamenti e circolari i comportamenti da tenere sul luogo di lavoro e le modalità di segnalazione ai vertici societari di eventuali episodi percepiti dai singoli dipendenti, anche in maniera erronea, come vessatori.
Fonte – Sole24ore
Il termine mobbing presenta alcune difficoltà nella definizione. Prima di tutto è confuso con molti altri comportamenti che avvengono negli uffici: violenza psicologica, terrorismo psicologico (psychological terrorization).
Bullismo (bullyng): indica forme di terrorismo psicologico esercitate non esclusivamente sul posto di lavoro ma che possono avvenire a scuola, a casa, nelle carceri e in caserma; significa "comandare facendo prepotenze e tiranneggiando nei confronti dei sottoposti"; non è necessariamente intenzionale può essere provocato da conflitti di personalità e da emotività incontrollabile, la violenza può essere anche di tipo materiale sulla vittima comprendendo danni fisici, aggressioni e vandalismo.
Molestie sessuali (job harassment)
Molestia morale (harcèlement morale): termine introdotto dalla francese Marie-France Hirigoyen, si connota per lo più come evento singolo di molestia sessule o discriminazione raziale (azioni punibili dalla legge) sul luogo di lavoro concentrata su un soggetto debole o a rischio.
Abuso lavorativo (work abuse).
Spadroneggiamento (bossing): con questo termine si indica una sola azione compiuta dell’azienda stessa, dalla direzione o dall’amministrazione del pesonale (risorse umane), nei confronti di uno o più dipendenti, quasi sempre con il preciso scopo di indurli alle dimissioni.
Ostilità cronica sul lavoro e aggressione aziendale (CWHCA-Chronic Workplace Hostilites and Corporate Aggression), volenza tra parigrado (horizontal violence), amministrazione bruta (macho management), vittimizzazione (victimisation), violenza leggera (soft vilence). La parola mobbing, quindi, può essere confusa con molti alrti termini che indicano comprtamenti vessatori che un soggetto commette nei confronti di altri soggetti più deboli.
Da un punto di vista etimologico il termine mobbing ha origine da una locuzione latina mobile vulgus che significa "il movimento della gentaglia, il fuoco plebeo", infatti, il sostantivo inglese mob indica "folla, moltitudine disordinata, tumultuante, violenta, marmaglia, plebe..." e il verbo to mob indica "attaccare, assalire, malmenare, aggredire". L’aggiunta sel suffisso -ing, operata dal grande etologo Konrad Lorenz per indicare un tipo di comportamento animale: quando un gruppo di piccoli uccelli attacca e allontana un uccello più grande dal proprio territorio. Il termine ha dunque acquistato maggiore potenza metaforica per esprimere con tutta la forza dell’immagine dell’assalto e dell’acerchiamento di gruppo, la situazione di terrore psicologico dovuta all’isolamento della vittima di fronte all’ostilità degli altri. Negli anni Ottanta il termine venne ripreso dallo psicologo del lavoro Heinz Leymann, il quale lo applicò ad un nuovo disturbo che aveva osservato in alcuni operai e impiegati svedesi sottoposti ad una serie di intensi traumi psicologici sul luogo di lavoro.
Da allora in poi per mobbing s’intendono: tutti quei comportamenti violenti che si verificano sul posto di lavoro attraverso atti, parole, gesti, scritti vessatori, persecutori, intenzionali e comunque lesivi dei valori di dignità di personalità umana e professionale, che arrecano offesa alla dignità e integrità psico-fisica di una persona fino a mettere in pericolo l’impiego, o di degradare il clima aziendale.
Comunque data la nuova natura di questo fenomeno non esiste ancora un’universalità di terminologia a livello mondiale, per esempio in Norvegia, Giappone e paesi anglosassoni si usa ancora il termine bullismo, mentre in Francia è usato il termine molestie morali (harcèlement morale).
Heinz Leymann (1993) Pioniere dell’analisi della violenza psicologica sul lavoro. Nasce in Germania nel 1932 e nel 1955 si trasferisce in Svezia dove avvia i suoi studi sul mobbing lavorativo grazie ai fondi del governo svedese. Fonda a Karlskrona una clinica per il trattamento delle malattie provocate dal mobbing che chiuse pochi anni prima della sua morte, avvenuta nel marzo del 1999.
Il terrore psicologico o mobbing lavorativo consiste in una comunicazione ostile e non etica diretta in maniera sistematica da parte di uno o più individui generalmente contro un singolo che, a causa del mobbing, è spinto in una posizione in cui è privo di appoggio e di difesa e lì costretto per mezzo di continue attività mobbizzanti. Queste azioni si verificano con una frequenza piuttosto alta (almeno una alla settimana) e su un lungo periodo di tempo (per una durata di almeno sei mesi).
Harald Ege Ricercatore tedesco che vive e lavora in Italia dalla prima metà degli anni Novanta. E’ uno specialista in relazioni industriali, ha svolto alcune ricerche nell’ambito della psicologia del lavoro. A partire dal 1996, all’interno della sua collana di libi sul mobbing, ha pubblicato gli unici testi in italiano sull’argomento. Ha fondato a Bologna l’organizzazione no profit Prima, Associazione Italiana contro Mobbing e Stress Psicosociale, che si occupa di asistenza e formazione per vittime della violenza psicologica sul lavoro.
Con la parola mobbing s’intende una forma di terrore psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da parte di colleghi, o superiori.
Tim FieldAutore inglese che scrive libri sul bullying lavorativo. Prima di fondare il primo telefono amico britannico per mobbizzati, la UK National Workplace Bullying Advice Line, era capo dell’Assistenza Clienti di un’importante azienda che produce compiuter. Nel 1994 divenne il bersaglio di un capo tiranno: i continui soprusi misero in pericolo il suo equilibrio mentale e fu costretto a licensiarsi. Negli ultimi anni è diventato molto famoso nel mondo di Internet grazie al suo sito Bully on Line.
Il bullying è la manifestazione di una inadeguatezza (sociale, personale, relazionale, comportamentale, professionale) proiettata sugli altri attraverso il controllo, la sopraffazione, il biasimo, l’isolamento ecc. Il bullying viene alimentato dal rifiuto di ammettere la responsabilità (respingere le accuse, contro-accusare, atteggiarsi a vittima) e perpetuato in un clima di paura, ignoranza, silenzio, rifiuto, incredulità, omertà, occultamento e gratificazione (ad esempio promozioni) per il colpevole.
Marrie France HirigoyenPsichiatra, psicanalista e psicoterapeuta familiare.
Il mobbing si definisce come comportamento abusivo (gesti, parole,comportamento, atteggiamento...) che minaccia, con la sua ripetizione o la sua sistematizzazione, la dinità o l’integrità psichica o fisica di una persona, mettendo in pericolo il suo posto di lavoro o degradando il clima di lavoro.
• Regione Lazio, legge regionale 14/03/2001Definizione di mobbing. Ai fini della presente legge per "mobbing" s’intendono atti e comportamenti discriminatori o vessatori protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di lavoratori dipendenti, pubblici o privati, da parte di un datore di lavoro o da soggetti posti in posizione sovraordinata ovvero da altri colleghi, e che si caratterizzano come una vera e propria forma di persecuzione psicologica o di vilenza morale. Gli atti ed i comportamenti di cui al comma 1 possono consistere in: pressioni o molestie psicologiche; calunnie sistematiche; maltrattamenti verbali ed offese personali; minacce o atteggiamenti mirati ad intimorire ingiustamente o avvilire, anche in forma velata o indiretta; critiche immotivate o atteggiamenti ostili; delegittimazione dell’immagine, anche di fronte a soggetti estranei all’impresa, ente o amministrazione; esclusione o immotivata marginalizzazione dell’attività lavorativa; attribuzione di compiti esorbitanti o eccessivi, e comunque idonei a provocare seri disagi in relazione alle condizioni fisiche del lavoratore; attribuzione di compiti dequalficanti in relazione al profitto professionale posseduto; impedimanto sistematico ed immotivato all’accesso a notizie ed informazioni inerenti l’ordinaria attività di lavoro; marginalizzazione immotivata del lavoratore rispetto ad iniziative formative, di riqualificazione e di aggiornamento professionale; esercizio esasperato ed eccessivo di forme di controllo nei confronti del lavoratore idonee a produrre danni e disagi.[ scarica il testo di legge completo ]

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