giovedì 20 agosto 2009

C.D.I. – Il ruolo fondamentale della R.S.U.

Il Testo Unico è sufficientemente chiaro e puntuale nell’individuare le parti negoziali ed il quorum di consensi necessari alla stipulazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro, invece è alquanto oscuro e lacunoso riguardo ai medesimi aspetti relativi ai contratti decentrati integrativi.
Infatti, solo per i CCNL l’art.43, c.3, T.U.P.I., dispone che questi possano ritenersi validamente conclusi dall’ARAN se le OO.SS. aderenti (ed ammesse al tavolo delle trattative secondo i criteri di cui al precedente comma 1) rappresentino nel loro complesso almeno il 51%, come media tra il dato associativo ed il dato elettorale nel comparto o nell’area contrattuale, o almeno piuttosto confuso e solo in occasione della disciplina dei diritti e delle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro, si limita ad accennare alla possibile composizione della parte sindacale legittimata a stipulare il contratto decentrato integrativo.
Possibile in quanto, dal tenore letterale del comma 7, deve ritenersi che la componente necessaria ed imprescindibile ex lege della delegazione trattante dei lavoratori, in sede decentrata, sia solo ed esclusivamente la R.S.U., solo eventualmente integrata con i rappresentanti delle OO.SS. firmatarie dei CCNL di comparto, se e nel caso in cui le parti lo abbiano preventivamente concordato in appositi contratti collettivi nazionali quadro.
Con ciò significando che, in sede di contrattazione decentrata, l’unica componente la cui presenza è garantita ex lege per la parte trattante dei lavoratori è solo quella di natura elettiva, ossia la R.S.U., mentre la componente di nomina prettamente sindacale è solo eventuale, ossia rimessa alla libera volontà delle parti in sede di contrattazione nazionale.
Ne consegue quindi che, mentre la prima potrebbe venir meno solo in caso di un’espressa modifica o abrogazione da parte del legislatore, la seconda potrebbe venir meno per mera volontà delle parti contraenti dei CCNL, laddove rivedano o non rinnovino in parte qua le relative disposizioni negoziali. Quasi che, a fronte di una minor capacità dei lavoratori di incidere sul contenuto del contratto decentrato integrativo (come detto vincolato da quello nazionale e dagli strumenti di programmazione finanziaria della singola P.A. datrice di lavoro), il legislatore abbia voluto riconoscere espressamente la capacità contrattuale in senso proprio ai soli rappresentanti eletti dai lavoratori, quali destinatari ultimi dello stipulando accordo.
Capacità che, viceversa, per i membri di nomina sindacale ha fonte contrattuale e, quindi, anche minor forza e stabilità.
L’accordo quadro per la costituzione e l’elezione delle R.S.U. per il personale dei comparti delle PP.AA. è di fatto intervenuto il 7 agosto 1998 che, all’art.8, ha disposto che: <<1.>>.
Allo stato, dunque, la delegazione di parte sindacale in sede di contrattazione decentrata risulta composta dalla R.S.U., soggetto unitario che decide a maggioranza dei suoi membri, integrata dai rappresentanti delle OO.SS. firmatarie dei CCNL.
Tuttavia, come già osservato, la normativa in materia, a differenza di quanto previsto per i CCNL, nulla dispone in ordine al quorum di consensi espressi dalla parte sindacale da ritenersi necessari al fine di ritenere validamente concluso il contratto integrativo decentrato.
Tanto, probabilmente, proprio in ragione del fatto che la limitata o inesistente (per la parte economica) capacità innovativa del contratto decentrato fa sì che questo non necessiti, secondo il legislatore, di quella matematica e larga maggioranza di consensi sindacali richiesta, di contro, per la valida sottoscrizione dei contratti collettivi nazionali entro i cui limiti si svolge.Di tal chè, al pari di quanto accade nel settore privato, anche in sede di contrattazione decentrata vale il principio generale del maggior consenso possibile della delegazione di parte dei lavoratori.
Delegazione che, in quanto composita, può risultare priva di un indirizzo unitario e, perciò stesso, ingenerare difficoltà di gestione dei rapporti sia al suo interno, sia alla controparte datoriale.
Cosicché la sua eterogeneità, se per un verso assicura in modo democratico ed effettivo la partecipazione mediata di tutti i lavoratori e dei rispettivi, peculiari, interessi, dall’altro può tramutarsi nell’ostacolo alla concretizzazione di quello, primario, che li accomuna tutti, a prescindere dal loro inquadramento ed orientamento sindacale: il rinnovo del contratto integrativo decentrato (cui è subordinata ad esempio, tra l’altro, l’erogazione dei compensi accessori).
Rinnovo che il legislatore, consapevole di ciò, ha pertanto voluto assicurare svincolandolo dalla <> e basandolo esclusivamente su un non qualificato <>, il cui apprezzamento è rimesso alla sensibilità della parte datoriale, in tal modo, tuttavia, potenzialmente esposta, suo malgrado, alle reazioni dei sindacati di minoranza o messi in minoranza dai sindacati aderenti all’accordo.
Reazioni che, ovviamente, spesso si sostanziano in ricorsi d’urgenza per condotta antisindacale, ex art.28, L. n.300/70, da ritenersi inammissibili ogni qual volta la parte datoriale abbia seguito l’iter previsto per la contrattazione decentrata integrativa, tenendo un comportamento improntato a principi di responsabilità, correttezza, buona fede e trasparenza, garantendo la partecipazione di tutte le forze sindacali.

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