mercoledì 12 agosto 2009

Il CONTRATTO

Il CONTRATTO E GLI ELEMENTI ESSENZIALI
Il contratto è la più importante fonte di obbligazione e viene definito dal Codice Civile, all’art. 1321, come “l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.
Da tale definizione si deduce che: il contratto ha sempre contenuto patrimoniale; è un negozio giuridico necessariamente bilaterale o plurilaterale; costituisce un paradigma generale ed astratto in quanto ha la capacità di accogliere qualunque contenuto purché serio e lecito.
La funzione del contratto può assumere tre aspetti: Costituire, ossia dar vita ad un rapporto che prima non esisteva; Modificare e Estinguere un rapporto preesistente.
Il regime giuridico del contratto è dettato: dalla legge, dalla volontà delle parti e dagli usi.
Il contratto è un negozio giuridico che presenta i seguenti elementi essenziali:
1) L’accordo o consenso delle parti;
2) La causa;
3) L’oggetto;
4) La forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità (art.1350 c.c. “atti che devono farsi per iscritto”)
L'accordo è il reciproco consenso delle parti in ordine al programma contrattuale.
La parte è un centro di interessi e rimane unica anche se comprende più persone. Così la vendita è un contratto tra due parti (il venditore e il compratore) anche se più persono concorrono a formare la parte venditrice o la parte acquirente.
Con l'accordo si verifica l'incontro di due manifestazioni di volontà: quello di chi prende l'iniziativa per la stipulazione del contratto (proposta) e quella di chi, aderendo alla proposta, perfeziona il consenso (accettazione).
La causa è proprio la funzione economico-sociale a cui il contratto adempie: è lo scopo a cui tende, è quello che appare all'esterno (un contratto visto dall'esterno appare come uno scambio).
La causa deve essere lecita: non contraria a norme imperative, all'ordine pubblico e al buon costume.
L'illeicità della causa determina la nullità del contratto.
Non bisogna confondere la causa con i motivi che variano essendo soggettivi e mutevoli. I motivi a differenza della causa non hanno, salvo casi particolari, rilevanza nel diritto privato. Per i contratti tipici, la causa è prevista dalla legge; per quelli atipici la causa non è predeterminata. L'autonomia privata può perseguire scopi molteplici vari purchè siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico.
L'oggetto è il contenuto del contratto, cioè il rapporto giuridico patrimoniale che le parti vogliono costituire, regolare o estinguere.
L'oggetto della vendita è la realizzazione del prezzo (per il venditore) e l'ottenimento della proprietà della cosa (per il compratore). Deve essere: possibile, sia di fatto che giuridicamente;
lecito, se conforme alle norme giuridiche; illecito nel caso contrario; determinato, cioè deve essere identificato nel momento in cui il contratto viene concluso, oppure deve essere determinabile, cioè nel contratto devono esistere elementi per individuarlo.
La forma è strettamente collegata alla validità dell’atto. La forma può essere considerata il veicolo mediante il quale si esprime la volontà negoziale. La funzione della forma è quella di rendere indelebile l’accordo delle parti, una sorta di certificazione della volontà privata. Nell’ottica di una tutela delle parti, alla forma sono collegati gli adempimenti pubblicitari inerenti la successiva trascrizione. Da ciò, poi, il collegamento forma opponibilità dell’atto, possibile solo se l’atto è redatto con una forma ben precisa, prevista dalla legge.
LA PROPOSTA E L’ACCETTAZIONE DEL CONTRATTO
La proposta, per essere idonea a costituire il vincolo contrattuale, deve essere completa, ossia deve contenere tutti gli elementi essenziali del contratto che si vuole concludere. La proposta è una dichiarazione unilaterale di volontà, di regola recettizia, che diventa impegnativa soltanto nel momento in cui sia accettata dal destinatario. Si tratta, pertanto, di un atto prenegoziale privo di autonoma rilevanza e destinato a fondersi con la successiva accettazione dando vita al contratto.
L’accettazione è la dichiarazione diretta al proponente che contiene l’accoglimento della proposta. Deve essere tempestiva e coincidente in pieno con tutte le clausole contenute nella proposta: se è anche parzialmente difforme vale solo come controproposta.
Deve avere la forma richiesta dal contratto che si vuole concludere e deve essere fatta alla persona del proponente o ad un suo rappresentante.
Anche l’accettazione può essere revocata, purché la revoca giunga al proponente prima dell’accettazione stessa (art. 1328 c.c.).
Si ha, invece, accettazione tacita qualora l’esecuzione immediata del contratto sia richiesta dal proponente o dalla natura dell’affare o dagli usi.
DIFFERENZA TRA CONTRATTI REALI E CONTRATTI CONSENSUALI
Sono classificati come contratti Consensuali quelli che si perfezionano con l’accordo tra le parti – Sono classificati come contratti reali quelli in cui è necessario oltre all’accordo anche la consegna del bene (mutuo, comodato, deposito e pegno)
DIFFERENZA TRA CONTRATTI AD EFFICACIA REALE E CONTRATTI AD EFFICACIA OBBLIGATORIA
Sono classificati come contratti ad efficacia reale quelli che realizzano automaticamente, per effetto del solo consenso, il risultato perseguito (compravendita).
Sono classificati come contratti ad efficacia obbligatoria quelli che fanno nascere l’obbligo a carico delle parti di realizzare il risultato.
LA PROPOSTA IRREVOCABILE NEL CONTRATTO
La proposta può essere revocata prima della conclusione del contartto, ma nel caso in cui l’accettante ha eseguito in buona fede la sua prestazione deve essere indennizzato da proponente delle spese e perdite subite. Il proponente può revocare la proposta finché il contratto non è concluso, cioè fino al momento in cui viene a conoscenza dell’accettazione dell’altra parte, tranne nei casi previsti dalla legge (artt. 1329,1331, 1333). Si ha proposta irrevocabile nel caso in cui il proponente decide di rinunciare alla facoltà di revoca . In questo caso la sua proposta resta efficace anche in caso di morte o di sopravvenuta incapacità del proponente. (art. 1329 c.c).
OPZIONE NELL’AMBITO DEL CONTRATTO
Rende irrevocabile la proposta in seguito ad un accordo tra le parti E’ prevista dall’art 1331 c.c. secondo il quale quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l'altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall'art. 1329.
Se per l'accettazione non è stato fissato un termine, questo può essere stabilito dal giudice (1183).
L’irrevocabilità presenta come unica differenza, rispetto all’art. 1329 c.c. quella di derivare da un accordo e non solo dalla volontà del proponente. L’opzione ha un termine di validità, ed entro detto termine l’accettante può perfezionare il contratto mediante dichiarazione unilaterale di volontà. L’opzione può avere un corrispettivo.
COSA PROCURA LA NOVAZIONE IN UN CONTRATTO?
Tra i modi d’estinzione diversi dall’adempimento si distinguono: i modi satisfattori e i modi non satisfattori, tra cui la novazione.
La novazione è il contratto con il quale le parti del rapporto sostituiscono all’obbligazione originaria, che di conseguenza si estingue, una nuova obbligazione con oggetto o titolo diverso (art. 1230 c.c.). Si tratta di un contratto consensuale ad un tempo estintivo e costitutivo di un nuovo rapporto obbligatorio, in cui la volontà di estinguere l’obbligazione precedente deve risultare in modo non equivoco. L’estinzione si produce automaticamente nel momento in cui è raggiunto l’accordo novativo.
I requisiti della novazione sono:
1) L’obligatio novanda: la novazione è senza effetto se non esisteva l’obbligazione originaria (art. 1234 c.c.);
2) L’aliquid novi: ossia un mutamento dell’oggetto o del titolo;
3) L’animus novandi: ossia la volontà di estinguere l’obbligazione precedente creandone una nuova; tale volontà non si presume, ma deve risultare in modo non equivoco (art. 1230 c.c.).
LA RESPONSABILITA’ CIVILE EXTRACONTRATTUALE ART. 2043
La norma fondamentale cui bisogna fare riferimento è l’art. 2043 del codice civile, in base al quale “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”. Data la genericità dell’espressione “qualunque fatto che cagiona un danno ingiusto”, la disposizione citata è considerata dalla dottrina una sorta di clausola generale dell’ordinamento, realizzata attraverso la c.d. atipicità dell’illecito civile. Sarà l’autorità giudiziaria, infatti, a decidere se un dato comportamento può ritenersi lesivo o meno della regola base di convivenza pacifica appena vista, verificando, altresì, la sussistenza di tutti gli elementi strutturali individuati all’art. 2043 c.c.. Ai fini della sussistenza della responsabilità extracontrattuale occorre che si sia verificato un danno ingiusto, l’imputabilità del soggetto agente, ossia la sua capacità di Intendere e Volere, un comportamento, doloso o colposo del soggetto tenuto al risarcimento (doloso quando un certo evento è il risultato della volontà dell’Agente, colposo quando l’evento si verifica a causa di negligenza, ovvero per inosservanza delle leggi) .Ai fini del risarcimento del danno occorre inoltre accertare l’esistenza di un idoneo nesso di causalità giuridica tra la condotta e l’evento. Al ricorrere di ogni requisito legale, spetterà sempre al giudice quantificare l’ammontare dovuto, considerato che l’art. 2059 c.c. legittima il danneggiato a pretendere il risarcimento delle conseguenze negative, anche di tipo non patrimoniale.
La responsabilità extracontrattuale, anche detta “aquiliana” (dal nome della Lex Aquilia del 287 a.C.), è quella che consegue allorché un soggetto viola non già un dovere specifico, derivante da un preesistente rapporto obbligatorio, bensì un dovere generico che, solitamente, è indicato dalla dottrina con il termine latino “neminem laedere”.
LA RESPONSABILITA’ EXTRACONTRATTUALE, DIFFERENZE CON QUELLA CONTRATTUALE
La responsabilità extracontrattuale (art. 2043 del codice civile) è quella che consegue allorché un soggetto viola non già un dovere specifico, derivante da un preesistente rapporto obbligatorio, bensì un dovere generico che, solitamente, è indicato dalla dottrina con il termine latino “neminem laedere”. Si ha, invece, responsabilità contrattuale nel caso di violazione di un dovere specifico, derivante da un precedente rapporto obbligatorio.
Le differenze tra questi due sistemi di responsabilità sono ravvisati sotto il profilo:
1 Dei termini di prescrizione(l’azione di risarcimento del danno si prescrive in dieci anni)
2 Dell’onere della prova(grava interamente sull’attore, il quale deve provare l’esistenza di tutti gli elementi come ingiustizia, colpevolezza ecc.)
3 Degli interessi protetti(in caso di lesione di diritto soggettivo assoluto la resp contrattuale ha un campo d’applicazione più vasto)
4 Dei danni prevedibili(il risarcimento è legato al dano che poteva prevedersi al sorgere dell’obbligazione)
5 Dei danni non patrimoniali(possono essere risarciti solo nel settore della responsabilità extracontrattuale)
6 Dell’apponibilità di clausole di esonero della responsabilità
Un’ulteriore differenza di disciplina, infine, può rinvenirsi in merito all’istituto della mora. Solo nella responsabilità contrattuale tale figura non opera mai al semplice verificarsi del ritardo, ammettendosi un certo grado di tolleranza del creditore; nella responsabilità extracontrattuale, al contrario, la mora opera automaticamente, poiché non è tollerato alcun ritardo.
RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE ED EXTRACONTRATTUALE: IL CONCORSO
Esiste la possiblità di Concorso tra le due responsabilità; significa che chi ha subito danno nell’ambito dell’esecuzione di un contratto può scegliere se agire in Responsabilità Contrattuale (art1218) o extracontrattuale(art2043).
La giurisprudenza ammette la possibilità di scelta nel caso in cui sia stato leso un Diritto Soggettivo Assoluto.
L’ISTITUTO DEL RECESSO E LA RISOLUZIONE
Fra le cause di risoluzione ammesse dalla legge è espressamente disciplinato il recesso (art. 1373 c.c.) che va definito come il diritto di sciogliere il contratto concluso, mediante una dichiarazione unilaterale comunicata all’altra parte.
Tale diritto può essere:
a) Previsto dalla legge, come accade per alcuni contratti nominati (società, locazione, mandato, mutuo, appalto, deposito, contratto di lavoro), si tratta, per lo più di contratti la cui esecuzione si protrae nel tempo e di cui non è stabilito in anticipo il momento della cessazione;
b) Previsto contrattualmente dalle parti con apposita clausola (si parla in questo caso di recesso convenzionale).
Il recesso ha una efficacia ex nunc, in quanto elimina gli effetti giuridici per il futuro, lasciando inalterati quelli già prodottisi. Contrariamente alla revoca che ha, invece, sempre una efficacia ex tunc (retroattiva).
Differenze tra RECESSO e risoluzione
- Mentre la rescissione si verifica per cause sorte contemporaneamente alla conclusione del contratto (si parla di difetto genetico), la risoluzione si verifica per fatti sopravvenuti, cioè per cause che sopraggiungono dopo la conclusione del contratto stesso, determinandone lo scioglimento.
La risoluzione (cfr. artt. 1453 e ss. c.c.) è un istituto che si riferisce a un vizio del contratto inteso non come “atto” (com’è per le ipotesi di invalidità, ossia nullità e annullabilità), bensì come “rapporto”: si tratta, infatti, di una disfunzione del rapporto contrattuale sopravvenuta e causata da una delle fattispecie descritte dal codice, mentre, all’origine, il contratto era stato stipulato in modo del tutto valido e, in condizioni per così dire “normali”.
L’azione di risoluzione è lo strumento con cui una parte può sciogliersi dal vincolo contrattuale qualora la causa di questo presenti delle anomalie sopravvenute dopo la conclusione del contratto.
I tipi di risoluzione indicati dal codice sono tre;
1) Per inadempimento (che non deve avere scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra, ex art. 1455 c.c.) di una delle parti di un contratto a prestazioni corrispettive: in tale evenienza, è offerta alla parte che ha adempiuto regolarmente le proprie obbligazioni la possibilità di scegliere tra l'adempimento e la risoluzione del contratto. Alla parte adempiente il codice riconosce anche una soluzione diversa: essa può intimare per iscritto alla parte inadempiente di adempiere entro un congruo termine (che non potrà comunque essere inferiore a quindici giorni, salvo diversa pattuizione delle parti o salvo che, per la natura del contratto o secondo gli usi, risulti congruo un termine minore), con dichiarazione che, decorso inutilmente detto termine, il contratto s'intenderà senz'altro risoluto. Allo scadere invano di detto termine, il contratto è risolto di diritto (ossia senza necessità di ulteriore attivazione da parte del contraente diligente). Per quanto concerne gli effetti, la risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso di contratti a esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l'effetto della risoluzione non si estende le prestazioni già eseguite. Anche se è stata espressamente pattuita, inoltre, la risoluzione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione (cfr. art. 1458 c.c.).
2) Per impossibilità sopravvenuta della prestazione
Una seconda specie di risoluzione è quella che, sempre nei contratti con prestazioni corrispettive, avviene allorché una prestazione sia divenuta impossibile (ad esempio è andata distrutta la cosa oggetto di un negozio traslativo): ebbene, in tale circostanza, “la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito” (cfr. art. 1463 c.c.). L’articolo immediatamente successivo si occupa di regolare il caso in cui l’impossibilità sopravvenuta sia solo parziale: l'altra parte avrà diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento parziale.
3) Per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, che non è applicabile ai contratti aleatori, è quella disciplinata dagli articoli 1467 e seguenti del codice civile. Il legislatore ha previsto, all’uopo, che, quando il contratto sia a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall'art. 1458”. Il codice, comunque, offre alla parte contro la quale è domandata la risoluzione una possibilità di evitarla del tutto analoga a quella introdotta per la rescissione: può offrire di modificare equamente le condizioni del contratto.
L’ADEMPIMENTO CONTRATTUALE
Il modo naturale di estinzione dell’obbligazione è l’adempimento o pagamento, che consiste nell’esecuzione della prestazione che realizza l’interesse del creditore. Pertanto l’adempimento è l’esatta esecuzione della prestazione. Infatti l’art. 1218 c.c. considera inadempimento ogni caso in cui il debitore non esegue esattamente la prestazione. Esso estingue, in via diretta e contemporanea, sia l’obbligo del debitore, sia il diritto del creditore. L’art. 1176 c.c. impone al debitore di usare, nell’adempimento dell’obbligazione, la diligenza del buon padre di famiglia per evitare la responsabilità contrattuale.
Il pagamento dell’obbligazione può essere fatto:
1) Al creditore che abbia la capacità di ricevere;
2) Al rappresentante del creditore;
3) Alla persona indicata dal creditore, autorizzata dalla legge o dal giudice.
Il luogo dell’adempimento è determinato:
1) Dalla volontà delle parti;
2) Dagli usi;
3) Dalla natura della prestazione e da altre circostanze obiettive.
Per quanto concerne il tempo di scadenza dell’adempimento si noti che:
a) In mancanza di fissazione del termine, la prestazione può esigersi immediatamente;
b) Se è indicato un termine, questo si presume a favore del debitore;
c) Se il termine è convenuto a favore del creditore, il debitore non può adempiere prima, ma il creditore può esigere prima la prestazione.
ANNULLABILITA’ DEL CONTRATTO
Si parla di annullabilità del contratto nel Libro IV, Titolo II, Capo XII, del Codice Civile, ove l’art. 1425 e seguenti prevedono che il contratto è annullabile se una delle parti era legalmente incapace di contrattare e quando ricorrono le condizioni stabilite dall’art. 428 c.c., cioè il contratto sia stato stipulato da persona incapace di intendere o di volere.
Altre cause di annullamento sono:
1) La violenza, anche se esercitata da terzo;
2) Il dolo, quando i raggiri usati da uno dei contraenti siano stati tali che, senza di essi, l’altra parte non avrebbe contrattato;
3) L’errore, quando è essenziale ed è riconoscibile dall’altro contraente.
L’annullamento del contratto può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge.
L’azione di annullamento si prescrive in cinque anni.
LA CONDIZIONE SOSPENSIVA
La condizione è un avvenimento futuro ed incerto, al verificarsi del quale è subordinata l’iniziale efficacia di un negozio giuridico (condizione sospensiva), oppure la cessazione degli effetti del negozio giuridico (condizione risolutiva).
L’art. 1353 c.c. dispone testualmente che “le parti possono subordinare l’efficacia o la risoluzione del contratto o di un singolo patto ad un avvenimento futuro ed incerto”. I contratti sottoposti a tale condizione c.d. sospensiva non hanno un’efficacia immediata, ma subordinata al verificarsi di un determinato evento.
Pertanto, in diritto si ha una condizione sospensiva quando gli effetti del negozio giuridico ad essa sottoposta, non si producono immediatamente, ma solo qualora la condizione espressa si avveri.
Il contratto è nullo (art. 1354 c.c.) al momento in cui le condizioni, sospensive o risolutive, sono contrarie a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume.La condizione impossibile rende nullo il contratto se è sospensiva; se è risolutiva, si ha come non apposta, per cui l’atto resta perfettamente efficace

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