martedì 19 maggio 2009

Il libro bianco di Biagi - Riforma mercato lavoro

La riforma del mercato del lavoro, frutto del libro bianco di Marco Biagi, apre la strada a nuove flessibilità e forme contrattuali, liberalizza il collocamento e mette in campo nuove regole sul lavoro. Ispirandosi agli obiettivi indicati dagli orientamenti dell’Unione europea in materia di occupabilità la L. 30/03 oltre a novellare il sistema legislativo del diritto del lavoro, vuole occupare più giovani nel Mezzogiorno e più donne ed anziani nel Paese.
La riforma vuole rendere più efficaci i modi per entrare o rientrare nel mercato del lavoro, favorire la permanenza al lavoro regolare di persone che hanno bisogno di coniugare il tempo di lavoro con quello dedicato alla famiglia, all’apprendimento o ad altri scopi. Regole più moderne e più europee che vogliono favorire il reciproco adattamento fra le esigenze dei lavoratori e quelle delle imprese, con particolare riguardo all’orario di lavoro.
Coerentemente con una impostazione complessiva della riforma di “rafforzare la dimensione locale della Strategia europea per l’occupazione,” le attività formative e consulenziali realizzate in un primo momento dal Formez nell’ambito del progetto Caravelle ed oggi dal progetto http://db.formez.it/progettiformez.nsf/a9ac5f61f13363e2c1256ce80040ed05/8aa8eb860bf42ce7c1256e9300570b00?OpenDocument sono concepite per supportare le dinamiche di apprendimento e per coinvolgere gli operatori dei Servizi per l’Impiego nel complessivo ridisegno del mercato del lavoro, così come delineato dalla riforma Biagi.
SPI@LEARN si pone, quindi, l’obiettivo fondamentale della valorizzazione delle risorse umane impegnate nell’erogazione dei Servizi per l’Impiego, privilegiando l’uso delle tecnologie dell’informazione e la diffusione, attraverso una serie di efficaci interventi di alta formazione, di una nuova cultura del lavoro. Di qui la necessità di agire in una logica di network, sfruttando la forte capillarità dei Centri per l’Impiego sul territorio nazionale sia quale strumento di intelligence dei fabbisogni locali sia come strumento di amplificazione della strategia di progetto.
Un’articolazione progettuale complessa, concepita per fronteggiare efficacemente sia le sollecitazioni di un mercato del lavoro in continua e profonda evoluzione, sia le dinamiche del processo di riforma in divenire.
Al fine di rendere fruibili, a tutti le novità introdotte dalla Riforma Biagi, il Formez ha predisposto N.10 quadri conoscitivi sintetici sulle caratteristiche principali della L. 30/03 e dai suoi decreti attuativi e circolari interpretative. Pertanto, si è cercato di evidenziare un modello espositivo leggero ed allo stesso tempo ricco di contenuti normativi con la possibilità (tramite link) di trovare l’intero testo normativo citato. In particolare si è cercato di far comprendere ai lettori l’importanza innovativa della riforma e di acquisire un metodo di lettura del testo di legge.
Sono qui di seguito elencati le sintesi dei N.10 quadri conoscitivi sintetici:
1. I nuovi principi in tema di rapporto di lavoro. La Strategia Europea dell’occupazione prima ed il Libro Bianco poi, hanno ispirato la Legge Biagi la quale ha introdotto nuove forme di flessibilità e tipologie contrattuali. Così, si realizza in Italia la più importante riforma del sistema di collocamento e dei canali di accesso al lavoro, disegnando in modo organico un nuovo Statuto dei lavoratori.
2. Le nuove forme di tutela dei lavoratori. La Riforma Biagi introduce regole e schemi giuridici idonei a soddisfare il riassetto dei Servizi per l’Impiego, consentendo a tutti, in condizioni di pari opportunità, l’accesso alla nuova occupazione. Norme più moderne e più europee, che vogliono favorire il reciproco adattamento fra le esigenze dei lavoratori e quelle delle imprese.
3. La nuovo disciplina di collocamento. Ogni persona in cerca di una prima occupazione o di un nuovo lavoro deve sapere che non verrà abbandonata a se stessa e che i nuovi servizi per l’impiego, pubblici e privati, sono in grado di fornire un sostegno migliore e più solido delle sole reti amicali e familiari.
4. La nuova disciplina dei contratti di lavoro a contenuto formativo. Il rafforzamento delle tutele del lavoro avviene anche con la revisione e razionalizzazione dei rapporti di lavoro a causa mista come, l’apprendistato ed il contratto di inserimento. Questi contratti si collocano nel rispetto dei principi della riforma Moratti e Biagi.
5. Le modifiche introdotte all’istituto del part-time. Il lavoro part-time diventa più flessibile e a differenza della precedente normativa sarà possibile, entro limiti predeterminati, una variazione della distribuzione dell’orario di lavoro. Pertanto, le nuove regole mirano a fornire, ai lavoratori e soprattutto alle lavoratrici, uno strumento contrattuale di qualità e di maggiore incentivazione di accesso al lavoro.
6. Le collaborazioni coordinate e continuative. La Riforma Biagi, prevede un vero e proprio divieto per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa atipici, cioè privi di un collegamento effettivo con un progetto specifico o programma di lavoro e come tali privi di un termine di durata, che laddove posti in essere, sono considerati come rapporti di lavoro subordinati a tempo indeterminato.
7. Lo staff leasing. La Riforma Biagi, sostituisce la fattispecie giuridica della fornitura del lavoro interinale con la somministrazione di manodopera, anche a tempo indeterminato. Pertanto, solo nei casi specificati dalla legge è introdotto, per la prima volta nell’ordinamento italiano, lo staff leasing, l’affitto di manodopera non a termine.
8. La nuova figura del socio lavoratore. La riforma del mercato del lavoro interessa anche il mondo cooperativistico, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore. Infatti, la legge stabilisce che, nel rapporto di lavoro fra il socio e la cooperativa stessa, è prevalente il rapporto societario.
9. Le nuove forme contrattuali job on call e job sharing (lavoro a chiamata o intermittente, lavoro a coppia o ripartito). Il lavoro a chiamata (nuova tipologia contrattuale), permette ad un’impresa di chiamare in qualsiasi momento, entro un arco di tempo contrattato, il lavoratore il quale riceverà in cambio una indennità di disponibilità oltre alla retribuzione. Il lavoro a coppia prevede, invece, che un’unica prestazione venga condivisa da due lavoratori, i quali si dividono la retribuzione.
10. La certificazione del rapporto di lavoro. La procedura di certificazione dei rapporti di lavoro, dovrebbe contribuire a circoscrivere l’incertezza delle controversie, che in genere sorgono a conclusione della esperienza di lavoro, e con ciò a stemperare il divario tra logiche giuridiche e logiche organizzativo-produttivistiche. Pertanto, sarà migliorata tanto l’interazione tra nuove e vecchie regole quanto la riconversione dei Servizi per l’Impiego verso un’attività di reale servizio nei confronti e dei soggetti in cerca di occupazione e delle aziende.
1. I nuovi principi in tema di rapporto di lavoro
La Strategia Europea dell’occupazione prima ed il Libro Bianco poi, hanno ispirato la Legge Biagi la quale ha introdotto nuove forme di flessibilità e tipologie contrattuali. Così, si realizza in Italia la più importante riforma del sistema di collocamento e dei canali di accesso al lavoro, disegnando in modo organico un nuovo Statuto dei lavoratori.
A partire dalla seconda metà degli anni novanta il sistema italiano del mercato del lavoro ha registrato progressi importanti. La legge 24 giugno 1997, n.196, da tutti conosciuta come “Pacchetto Treu” ha rivitalizzato il mercato del lavoro, ma la Legge Biagi ne completa gli istituti e si spinge oltre, disegnando in modo organico il nuovo Statuto dei lavoratori (L.20 – 5-1970, n.300). Sei anni sono passati e molte cose sono successe. La Strategia Europea dell’occupazione, adottata con in Consiglio Europeo di Lussemburgo del 1997 e di Lisbona del 2000, ha ispirato il Libro Bianco, prima, la legge delega e il decreto legislativo poi, realizzando la più importante riforma approvata in Italia negli ultimi trenta anni in tema di occupabilità.
Il
Consiglio europeo di Barcellona 2002 ha chiesto una razionalizzazione della strategia europea per l’occupazione mediante un processo rafforzato, semplificato e meglio gestito, con un calendario allineato al 2010.
Tale strategia di programmazione europea verrà realizzata tramite il
piano nazionale per l’occupazione (Nap), che i Paesi dell’Unione Europea devono presentare a Bruxelles. Il Nap deve essere definito in coerenza con la strategia europea per l’occupazione, ovvero un tasso di occupazione complessivo al 67% nel 2005 e al 70% nel 2010; un tasso di occupazione per le donne del 57% nel 2005 e del 60% entro il 2010. Per i lavoratori tra i 55 e i 64 anni il tasso di occupazione previsto, sempre entro il 2010, è del 50%.
La riforma Biagi, costituisce la traduzione normativa dei principi sopra elencati e si fonda su una maggiore flessibilità come ricetta per aumentare l’occupazione ( rispetto agli altri paesi europei il differenziale di occupazione in Italia è basso; 55,4% rispetto ad una media europea di circa il 64%). Al tempo stesso, consente una maggiore incisività all’azione di contrasto al lavoro nero ed irregolare.
Una riforma di grande portata che ha trovato un vasto consenso anche tra le organizzazioni imprenditoriali ed i sindacati dei lavoratori che hanno firmato il Patto per l’Italia.
Le novità sono tante e tali da incidere sia nei rapporti contrattuali, tra datore di lavoro e lavoratore, sia nei rapporti istituzionali, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietrà tra lo Stato e le Regioni, nell’ambito della riforma istituzionale tracciata dal
Titolo V della Costituzione.
2. Le nuove forme di tutela dei lavoratoriLa Riforma Biagi introduce regole e schemi giuridici idonei a soddisfare il riassetto dei Servizi per l’Impiego, consentendo a tutti, in condizioni di pari opportunità, l’accesso alla nuova occupazione. Norme più moderne e più europee, che vogliono favorire il reciproco adattamento fra le esigenze dei lavoratori e quelle delle imprese.
Un mercato del lavoro flessibile, può migliorare la qualità oltre che la quantità dei posti di lavoro, rendendo più fluido l’incontro tra obiettivi e desideri delle imprese e dei lavoratori in tema di caratteristiche della prestazione lavorativa, consentendo ai singoli individui di cogliere le opportunità lavorative più proficue ed evitando che gli stessi rimangano intrappolati in ambiti ristretti e segmentati.
La legge Biagi, ha tracciato le linee di riforma per affrontare le sfide dei moderni mercati di lavoro. Inoltre, ha introdotto regole e schemi giuridici, flessibili ed adattabili, tali in ogni caso da consentire l’emersione dal lavoro nero e una più equa ripartizione delle tutele del lavoro a favore di tutti coloro che si affacciano sul mercato del lavoro.
In linea generale, le nuove disposizioni normative approvate sono idonee a soddisfare la necessità di riassetto dei servizi all’impiego e dell’introduzione di misure atte a promuovere nuova occupazione.
La riforma Biagi rivoluziona gran parte degli istituti lavoristici. Le principali novità riguardano il collocamento, l'outsourcing, il job on call, il job sharing, la formazione, il socio lavoratore, lo staff leasing, il part time, le collaborazioni coordinate e continuative, la borsa continua del lavoro, il pubblico impiego.La realizzazione del nuovo sistema di collocamento e l’introduzione di nuovi modelli contrattuali, consentirà a tutti, in condizioni di pari opportunità, l’accesso al moderno mercato del lavoro.
Ogni cittadino, in cerca di prima o nuova occupazione, non verrà abbandonato a se stesso ma potrà affidarsi ad una rete di Servizi per l’impiego pubblici e privati, che consentiranno il potenziamento delle opportunità di trovare lavoro.
3. La nuova disciplina del collocamento
risultati dei monitoraggi dell' Isfol dimostrano che nel giro di due anni è raddoppiata la percentuale di cittadini che hanno trovato lavoro attraverso i Centri per l’impiego, i quali non rispondono più alla vecchia logica di “sportello” ma sono veri e propri centri operativi, capaci di agire per il miglioramento dell’occupabilità dei propri territori. Il nuovo sistema di collocamento pubblico, messo a regime con il D.lgs. 297/2002, costituisce la base della riforma Biagi, che accanto ai servizi pubblici per l’impiego, introduce le agenzie per il lavoro, secondo il modello delle agenzie private di personal service presenti in Germania. La novità più importante che riguarda le agenzie per il lavoro è l’abolizione dell’oggetto sociale esclusivo. Alle agenzie autorizzate, sarà consentito di svolgere contemporaneamente l’attività di fornitura di manodopera e l’attività di collocamento. Pertanto, si realizza un sistema misto, in cui pubblico e privato, attraverso forme di raccordo, concorrono alla promozione di una società attiva e di un lavoro di migliore qualità, ove maggiori saranno le possibilità di occupazione per tutti. Vediamo adesso le tre principali funzioni del nuovo collocamento definite all’art.2
del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n.276:
- intermediazione;
- ricerca e selezione del personale;
- supporto alla ricollocazione del personale.
L’esercizio delle nuove funzioni del collocamento, pubblico e privato, non comporta alcun onere a carico del lavoratore.
Ai servizi pubblici all'impiego, che oltre alle tre funzioni sopra elencate, manterranno la funzione pubblica di tenuta e aggiornamento dell’anagrafe e della scheda professionale dei lavoratori e saranno impegnati ad organizzare tutti i servizi e le azioni di prevenzione della disoccupazione, si aggiungeranno le agenzie per il lavoro.
Queste ultime svolgeranno la funzione di collocamento, comprensiva di intermediazione, ricerca, selezione e di supporto alla ricollocazione. Tale titolo è concesso a soggetti privati attraverso un doppio regime:
a) autorizzazione, affidata allo Stato in via generale, quale strumento di abilitazione ad operare nel mercato del lavoro;
b) accreditamento, affidato alle Regioni e specifico per ciascun territorio regionale, quale strumento di idoneità ad erogare servizi per il lavoro negli ambiti regionali di riferimento e all’esercizio reale delle funzioni, anche mediante accesso alle risorse pubbliche. La disciplina del lavoro interinale viene assorbita dalle nuove regole sul contratto di somministrazione a termine e viene abrogata la legge che prevede il divieto di intermediazione e di interposizione nelle prestazioni di lavoro.
Inoltre, l’attività di mediazione tra domanda e offerta di lavoro potrà essere svolta anche da altri soggetti che sono individuati dall’articolo 6 del D.lgs 276/2003 ed esattamente da università pubbliche e private,comuni, camere di commercio e istituti di scuola secondaria di secondo grado, statali e paritari, dall’ordine nazionale dei Consulenti del lavoro.
Tutte queste attività, dovranno essere effettuate nell’ambito di un sistema coordinato, attraverso il collegamento con la
Borsa continua nazionale del lavoro, quale strumento telematico di rinnovamento del collocamento per garantire un mercato del lavoro aperto, trasparente, concorrenziale ed efficiente. La Borsa del lavoro non sarà una semplice banca dati, in quanto le notizie e le informazioni, oltre ad essere aggiornate in tempo reale attraverso la rete informatica, saranno liberamente accessibili non soltanto dagli operatori pubblici e privati, ma anche dalle imprese e dai lavoratori che potranno inoltre inserire direttamente i propri dati. Con un semplice collegamento ad internet ad es. un disoccupato potrà divulgare il proprio curriculum ed avere una visione immediata e completa delle chances lavorative accessibili. La Borsa del lavoro richiama il Sistema informativo lavoro (Sil), già previsto col D.lgs. n.469 del 1997, quale insieme di risorse informatiche (hardware, software, reti , servizi) che riguardano le strutture preposte a gestire le politiche del lavoro e dei servizi per l’impiego, costituendo un unico dominio informatico articolato in un sistema centrale e in più sistemi regionali. Tuttavia se ne differenzia in quanto inserito nel nuovo sistema di collocamento, ridisegnato dalla Legge Biagi e dal suo decreto attuativo.
4. La nuova disciplina dei contratti di lavoro a contenuto formativo (cd. contratti a causa mista)
Il rafforzamento delle tutele del lavoro avviene anche con la revisione e razionalizzazione dei rapporti di lavoro a causa mista come, l’apprendistato ed il contratto di inserimento. Questi contratti si collocano nel rispetto dei principi della riforma Moratti e Biagi.
Il decreto legislativo
n.276/03 affronta la revisione e la razionalizzazione dei rapporti di lavoro a contenuto formativo, nel rispetto delle competenze affidate alle regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro e degli obiettivi indicati in materia di occupazione dall’Unione europea. In tal modo la riforma, completa il riordino dei contratti a causa mista (già manifestato nell’articolo 16 della legge 196/1997) che porta, da un lato, a caratterizzare l’apprendistato come strumento formativo anche nella prospettiva di una formazione superiore, dall’altro, a specializzare il vecchio contratto di formazione e lavoro per l’inserimento o il reinserimento mirato del lavoratore in azienda, evitando così la naturale sovrapposizione tra le due tipologie. L’apprendistato sarà pertanto, lo strumento di raccordo tra scuola e lavoro e il nuovo contratto di formazione lavoro; il contratto di inserimento costituirà lo strumento attraverso cui, concluso il periodo scolastico, avverrà l’inserimento nel lavoro o il reinserimento dopo una precedente esperienza lavorativa.
Questi contratti si collocano in un momento di grande novità legislativa in Italia, caratterizzata dalla
Riforma Moratti e Biagi. Due processi innovativi che si inseriscono nel solco del riformismo europeo e degli obiettivi di Lisbona, al fine di far diventare entro il 2010 più competitiva e dinamica l’economia della “conoscenza” dell’Unione europea: si realizza così una crescita economica, sia qualitativa che quantitativa dell’occupazione, e un maggior livello di coesione sociale.Per quanto riguarda l'apprendistato vengono confermate le disposizioni vigenti in materia di diritto-dovere di istruzione e formazione; si realizza un collegamento con la riforma della scuola, attraverso il riconoscimento della qualifica professionale conseguita con l’apprendistato inteso come credito formativo per il proseguimento nei percorsi di istruzione e formazione; viene previsto un repertorio delle professioni al fine di rendere le esperienze compatibili.
Per quanto concerne il contratto di inserimento, si prevede una forma scritta, in assenza della quale il contratto è nullo; il · rinvio alla contrattazione collettiva per la definizione della disciplina specifica; il reinserimento di persone che hanno perso il posto di lavoro; la previsione di un tirocinio estivo di orientamento, promosso durante le vacanze estive a favore di un giovane, regolarmente iscritto a un ciclo di studi presso l’Università e un istituto scolastico di ogni ordine e grado.Sui tempi di attuazione, la sostituzione del contratto formazione e lavoro non avverrà immediatamente in quanto saranno i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali (il ministro del Lavoro in caso di inerzia), a determinare le modalità di definizione dei progetti di inserimento, con ambito di applicazione più ristretto alla situazione precedente. Solo nella Pubblica amministrazione il contratto di formazione e lavoro rimane in vigore. Per il nuovo apprendistato interamente rimodulato nei tre tipi di contratto, nell’attesa della specifica regolamentazione delle Regioni, nel periodo transitorio successivo all’entrata in vigore del decreto legislativo
n.276/03, continuano a trovare applicazione le norme precedenti.
5. Le modifiche introdotte dall'istituto del part time
Il lavoro part-time diventa più flessibile. A differenza della precedente normativa sarà possibile, entro limiti predeterminati, una variazione della distribuzione dell’orario di lavoro. Pertanto, le nuove regole mirano a fornire, ai lavoratori e soprattutto alle lavoratrici, uno strumento contrattuale di qualità e di maggiore incentivazione all’accesso al lavoro.
La Legge
19 dicembre 1984, n.863, rappresentava nelle intenzioni del legislatore dell’epoca, un tentativo di introdurre dosi di flessibilità nella articolazione della durata della prestazione di lavoro.
Con il
decreto legislativo 25 febbraio 2000 n. 61, e il decreto legislativo 26 febbraio 2001, n.100 (di trasposizione della Direttiva europea n.97/81/Ce), si voleva tentare di normalizzare il lavoro part-time, in una prospettiva di maggiore incentivazione del suo utilizzo secondo cui, nel rapporto di lavoro subordinato l’assunzione può avvenire a tempo pieno o tempo parziale.
Tuttavia, i dati statistici e l’analisi comparata hanno evidenziato come gli incentivi normativi ed economici, avessero poco inciso sulla diffusione del part-time in Italia, mostrando bassi livelli di effettività in un’area del mercato del lavoro in cui incidono fortemente fattori di ordine culturale e sociale tanto tra il management che tra gli stessi lavoratori.
Con la Riforma Biagi si procede ad una integrazione delle recenti norme emanate in materia di lavoro part-time, quale tipologia contrattuale ritenuta più idonea a favorire l’incremento del tasso di occupazione, con particolare riguardo al tasso di partecipazione delle donne, giovani e lavoratori con età superiore a 55 anni (come imposto dalle autorità comunitarie della c.d
Strategia Europea per la occupazione). Su tali presupposti, la delega si è orientata verso la concessione di un maggiore spazio alla autonomia negoziale attribuendo piena operatività alla contrattazione collettiva – cui viene conferito un notevole potere di determinazione e/o modifica di elementi anche strutturali delle fattispecie legislative - e, entro certi limiti, alle pattuizioni individuali.
Le principali novità riguardano:
- la definizione stessa del part-time, quale accordo tra le parti che prevede lo svolgimento di un’attività lavorativa ad orario inferiore rispetto a quello ordinario. La riduzione dell’orario può avvenire in forma orizzontale, con una riduzione dell’orario giornaliero; verticale, in cui la riduzione dell’orario è concentrata in determinati giorni della settimana, del mese e dell’anno; mista (o ciclica), con una combinazione delle due modalità sopra citate.
- La forma del contratto, per cui resta ferma la previsione che richiede la forma scritta ai fini della prova del contratto e che definisce il contenuto obbligatorio dell’accordo sull’indicazione precisa della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporanea dell’orario, con riferimento al giorno, al mese e all’anno;- le modalità di svolgimento del part - time, rendendo possibile il ricorso a prestazioni di lavoro supplementare anche in assenza di accordo collettivo, a fronte di una adeguata maggiorazione retributiva;
- clausole flessibili - clausole elastiche: le prime consentono, entro limiti predeterminati, una variazione della distribuzione dell’orario di lavoro; le seconde permettono una variabilità in aumento e in diminuzione dell’estensione temporale della prestazione lavorativa dedotta in contratto;
- l’integrale estensione del part-time al settore agricolo;
- il computo dei lavoratori del part-time: rispetto alla passata disciplina il decreto legislativo in esame prevede il computo dei lavoratori part-time in relazione all’applicazione di tutte le norme legislative e clausole contrattuali, anche ai fini della disciplina del Titolo III dello Statuto dei lavoratori.
- trasformazione, per cui permane il principio in base al quale il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o il proprio rapporto di lavoro tempo parziale in rapporto a tempo pieno, non costituisce giustificato motivo di licenziamento.
6. Le collaborazioni coordinate e continuative (cd. co.co.co.)
Il
D.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, introduce notevoli innovazioni in materia di collaborazioni c.d. para-subordinate (1). Al fine di porre fine all’abuso delle collaborazioni coordinate e continuative (2 milioni in Italia) quale espediente per mascherare rapporti di lavoro subordinati, il legislatore ha voluto tipizzare le collaborazioni imponendo limiti ben precisi e definizioni più certe dei rapporti di collaborazione. Nella fattispecie, le cd. Co.Co.Co. vengono regolamentate con l’introduzione di una serie di nuovi obblighi e procedure che ingessano uno strumento che sino ad oggi aveva goduto di troppa libertà.
Le collaborazioni coordinate e continuative, di cui all’
articolo 409, n.3, del codice di procedura civile, dovranno essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa. Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito, e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto. La sanzione prevista per la violazione delle nuove disposizioni comporta la trasformazione del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con decorrenza dalla data di costituzione del rapporto stesso (2).
Gli elementi caratteristici della tipologia contrattuale del lavoro subordinato sono:- collaborazione;- coordinamento;- continuità- natura prevalentemente personale della prestazione.
Il contratto di lavoro a progetto deve contenere i seguenti elementi:
- indicazione della durata determinata o determinabile della prestazione di lavoro;- indicazione del progetto o programma di lavoro o fasi di esso, individuato nel suo contenuto caratterizzante;
- il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;
- le forme di coordinamento del lavoro a progetto al committente sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l’autonomia nella esecuzione dell’obbligazione lavorativa;- le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore;- il contratto di lavoro a progetto deve essere stipulato in forma scritta.
7. Lo staff leasing: somministrazione di lavoro
Il
decreto legislativo n.276/03 ha introdotto nell’ordinamento italiano la fattispecie della somministrazione di lavoro o staff leasing, già ampiamente utilizzata in altri Paesi. Con questo contratto, un’impresa denominata utilizzatrice, potrà rivolgersi ad un’altra impresa, denominata somministratore, per “affittare” nuova forza lavoro. A differenza del contratto di lavoro interinale (legge n.196/1997), la cui normativa viene integralmente abrogata unitamente a quella sul divieto di appalto e di intermediazione di manodopera (legge n.1369/1960), il contratto di somministrazione potrà essere di due tipi:
a tempo indeterminato – a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo e organizzativo per:
- servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico, compresa la progettazione e manutenzione di reti intranet e extranet, siti internet, sistemi informatici, viluppo di software applicativo, caricamento dati;
- servizi di pulizia, custodia, portineria;
- servizi, da e per lo stabilimento, di trasporto di persone e di trasporto e movimentazione macchinari e merci;
- gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini, nonché servizi di economato;- attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del personale;
- attività di marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione commerciale;- gestione di call-center, nonché avvio di nuove iniziative imprenditoriali nelle aree Obiettivo 1;
- costruzioni edilizie all’interno degli stabilimenti, per istallazioni o smontaggio di impianti e macchinari, per particolari attività produttive, con specifico riferimento all’edilizia e alla cantieristica navale, le quali richiedano più fasi successive di lavorazione da quella normalmente impiegata nell’impresa;
- in tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali o territoriali, stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative.
A tempo determinato – a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore.
Viene così regolarizzato, anche in Italia, il processo di esternalizzazione (outsourcing), ampiamente diffuso negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.
Lo staff leasing rappresenta una tecnica innovativa di gestione del personale, che consente alle aziende di ricorrere alla somministrazione di manodopera non solo a termine; in pratica un contratto di lavoro interinale, ma senza scadenza.
Dove sta la novità? E’ che il rapporto a tempo indeterminato non fa più capo all’azienda utilizzatrice ma alla società di staff leasing, pertanto, il lavoratore non dipenderà più dall’impresa dove lavora ma dalla società di somministrazione. Quindi si realizzerà un indubbio vantaggio in termini di costi per l’utilizzatore, nei confronti del quale il lavoratore in “affitto” rappresenterà un costo variabile.
La somministrazione di lavoro, è vietata per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi o sospensione o riduzione d’orario e qualora non sia stata effettuata la valutazione dei rischi ai sensi della
legge n.626/94.
Il lavoratore non sarà comunque conteggiato nell’organico dell’utilizzatore, fatta eccezione per la normativa in materia di igiene e sicurezza sul lavoro.
Il contratto di somministrazione, dovrà essere stipulato in forma scritta e contenere tutti gli elementi prescritti dall’articolo 21 del
Dlgs n.276/03; in mancanza di questi elementi, il contratto è nullo ed il lavoratore sarà considerato a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore.
8. La figura del socio lavoratore di categoria
Le cooperative di lavoro hanno lo scopo di creare un’attività finalizzata alla produzione dei beni o servizi attraverso la prestazione di attività lavorativa da parte dei soci.
Il dispositivo normativo, contenuto nell’articolo 9 della
legge n.30 del 2003, va a modificare, sotto più aspetti, i vari articoli della legge n.142 del 2001 che a sua volta aveva disciplinato interamente la posizione del socio delle cooperative.
La novità più importante, è stata nello stabilire che nella situazione “bifronte” del rapporto del socio lavoratore è prevalente il rapporto societario.
Inoltre, particolare attenzione meritano le norme contenute nel
Dlgs 276/03 per quanto riguarda la certificazione dei rapporti di lavoro e la somministrazione di manodopera nelle cooperative.

9. Le nuove figure professionali job on call e job sharing
La finalità di incremento occupazionale e, al tempo stesso, di regolarizzazione, ha indotto il legislatore ha riordinare multiformi tipologie contrattuali oggi esistenti, chiarendo la loro funzione e a regolarne di nuove, quali il lavoro a chiamata o intermittente ed il lavoro a coppia o ripartito.
La Riforma Biagi introduce per la prima volta in Italia l’istituto del lavoro a chiamata, nella duplice versione con o senza l’obbligo di corrispondere una indennità di disponibilità a seconda della scelta del lavoratore di vincolarsi o meno in tal senso. Nel lavoro a chiamata o intermittente, l’impresa potrà chiamare in qualsiasi momento, ma in un arco di tempo contrattato, il lavoratore e quest’ultimo riceverà in cambio una indennità di disponibilità, oltre la retribuzione.
Inoltre, con il lavoro a chiamata si regolarizzano le prassi esistenti di lavoro non dichiarato o comunque non regolare, il c.d. fenomeno del “lavoro a fattura”, con l’emissione di semplici note o fatture a titolo di lavoro autonomo da parte di soggetti a cui è in realtà richiesta una prestazione lavorativa intermittente come dipendenti.
Il lavoro a coppia o ripartito, come nel lavoro accessorio, induce ad una logica di solidarietà, soprattutto tra le lavoratrici, tale da consentire un miglioramento della qualità della vita personale e familiare. Si tratta di un contratto di lavoro subordinato stipulato tra il datore di lavoro e due o più lavoratori, i quali si assumono in solido l’obbligazione di eseguire un’unica prestazione lavorativa restando liberi di dividersi l’orario di lavoro, purchè con l’obbligo di sostituirsi vicendevolmente in caso di impedimento. Sotto il profilo degli effetti, il lavoro a coppia è assimilabile al lavoro part-time; tuttavia se ne differenzia sostanzialmente per il fatto che nel suo schema negoziale esiste un unico contratto di lavoro subordinato e non due distinti contratti di lavoro a tempo parziale.
10. La certificazione del rapporto di lavoro
Al fine di sostenere la diffusione delle nuove tipologie contrattuali, in un quadro di tutele certe ed effettive del lavoratore, la Riforma Biagi prevede infine la messa a regime di una procedura di certificazione dei rapporti di lavoro. Tale sistema, prevede su base volontaria un meccanismo di certificazione dei rapporti di lavoro. Esso è volto a ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro garantendo maggiore certezza alle qualificazioni convenzionali, purchè avvenute nell’ambito di enti bilaterali costituiti a iniziativa di associazioni dei datori e prestatori di lavoro dei lavoratori comparativamente rappresentative, ovvero ad opera della Direzione provinciale del lavoro o delle Università.
Il meccanismo di certificazione, non potrà certamente impedire al prestatore di ricorrere al giudice per contestare la qualificazione del rapporto in relazione a modalità esecutive della prestazione che eventualmente di discostino rispetto allo schema contrattuale convenuto.
Tuttavia, in caso di controversia sulla esatta qualificazione del rapporto di lavoro posto in essere, l’autorità giudiziaria competente dovrà tener conto anche del comportamento tenuto dalle parti in sede di certificazione. Si tratta dunque di un meccanismo finalizzato a dare alle parti ausilio nella più precisa definizione del testo contrattuale, potendo contare sul rapporto dall’ente bilaterale o dalla stessa Direzione provinciale del lavoro anche a mezzo di codici di comportamento, linee-guida, realizzate in una logica di assistenza per favorire la regolarizzazione dei rapporti.
La procedura di certificazione dei rapporti di lavoro, lungi dal costituire un intervento legislativo di mera assistenza ai singoli lavoratori nelle fasi preliminari alla stipulazione del contratto di lavoro, dovrebbe contribuire a circoscrivere l’incertezza delle controversie, che in genere sorgono a conclusione delle esperienze di lavoro, in merito alla qualificazione dei rapporti di lavoro, e con ciò a stemperare il divario – da sempre presente, ma oggi aggravato in ragione della varietà e complessità dei modi di lavorare – tra logiche giuridiche e logiche organizzativo-produttivistiche.
Il meccanismo della certificazione si ispira, in altre parole, a un tentativo di apertura alle reali dinamiche del mercato del lavoro; circostanza questa che dovrebbe consentire di intercettare anche ampie fasce di lavoro irregolare e sommerso che verrebbero canalizzate verso schemi contrattatali “personalizzati” in funzione delle concrete esigenze delle parti contraenti e, dunque, maggiormente in grado di interpretarne e regolarne in modo flessibile forme e manifestazioni.
L’atto di certificazione ha come oggetto l’attribuzione di piena forza legale della tipologia contrattuale tra le parti, per lo svolgimento del rapporto di lavoro; e verso i terzi nella cui sfera giuridica l’atto stesso è destinato a produrre effetti (gli enti previdenziali, per il pagamento di premi e contributi).
Il
Dlgs n.276/03 prevede la possibilità di ricorrere alla autorità giudiziaria limitatamente alle seguenti due ipotesi:
- erronea qualificazione effettuata dall’organo preposto;
- difformità tra programma negoziale realizzato tra le parti e contenuto del contratto certificato.
Il ricorso giudiziale dovrà essere preceduto dal tentativo obbligatorio di conciliazione ex
art. 410 c.p.c., espletanto presso lo stesso organo preposto alla certificazione. Il tentativo obbligatorio di conciliazione non sospende gli effetti del contratto certificato.
Tratto dal Sito del Formez.

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