mercoledì 12 agosto 2009

DIRITTO SUCCESSORIO E L'EREDITA'

Successione: In diritto il termine successione identifica il fenomeno del subentrare di un soggetto, detto successore o avente causa, ad un altro soggetto, detto autore o dante causa.
La dottrina distingue la successione dal trasferimento. Mentre il trasferimento può aver luogo in situazioni attive, la successione, che ha una portata più ampia, ha luogo sia nel lato attivo sia nel passivo (si pensi a una eredità oberata di debiti).
Si ha successione universale allorquando un soggetto subentra a un altro soggetto in una pluralità di rapporti giuridici attivi e passivi. Il nostro ordinamento prevede espressamente come ipotesi di successione universale solo la successione a causa di morte. Eccezionale ammissibilità di una successione universale tra vivi è prevista in caso di fusione di società.
sono due i principi della successione mortis causa:
- favor per la proprietà privata, sancito dall’art. 42, quarto comma della Cost., il quale afferma che la legge stabilisce le norme e i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità. Nell’ambito della successione legittima, lo Stato interviene solo dopo i parenti entro il sesto grado (e i fratelli naturali).
- interesse a mantenere il patrimonio del de cuius nella cerchia familiare; tale tutela si manifesta in tre modi diversi: innanzitutto solo i parenti e non gli affini sono chiamati a succedere al de cuius. In secondo luogo, i parenti – in assenza di testamento – succedono fino al sesto grado
infine, si parla di successione necessaria, in quanto taluni parenti non possono non ricevere una quota del patrimonio. Sostanzialmente, il de cuius laddove esistano eredi legittimari potrà disporre solo di una quota del patrimonio (quota disponibile) mentre una parte (quota di riserva) dovrà pervenire ai legittimari stessi. Se il de cuius non lascia testamento, si apre la successione legittima, in base alla quale la legge fissa l’ordine in cui i soli parenti entro il sesto grado e il coniuge vengono chiamati a succedere.
Nella successione ciò che si trasferisce è il rapporto giuridico, ma non tutti i rapporti giuridici sono trasferibili, più precisamente non sono trasmissibili agli eredi:
- i diritti della personalità;
- i crediti di natura personale (come gli alimenti o i crediti ottenuti a seguito di separazione);
- i contratti ancora in corso al momento della morte che abbiano ad oggetto prestazioni di fare a carico del defunto.
Ci sono, poi, dei rapporti in cui si succede iure proprio, nel senso che la legge individua la persona che subentra a titolo personale in luogo del defunto:
successione nel contratto di locazione; tutela del diritto d’autore;
l’azione di disconoscimento di paternità.
Veniamo ora ai concetti di eredità e di legato:
Si ha successione a titolo universale, in caso di acquisto della qualità di erede; si ha, invece, successione a titolo particolare, in caso di legato. Conseguentemente, l’erede succede in universum ius; mentre il legatario succede solo in quel singolo rapporto espressamente indicato dal de cuius.
Per poter capire se un soggetto è stato chiamato a succedere a titolo universale o a titolo particolare, bisognerà valutare la volontà del testatore indipendentemente dalla terminologia utilizzata.
art. 588, secondo comma, c.c. il quale afferma che “l’indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non esclude peraltro che la disposizione sia a titolo universale quando risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio”.
Altra differenza fra erede e legatario è costituita dal tipo di responsabilità patrimoniale. Infatti mentre l’erede risponde di tutti i debiti del de cuius anche al di là dell’attivo ereditario, il legatario risponde solo se la cosa legata è gravata da una servitù, da un canone o da un altro onere.
L’offerta dell’eredità in termini giuridici si chiama delazione e coincide, temporalmente, con la morte dell’individuo.
La delazione ereditaria è irrinunciabile, per cui non è possibile fare in vita pattuizioni tese ad incidere su di essa.
Dal punto di vista della delazione testamentaria, bisogna sottolineare che il testamento è caratterizzato dalla più totale e assoluta libertà, incoercibilità e revocabilità fino al momento della morte.
Abbiamo detto che a delazione ereditaria è irrinunciabile: sono, altresì, nulli i c.d. patti successori, cioè quegli atti di disposizione o di rinunzia ai diritti di una successione non ancora aperta.
Abbiamo detto che la successione si apre al momento della morte; in questo momento si ha la delazione, ovvero l’offerta di eredità, ma non è detto che l’erede voglia divenire tale: se lo vuole egli dovrà accettare l’eredità.
Nel periodo che intercorre tra l’apertura della successione e l’accettazione dell’eredità, il chiamato all’eredità ha poteri di gestione dei beni ereditari. Tali poteri comprendono anche la possibilità di chiedere l’autorizzazione all’autorità giudiziaria a vendere i beni che non si possono conservare o la cui conservazione importa grave dispendio (ex art. 460 c.c.).
Se il chiamato all’eredità è nel possesso dei beni deve formare entro tre mesi (termine rinnovabile) l’inventario, a garanzia dei terzi. Se non provvede alla formazione dell’inventario entro il termine stabilito, è considerato erede puro e semplice con tutte le conseguenze sul piano della responsabilità patrimoniale.
Se, invece, il chiamato non è stato identificato ovvero se non ha accettato l’eredità e non è nel possesso dei beni ereditari, il Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione su istanza delle persone interessate o anche d’ufficio nomina un curatore dell’eredità che cessa le sue funzioni quando l’eredità è accettata.
La capacità di succedere e l’acquisto dell’eredità.
“Sono capaci a succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell’apertura della successione” (art. 462 c.c.).
Non é, invece, capace di succedere chi sia indegno.
Le ipotesi di indegnità sono tassative e disciplinate dall’art. 463 c.c. Si tratta fondamentalmente di ipotesi che possono essere distinte in due gruppi:
- Il primo comprende i casi penalmente rilevanti che si concretizzano nell’omicidio o nel tentato omicidio o comunque in fatti cui la legge penale dichiara applicabili le disposizioni sull’omicidio compiuto in danno del de cuiuse dei suoi eredi legittimari; ovvero quelli che si concretizzano in denunzie calunniose nei confronti degli stessi soggetti.
- Il secondo riguarda i casi rilevanti in sede civile che si concretizzano in un attentato alla libertà di testare come indurre il de cuius con violenza o dolo a fare, revocare, mutare o non confezionare un testamento ovvero in un tentativo di modificazione della delazione ereditaria con soppressione, celamento, alterazione del testamento ovvero con la formazione di un testamento falso contrario alla volontà del de cuius.
L’ordinamento prevede, però, che il testatore possa perdonare l’indegno riabilitandolo.
La riabilitazione avviene mediante una dichiarazione del de cuius espressa in un atto pubblico o in un testamento, posteriore al comportamento indegno.
Il testatore può ottenere l’effetto pratico della riabilitazione facendo una disposizione a favore dell’indegno, essendo a conoscenza della causa di indegnità. In questo caso, però, l’indegno rimane tale e succederà solo limitatamente a quella particolare disposizione.
L’acquisto dell’eredità, l’accettazione - L’acquisto della qualità d’erede avviene attraverso un atto volontario che è l’accettazione: una volta effettuata i suoi effetti retroagiscono al momento dell’apertura della successione.
L’accettazione può essere:
- Espressa Tramite un atto pubblico o una scrittura privato con cui il chiamato all’eredità dichiari di accettarla o assuma il titolo d’erede.
La dichiarazione di accettazione non può essere sottoposta né a condizione, né a termine a pena di nullità. Una volta effettuata l’accettazione, questa è irrevocabile È nulla, altresì, un’accettazione parziale dell’eredità (ex art. 475 c.c.). In ogni caso, sino a quando il diritto di accettare non si è prescritto può essere effettuata una nuova accettazione in sostituzione di quella nulla.
- Tacita Si ha quando il chiamato pone in essere atti che presuppongono la sua volontà di accettare l’eredità. In questo caso bisogna guardare all’animus con cui il chiamato compie l’atto e alla sua capacità di intendere e di volere in relazione all’atto stesso.
- Presunta Sono le ipotesi previste e disciplinate dagli artt. 477 e 478 c.c.
In ogni caso, si tratta d’ipotesi in cui non è necessario che il giudice compia una valutazione dell’animus essendo sufficiente la configurazione di uno dei comportamenti previsti e disciplinati.
Il diritto di accettare l’eredità va esercitato entro dieci anni se il chiamato non è nel possesso dei beni.
Chiunque vi abbia interesse può, peraltro, chiedere all’Autorità Giudiziaria di fissare un termine entro cui il chiamato deve dichiarare se accetta o rinunzia all’eredità.
Per il chiamato all’eredità che sia nel possesso dei beni la perdita del diritto d’accettare si realizza laddove non sia effettuata entro i quaranta giorni successivi alla redazione dell’inventario.
Il termine per accettare decorre dall’apertura della successione.
L’accettazione dell’eredità può essere impugnata quando è effetto di violenza o di dolo.
L’azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui è cessata la violenza o è stato scoperto il dolo (ex art. 482 c.c.). L’accettazione non può essere impugnata se viziata da errore.
L’accettazione con beneficio di inventario
Per evitare la confusione dei patrimoni, il chiamato all’eredità dispone dell’accettazione con beneficio d’inventario che ha l’effetto di limitare la responsabilità dell’erede entro i limiti di valore del patrimonio relitto dal de cuius.
L’accettazione beneficiata si effettua tramite dichiarazione ricevuta da notaio per atto pubblico o dal cancelliere del tribunale del luogo in cui si è aperta la successione.
Deve, poi, essere trascritta nel registro immobiliari del luogo in cui si è aperta l’eredità.
L’inventario deve essere fatto entro tre mesi, rinnovabile per un altro trimestre e per una sola volta.
Bisogna, comunque, distinguere fra:
1) Chiamato nel possesso dei beni.
Deve formare l’inventario entro tre mesi (rinnovabile per altri tre) dall’apertura della successione o dalla delazione dell’eredità.
Se non procede entro il termine è considerato erede puro e semplice.
Entro i successivi quaranta giorni dalla formazione dell’inventario, il chiamato deve decidere se accettare o meno, con o senza beneficio d’inventario o di rinunziare. Se tace si considera erede puro e semplice
2) Chiamato che non è nel possesso di beni
Può decidere se accettare entro i 10 anni o se rinunziare.
Se accetta, da quel momento decorre il trimestre per formare l’inventario trascorso invano tale termine si considera erede puro e semplice.
La formazione dell’inventario produce l’effetto di tener distinti il patrimonio dell’erede da quello del defunto
Per quanto riguarda la soddisfazione dei creditori e dei legatari l’erede ha 3 possibilità:
1. Trascorso un mese dalla pubblicità senza che i creditori e i legatari si oppongano l’erede può procedere al pagamento degli stessi mano a mano che si presentano.
2. Se si oppongono si apre la strada della liquidazione concorsuale.
3. Se l’erede non intende occuparsene può rilasciare tutti i beni ai creditori e ai legatari.
L’iniziativa dell’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario spetta solo al chiamato che laddove l’eredità sia damnosa avvierà la procedura; mentre laddove l’eredità sia capiente accetterà puramente e semplicemente ancorché egli stesso sia oberato di debiti.
In quest’ultimo caso i creditori dell’eredità e i legatari possono esercitare la separazione dell’eredità assicurandosi il soddisfacimento del proprio diritto sui beni separati a preferenza dei creditori dell’erede.
Il rapporto tra creditori separatisti e non separatisti è regolata dall’art. 514 c.p.c. e opera nei confronti dei creditori personali dell’erede.
L’azione di petizione ereditaria - L’erede può chiedere il riconoscimento della qualità di erede contro chiunque possieda tutti o parte dei beni ereditari a titolo di erede o senza titolo, allo scopo di ottenere la restituzione dei beni stessi.
Dal punto di vista soggettivo, l’azione può essere fatta valere nei confronti di chiunque, quindi ha carattere reale.
Dal punto di vista oggettivo, l’azione ha carattere generale in quanto può essere esercitata su tutti i beni a differenza dell’azione di rivendica che ha ad oggetto la restituzione del singolo o dei singoli beni ereditari.
Inoltre, la petizione ereditaria non richiede la probativo diabolica tipica della rivendica, ma solo la prova di una valida vocazione ereditaria.
Se il terzo oppone di aver acquistato il bene dal de cuius, l’erede dovrà agire in rivendica. Se invece oppone un titolo legittimo di possesso, dovranno essere esperite le comuni azioni contrattuali.
Può anche accadere che nelle more dell’azione petitoria il possessore alieni i beni a favore di terzi. L’erede potrà agire anche contro costoro.
Sono salvi, in ogni caso, gli acquisti del terzo dall’erede apparente a titolo oneroso laddove provi di aver contrattato in buona fede.
Il terzo fa salvo il proprio diritto, poi, se trattandosi di beni immobili o mobili registrati abbia osservato l’onere della trascrizione.
Se l’erede vero non riesce a recuperare i beni trasferiti a terzi può riv alersi sul possessore alienante ex art. 535 c.c..
La rinuncia all’eredità e il legato - Il chiamato all’eredità, che non intende acetire la delazione, può rinunziare con una dichiarazione non recettizia ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale competente territorialmente. La rinunzia è, poi, inserita nel registro delle successioni.
La rinunzia ha effetto retroattivo ed è nulla se è fatta sotto condizione, a termine, o solo per parte ed è impugnabile solo per violenza o dolo.
La rinuncia può essere fatta in qualsiasi momento e fino a quando è possibile accettare.
E’ possibile rinunziare e poi accettare l’eredità purché non sia intervenuta l’accettazione di altro ulteriore chiamato o fino s quando sia ancora possibile accettare.
Qualora il chiamato abbia rinunciato per danneggiare i suoi creditori, questi entro cinque anni possono farsi autorizzare dal giudice ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunciante allo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti.
L’esperimento di tale azione non fa diventare il rinunciante erede, ma agisce come una sorta si revocatoria di un atto pregiudizievole ma non fraudolento.
Il legato
Il legato è di solito disposto dal testatore, ma alcune volte può essere disposto dalla legge. Si parla di legato ex lege, ad esempio, in relazione all’assegno vitalizio che spetta ai figli naturali non riconoscibili (ex art. 580 c.c.), nonché in relazione all’assegno periodico a carico dell’eredità cui ha diritto il coniuge divorziato che versi in stato di bisogno in caso di morte dell’ex coniuge obbligato.
Il legato si acquista senza bisogno d’accettazione, salva la facoltà di rinunziare.
Il legatario deve, però chiedere all’onerato l’adempimento della prestazione. Poiché si tratta di un onere, esso non si prescrive salva la prescrizione del diritto di credito o la perdita della proprietà per acquisto ad opera di un terzo.
La rinuncia del legatario ha effetto ex tunc e, dunque, è come se il legatario non avesse mai accettato. Può essere anche tacita, salvo nel caso in cui vi siano diritti su beni immobili.
La legge non fissa un termine per la rinunzia, ma qualsiasi interessato può chiedere all’autorità giudiziaria di fissare un termine entro cui il legatario perda la facoltà stessa se fa decorrere invano il termine.
Si parla di rappresentazione nel caso in cui il chiamato all’eredità non voglia o non possa accettare l’eredità.
Se la successione è testamentaria, bisogna vedere quale fosse la volontà del testatore al riguardo per cui si parlerà di sostituzione ordinaria.
Se la successione è legittima ovvero il testatore non ha previsto alcuna sostituzione si osserveranno le regole di cui agli artt. 467 c.c..
La successione dei legittimari: Secondo la legge sono legittimari – cioè coloro cui è riservata una parte dell’eredità del defunto – il coniuge, i figli legittimi (cui sono equiparati i legittimati e gli adottivi), i figli naturali, gli ascendenti solo in assenza di figli.
La legge stabilisce l’entità della quota di ciascun legittimario e si preoccupa, altresì, di stabilire le quote nel caso di concorso di più legittimari tra loro.
Se chi muore lascia un solo figlio, a questo spetta la metà del patrim onio.
Se i figli sono più, è riservata la quota dei due terzi. Vi è la facoltà per i figli legittimi di soddisfare in denaro o in beni immobili i figli naturali che non vi si oppongano (c.d. commutazione).
Se chi muore lascia solo ascendenti legittimi, a questi spetta un terzo del patrimonio.
Al coniuge spetta la metà del patrimonio dell’altro coniuge. In ogni caso, a suo favore, sono sempre riservati i diritti reali di abitazione sulla casa familiare e di uso sui mobili che lo corredano.
Diverse sono le quote nel caso di concorso:
Figli e coniuge - Se chi muore oltre al coniuge lascia un solo figlio a questo spetta un terzo del patrimonio ed un altro terzo spetta al coniuge. Se i figli sono più d’uno a questi spetta la metà e al coniuge un quarto del patrimonio del de cuius.
Ascendenti e coniuge - In questo caso al coniuge è riservata la metà del patrimonio e agli ascendenti un quarto.
Un’ipotesi particolare è costituita dalla cautela sociniana in base alla quale il legittimario in caso di usufrutto o rendita disposta dal testatore che superi la quota disponibile, può scegliere se eseguire la disposizione o abbandonare la nuda proprietà.
La scelta configura un diritto potestativo esercitatile entro dieci anni dall’apertura della successione. Si tratta di un negozio giuridico unilaterale, recettizio, non formale e quindi anche tacito.
Il de cuius può anche soddisfare il legittimario in modo atipico offrendo allo stesso un legato in sostituzione di legittima. Il legittimario può anche rifiutare e pretendere invece la liquidazione della quota; se non lo fa, perde il diritto di chiedere un supplemento qualora il valore del legato sia inferiore a quello della quota.
Diverso è il caso del legato o della successione in conto di legittima in quanto in questo caso il legittimario non deve operare alcuna scelta e può chiedere il supplemento fino a concorrenza della quota a lui riservata.
La riunione fittizia - Per determinare la porzione disponibile e, quindi per sottrazione quella riservata ai legittimari, si forma una massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al momento della morte (relictum) detraendone i debiti (passivo).
Inoltre, si riuniscono fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione dando il valore che avevano al momento dell’apertura della successione e, quindi, sull’asse così formato si calcola la quota di cui il defunto poteva disporre.
Il procedimento è inderogabile per cui il defunto non potrebbe dare istruzioni su come procedere.
L’azione di riduzione - E’ l’azione che tutela il legittimario che non abbia ricevuto nulla (c.d. legittimario pretermesso) ovvero che abbia ricevuto per testamento o che si trovi a succedere per successione legittima in una quota di beni inferiore a quella a lui spettante per legge.
La riduzione consiste nell’attribuzione della quantità di beni necessari a reintegrare la sua quota lesa.
Se si tratta di beni immobili o mobili registrati questi vengono restituiti liberi da ogni perso, oneri, diritti personali e reali fossero anche locazioni, e ipoteche.
La riduzione delle disposizioni testamentarie lesive deve precedere quella relativa alle donazioni e alle liberalità perché le prime, in quanto mortis causa, hanno effetto in un momento successivo e cioè all’apertura della successione, che è anche il momento della riduzione fittizia.
La riduzione avviene proporzionalmente senza distinguere tra erede e legatario, salvo che il testatore abbi indicato un ordine con cui procedere dichiarando che una sua disposizione deve avere effetto a preferenza delle altre.
Per quanto riguarda le donazioni queste devono essere valide perché in caso di nullità il legittimario agirà con l’azione di nullità che avvantaggia (a differenza della riduzione) tutti gli eredi perché il bene donato rientra nell’asse ereditario. Ugualmente nel caso di simulazione della donazione.
Le donazioni si riducono cominciando dall’ultima e risalendo via via alle anteriori.
L’azione di riduzione ha carattere personale e si prescrive in dieci anni dall’apertura della successione ed è rinunziabile, ma non durante la vita del de cuius.
Per quanto concerne la legittimazione attiva, l’azione può essere proposta dai legittimari e dai loro eredi ed aventi causa.
Per quanto riguarda la legittimazione passiva, l’azione può essere esperita solo nei confronti dei legatari, dei donatari e degli eredi e raggiunge il proprio scopo restitutorio ogni qualvolta il bene da conseguire sia ancora nel patrimonio dei convenuti in giudizio.
Se i convenuti hanno alienato il bene lesivo il legittimario potrà esperire l’azione di restituzione poiché essa ha carattere reale.
Presupposto indispensabile è che il legittimario abbai accettato l’eredità con beneficio d’inventario, salvo il caso in cui agisca nei confronti di persone chiamate come coeredi.
Il legittimario che agisce in riduzione deve imputare alla propria quota di legittima le donazioni e i legati ricevuti, salvo che ne sia stato espressamente dispensato.
La dispensa è un atto unilaterale che può essere contenuto sia nell’atto di donazione, sia nel testamento ovvero in un atto a sé stante successivo.
La successione legittima - Quando manchi in tutto o in parte una disposizione testamentaria ovvero quando essa, pur esistendo, sia nulla o annullata, si apre la successione legittima. pertanto può convivere con la successione testamentaria se il de cuius abbia disposto per testamento solo relativamente a taluno di beni.
Nella successione legittima l'eredità si devolve (art. 565 c.c.) al coniuge ai discendenti legittimi e naturali, agli ascendenti legittimi, ai collaterali, agli altri parenti entro il sesto grado e allo Stato.
In assenza di figli legittimi o naturali, dei genitori o ascendenti, dei fratelli e sorelle, al coniuge si devolve l'intera eredità (art. 583 c.c.).
Il testatore non può imporre alcun peso o alcuna condizione sulla legittima art. 549 c.c.) intangibilità della legittima)
In ultima analisi, in mancanza di altri successibili, l'eredità è devoluta allo Stato .
L'acquisto opera di diritto ma solo in questo caso: nel caso di successione testamentaria, lo Stato deve accettare ed anche con beneficio d’inventario al pari di tutte le persone giuridiche.
Non può farsi luogo a rinunzia.
In ogni caso lo Stato non risponde di debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni acquistati
L'acquisto dello Stato avviene a titolo originario e non iure successionis, ma iure imperii.
La successione testamentaria - Il testamento: Secondo l'art. 587 c.c. il testamento è un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse ovvero detta disposizioni di carattere non patrimoniale.
I caratteri precipui del testamento sono:
1) la revocabilità: essendo il testamento destinato a regolare le vicende successivamente alla morte, prima di tale evento è inefficace e quindi revocabile;
2) la spontaneità: infatti, nel nostro ordinamento sono nulli i patti successori;
3) la personalità: circa la capacità di testare (detta anche testamentifazione attiva – capacità di fare testamento), è il caso di ricordare che non è ammessa una sostituzione per rappresentanza, neppure legale, trattandosi di atto personalissimo e quindi unilaterale
4) la tipicità (assoluta): è l'unico atto previs to dal nostro ordinamento al fine di disporre delle proprie sostanze per il tempo in cui si sarà cessato di vivere;
5) il contenuto atipico: l'ultima caratteristica del testamento è quella di poter contenere disposizioni non solo a carattere patrimoniale (che sono poi quelle tipiche), ma anche a carattere personale (c.d. contenuto atipico) (art. 587 c.c.), purché in questo secondo caso previste dalla legge (ad es: il riconoscimento di figlio naturale art. 254, la dichiarazione di volontà di legittim azione art. 285, la riabilitazione dell'indegno art. 466, il divieto di pubblicare un'opera inedita art. 24 L.A.)
Dal punto di vista strutturale, il testamento è un atto unilaterale, non collegandosi ad esso in nessun modo l'accettazione del chiamato, infatti, si accetta la delazione e non il testamento. Inoltre l'atto unilaterale è non recettizio, quindi, la delazione opera automaticamente a prescindere dalla effettiva conoscenza che il chiamato ne abbia. Il testamento è poi atto formale, prevedendo la legge e solo la legge i vari modi con cui l'individuo può testare.
Se vari sono i modi è però sempre necessario che la volontà testamentaria risulti da un atto scritto.
E’ pertanto invalido il testamento orale (c.d. testamento nuncupativo). Non è ammissibile un testamento collettivo con cui più persone dispongano del loro patrimonio a favore di terzi (testamento congiuntivo) ovvero in favore gli uni e gli altri (testamento reciproco) (art. 589 c.c.),
Il legislatore ha predisposto forme ordinarie e forme speciali di testamento.
Le forme ordinarie sono: il testamento olografo e quello per atto di notaio che può essere, a sua volta, pubblico o segreto (art. 601 c.c.).
Il testamento olografo (art. 602 c.c.) è un atto privato e deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore, in modo che possa con certezza individuarsi la persona della cui eredità si tratta; deve essere scritto integralmente di mano del testatore con la propria abituale grafia, al fine di permettere eventuali controlli. Non è pertanto ammissibile una scrittura a stampatello, né una eterografia anche solo parziale né l'aiuto di un terzo che guida la mano del testatore.
Il testamento pubblico è ricevuto dal notaio in presenza di due testimoni. Il vantaggio di questo tipo di testamento, oltre alla sicurezza contro soppressioni, è nel fatto che il testatore, in presenza di testimoni, dichiara al notaio la propria volontà, che è ridotta in iscritto a cura del notaio, presumendosi, da un lato, con perfetta aderenza ai dettami della legge e dall'altro, in perfetta aderenza alla precisa volontà esternata dal testatore.
Il testamento segreto è un testamento redatto dal de cuius, non necessariamente in forma olografa ma eventualmente anche a macchina o in altri modi o da un terzo, consegnato però in ogni caso dal testatore in persona ad un notaio alla presenza di due testimoni con procedura e formalità assai complesse e minutamente fissata dalla legge (artt. 604 e 605)
Apertasi la successione del testatore il testamento olografo e quello segreto vanno pubblicati, al fine di rendere noto a tutti gli interessati il loro contenuto, ciò che viceversa per il testamento pubblico è insito nella forma notarile dell'atto.
I testamenti speciali sono quelli che possono essere ricevuti in circostanze eccezionali da soggetti diversi dal notaio nei casi previsti dagli artt. 609, 617, 618 c.c.
Il testamento è un atto di disposizione mortis causa del proprio patrimonio: è dunque naturale che la legge richieda per poterlo compiere la piena capacità di agire e la piena capacità di intendere e di volere, cosicché sono incapaci di testare i minori, gli interdetti e gli incapaci naturali (art. 591c.c.). L'inabilitato può dunque testare.
La libertà del volere è tutelata anche attraverso le tradizionali forme della rilevanza dei vizi della volontà. La disposizione testamentaria può infatti essere impugnata da chiunque vi abbia interesse quando è l'effetto di errore, di violenza o di dolo (art. 624 c.c.).
a volontà testamentaria deve esplicarsi nel modo più ampio possibile e dunque anche mediante l'eventuale apposizione di una condizione (sia sospensiva che risolutiva art. 633 c.c.), di un termine o di un onere, denominato anche modus.
Nelle disposizioni testamentarie si considerano non apposte le condizioni impossibili e quelle contrarie a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume, salvo che la condizione risulti dal testamento essere stato l'unico motivo della disposizione testamentaria, perché allora essa vizia l'intero testamento.
Quanto al termine, si considera non apposto ad una disposizione a titolo universale il termine dal quale l'effetto di essa deve cominciare o cessare. Da un lato, la delazione è immediata e non dipende in alcun modo dalla volontà del de cuius che non potrà così spostarne nel tempo l'efficacia, dall'altro, una volta eredi si è sempre eredi cosicché il testatore non potrà istituire eredi a termine anche per il divieto di sostituzioni fedecommissarie
L'onere o modus è, dal punto di vista teorico, un peso imposto all'erede o al legatario, che grava pertanto personalmente sulle loro persone e non sui beni. In sostanza si tratta di un'obbligazione di dare, fare, anche solo patrimonialmente valutabile in favore dello stesso de cuius, di terzi indeterminati o di un terzo determinato
Il modus illecito o impossibile al pari della condizione si considera come non apposto ma anche in questo caso salvo che risulti dal testamento essere stato l'unico motivo della disposizione testamentaria, perché allora esso vizia l'intero testamento.
La revoca e l’invalidità del testamento: Caratteristica precipua del testamento è la sua incondizionata e irrinunciabile revocabilità fino al momento della morte (art. 679 c.c.).
La rinuncia al potere di revoca sarebbe nulla.
La revoca espressa può farsi soltanto con un nuovo testamento o con un atto ricevuto da un notaio in presenza di due testimoni, in cui il testatore personalmente dichiari di revocare, in tutto o in parte, la disposizione anteriore.
Un testamento posteriore che non revochi in modo espresso i precedenti annulla peraltro in questi le disposizioni che sono con essi incompatibili
Il testamento può essere così annullabile come nullo in conseguenza di vari vizi.
L'annullabilità è comminata in caso di vizi della volontà (art. 624 c.c.), d’incapacità di disporre per testamento (art. 591 c.c.) e di vizi formali non determinanti (art. 606 c.c.)
L'azione si prescrive in 5 anni, che non decorrono dall'apertura della successione, cioè dal momento in cui il testamento acquista efficacia, ma o dal giorno in cui si è avuta notizia della violenza, dolo o errore (art. 624 c.c.) ovvero dal giorno in cui è stata data esecuzione alle disposizioni testamentarie (artt. 591 e 606 c.c.), anche da uno solo degli eredi o anche di una sola tra le disposizioni testamentarie.
Un'importante differenza rispetto alla comune azione di annullamento contrattuale è nel fatto che la legittimazione ad agire spetta a chiunque vi ha interesse: si tratta infatti di un caso di annullabilità assoluta.
La nullità è, invece, comminata in caso di vizi gravi di forma che pongono in dubbio la provenienza del testamento dalla persona del de cuius (es. mancanza di autografia o sottoscrizione nel caso di testamento olografo). L'unico motivo di nullità dell'intero testamento è il caso del testamento congiuntivo o reciproco.
La sostituzione fedecommissaria - Trattasi di una vera e propria sostituzione prevista dal de cuius, ma non già per il caso in cui l'istituito non possa o non voglia succedere, quanto piuttosto per il momento della morte di costui, dopo quindi che egli ha accettato la delazione.
Il fedecommesso può essere previsto solo ed esclusivamente se l'istituito è un interdetto, figlio, discendente o coniuge del testatore; inoltre il sostituito (colui cioè che subentrerà nel patrimonio alla morte dell'istituito) non può essere se non la persona o l'ente che, sotto la vigilanza del tutore, ha avuto cura dell'interdetto medesimo (art. 692 c.c.)
La divisione ereditaria - Il presupposto della divisione è che il de cuius abbia istituito più eredi per quote ideali e non per beni singolarmente individuati.
Le norme sulla divisione dell'eredità costituiscono un'autonoma disciplina del tutto distinta da quella generale che sovraintende alla divisione ordinaria (artt. 1100 ss): lo stesso presupposto è diverso, perché in questo secondo caso si tratta di dividere un singolo bene e non un complesso patrimonio costituito da attività, passività, diritti ed obblighi.
La divisione ha natura dichiarativa ed effetto retroattivo.
La divisione può tuttavia essere evitata ogni qual volta lo stesso de cuiusvi abbia personalmente proceduto (art. 734 c.c.)
La divisione contrattuale può essere impugnata per violenza o dolo (art. 761 c.c.) ma non per errore. E’ possibile peraltro rescindere il contratto per lesione, se taluno dei coeredi provi di aver subito una lesione rispetto alla quota di sua spettanza di oltre un quarto (art. 763 c.c.).
Se viceversa mancano i presupposti della divisione, quale ad esempio, la qualità di erede (divisione operata in base a testamento revocato o nullo) o l'esistenza della comunione, ovvero non abbiano partecipato, ancorché per errore, tutti i coeredi, la divisione è nulla.
Qualora non sia raggiunta l'unanimità dei consensi, si deve procedere alla divisione giudiziale ad iniziativa di qualsiasi coerede interessato.
La collazione - Istituto peculiare della divisione ereditaria è la collazione.
In questo caso si ritiene che il de cuius facendo donazioni dirette o indirette al coniuge, ai figli legittimi e naturali e loro discendenti non abbia inteso alterare il rapporto di proporzionalità delle quote in cui essi sono chiamati a succedere
E’ ammessa la prova di una volontà contraria del de cuius che deve essere espressa mediante la c.d. dichiarazione di dispensa
La diversità di ratio e di disciplina tra collazione e riunione fittizia si individua nel fatto che la prima opera solo in presenza di una comunione di cui siano parte i figli, i loro discendenti e il coniuge (non gli ascendenti), mentre la seconda opera solo in presenza di legittimari (e quindi anche di ascendenti).
La prima mira a mantenere un certo equilibrio nell'ambito della formazione delle porzioni ereditarie; la seconda mira a verificare di quale quota il de cuius potesse disporre.
in caso di donazioni con dispensa da imputazione, tale dispensa non può andare al di là della quota disponibile, parimenti la dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti della disponibile (art. 737 c.c.).
Le norme sulla collazione sono derogabili, mentre quelle sulla riunione sono inderogabili
La donazione - La donazione è regolata dagli articoli 769 e seguenti del c.c. immediatamente di seguito quindi alle norme sulla divisione ereditaria, perché con la donazione si opera una liberalità per molti versi da considerarsi alla stregua di un'attribuzione mortis causa anticipata.
Con la donazione una parte arricchisce all'altra, disponendo a favore di questa di un diritto proprio, presente nel patrimonio oassumendo verso la stessa un'obbligazione (art. 769 c.c.).
Il donante deve avere la piena capacità naturale (art. 775 c.c.) e di disporre (art. 774 c.c.), così che non può essere né minore, né emancipato, pur se autorizzato all'esercizio dell'impresa (art. 774 c.c.), né inabilitato (art. 776 c.c.).
Possono ricevere donazioni i nascituri anche non concepiti (art. 784 c.c.)
Dal punto di vista degli effetti prodotti, dalla definizione normativa si ricava che la donazione può essere contratto ad effetti reali trasferendosi con il semplice consenso il diritto di proprietà o altro diritto reale o di credito ovvero costituendosi un diritto reale di godimento su cosa altrui.
La donazione è invece un contratto ad effetti obbligatori se con essa si assuma un obbligo.
L'art. 771 c.c. espressamente sanziona con la nullità la donazione di beni futuri, con l'eccezione dei frutti pendenti.
Dal punto di vista formale la donazione è negozio solenne perché richiede la necessità dell'atto pubblico notarile (art. 782 c.c.) e la presenza di due testimoni;
La forma pubblica non è però richiesta nel caso di donazione di modico valore di cosa mobile (c.d. donazione manuale), in cui la forma è sostituita dalla traditio, cioè dalla consegna (art. 783 c.c.): trattasi dunque di un contratto reale.
Secondo la regola contrattuale, la donazione nulla non può essere convalidata dalle parti (art. 1423 c.c.), ma una volta morto il donante, poiché la donazione è assimilata all'attribuzione mortis causa, è possibile la conferma ad opera degli eredi o aventi causa del donante stesso, alle medesime condizioni previste dall'art. 590.
La donazione (che non sia rimuneratoria o propter nuptias art. 805) è revocabile per ingratitudine o per sopravvenienza dei figli. L'ingratitudine si ravvisa (art. 801) nelle ipotesi tipizzate dal legislatore ai numeri 1, 2, 3 dell'art. 463 e degli articoli 433 e 436.
Il termine (di decadenza e non di prescrizione) per revocare è di un anno dal giorno in cui il donante è venuto a conoscenza del fatto. La legittimazione all'azione, oltre che al donante, spetta ai suoi eredi (art. 802 c.c.).
Al contrario l'azione, in caso di revocazione per sopravvenienza di figli (art. 803 c.c.) deve essere proposta entro il termine (ritenuto di decadenza) di cinque anni dal giorno della nascita dell'ultimo figlio.
La pubblicità immobiliare - Per gli acquisti mortis causa, vale il principio per cui l’erede può continuare il possesso ad usucapione iniziato dal defunto.
Più complessa è la vicenda che riguarda il trasferimento degli atti inter vivos. L’intervento del Legislatore in tale materia è dovuto al fatto che nel nostro ordinamento il contratto traslativo è consensuale.
Per questo può accadere che un proprietario alieni uno steso bene di sua proprietà a due soggetti diversi.
Il principio generale da applicare in tali casi è quello del prior in tempore, potior in iure nel senso che prevale chi acquista per primo con un atto avente data certa.
Tale principio, però non permetterebbe la sicurezza nei traffici giuridici, per questo:
- da un lato è necessario obbligare chi trasferisce a garantire la titolarità del diritto trasferito risarcendo il danno da evizione.
- dall’altro, bisogna risolvere le controversie tra più acquirenti dallo stesso dante causa secondo il principio di giustizia sostanziale racchiuso nel principio dell’affidamento.
Per gli acquisti di diritti su beni mobili altrui si applica l’art. 1153 c.c. secondo cui “l’acquisto a non domino del diritto di proprietà, nonché di usufrutto, uso e pegno, è fatto salvo purché l’acquirente sia in buona fede al momento della consegna del bene e sussista un titolo astrattamente idoneo al trasferimento del diritto”.
Per il perfezionamento di tale fattispecie acquisitiva sono necessari:
la buona fede dell’acquirente al momento della consegna. Essa si presume ed è esclusa da colpa grave e può venir meno in un secondo momento.
la consegna che non deve essere vietata dalla legge e deve essere effettiva.
titolo astrattamente valido, efficace e astrattamente idoneo. L’acquisto è impossibile, ad esempio, se il titolo è nullo.
Secondo l’art. 1155 c.c., in caso di doppia alienazione mobiliare prevale chi per primo ha conseguito in buona fede il possesso anche se il suo titolo è di data posteriore.
In ogni caso chi ha conseguito il possesso in mala fede può usucapire trascorsi venti anni; se c’è buona fede ma il titolo è inidoneo può usucapire trascorsi dieci anni.
Per l’usucapione abbreviata sono previsti dei termini diversi a seconda del bene che ne è oggetto:
10 anni per i beni immobili e per le universalità di mobili; 5 anni per la piccola proprietà contadina;
3 anni per i beni mobili registrati.
Presupposto indispensabile è la buona fede che deve sussistere al momento dell’impossessamento de bene, invece, per i beni immobili ed i mobili registrati è necessario che il titolo sia stato trascritto. La legge fa decorrere il termine per l’usucapione dalla data della trascrizione del titolo.
Il mezzo di pubblicità che si riferisce agli immobili o ai mobili registrati è la trascrizione
In via generale possiamo dire che essa serve a far conoscere ai terzi le vicende giuridiche di un immobile o di un mobile registrato.
Vediamo i principi della trascrizione:
- La trascrizione di regola non ha efficacia costitutiva, ma solamente dichiarativa.
- L’atto è già perfetto e la trascrizione ha solo il compito di rendere l’atto opponibile ai terzi.
- La trascrizione, dunque è un semplice onere per le parti, mentre è un obbligo per il notaio e il cancelliere (relativamente alla trascrizione delle sentenze).
- La trascrizione non ha funzione sanante di eventuali vizi dell’atto.
- Risolve conflitti tra acquirenti per atto tra vivi
- La trascrizione non risolve conflitti tra acquirenti a titolo derivativo e acquirenti a titolo originario ma risolve solo conflitti tra acquirenti dal comune autore.
La trascrizione è costituiva solo in alcuni casi. Ricordiamo la trascrizione del titolo per poter addivenire all’usucapione abbreviata e la trascrizione ex art. 534 c.c. per l’acquisto dell’erede apparente.
Nel nostro ordinamento vige il principio della pubblicità degli acquisti immobiliari su base personale e non reale, pertanto si trascrive a favore e contro una persona fisica o giuridica e, quindi, è un soggetto e non un bene ad essere al centro delle registrazioni.
La ricerca, dunque, all’interno dei registri immobiliari, andrà effettuata partendo dal soggetto per verificare quali trascrizioni siano state operate nei suoi confronti, a suo favore o contro di lui.
ll Legislatore ha stabilito il principio della continuità delle trascrizioni.
In questo senso il legislatore sanziona chi non provvede a trascrivere il proprio titolo d’acquisto rendendo opponibili al suo avente causa anche trascrizioni anteriori ove manchi la trascrizione di un anello della catena. Conseguentemente, chi acquista diritti reali su beni immobiliper essere tranquillo non deve solo provvedere alla trascrizione del proprio titolo di acquisto, ma deve anche preoccuparsi di verificare che risulti trascritto il titolo di acquisto del suo dante causa e se ravvisa una lacuna deve preoccuparsi di ripristinare la continuità delle trascrizioni.
Per quanto riguarda la trascrizione delle domande giudiziali in questi casi la trascrizione esplica una funzione di prenotazione, nel senso che se la domanda trascritta verrà successivamente accolta, la stessa sentenza di accoglimento verrà considerata opponibile ai terzi aventi causa dal convenuto.
Solo nel caso in cui i terzi abbiano trascritto il loro titolo d’acquisto anteriormente alla trascrizione della domanda giudiziale, l’eventuale sentenza d’accoglimento della domanda non sarà più in grado di pregiudicarli.
Per trascrivere un atto è necessario recarsi alla Conservatoria dei registri immobiliari del luogo ove è situato l’immobile e consegnare un’istanza redatta in doppio originale (c.d. nota di trascrizione) al Conservatore.
Ogni nota deve essere inserita nel Registro Generale prendendo così una propria data e un proprio numero d’ordine progressivo che farà fede circa la priorità temporale.
Ogni nota verrà, poi, inserita nel proprio registro a seconda del tipo di “atto”: avremmo così il registro delle trascrizioni, il registro delle annotazioni e il registro delle iscrizioni.
Il criterio della priorità dell’acquisto
A questo punto risulta chiaro che il criterio della priorità dell’acquisto risolve i conflitti solo laddove il bene sia mobile e nessuno degli acquirenti abbia conseguito il possesso ovvero chi l’ha conseguito era in mala fede in quanto sapeva della precedente alienazione.
Per gli immobili, invece, il principio funziona solo nel caso nessuno dei due acquirenti abbia trascritto.
Per le universalità di mobili, infine, il principio è perfettamente funzionante.

1 commento:

  1. quanto tempo ha l'erede a definire con i propri fratelli e cosa può fare il notaio se l'erede non vuole con proposito la leggittima in quanto sui beni guadagna .
    Ringrazio anticipatamente se mi potete dare un consiglio

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