sabato 23 maggio 2009

Il fannullone è on line


Riporto l’articolo di Federico Ferrazza, pubblicato su l'Espresso.
Renato Brunetta vuole proibire Facebook ai dipendenti pubblici. E lo stesso fanno molte aziende private. Ma davvero vietare il Web aumenta l'efficienza?
Su Facebook il ministro si è fatto fare da tempo una bella pagina, con una foto pensosa che lo fa sembrare perfino magro e una platea di fan che ha superato le 50 mila persone. Ma Renato Brunetta non è certo uomo da favoritismi, e quindi la sua ultima crociata l'ha lanciata proprio contro il social network più famoso del mondo: "Ho intenzione di bloccare Facebook negli uffici pubblici per aumentare la produttività dei dipendenti", ha dichiarato. Oddio: se desse un'occhiata dietro qualche sportello della capitale, probabilmente Brunetta proibirebbe anche 'il Messaggero' e la 'Settimana Enigmistica', colpevoli di distrarre assai più della diabolica rete Internet. Ma il ministro vuole essere sempre à la page e così si è accodato a una serie di divieti anti-Facebook che ultimamente stanno facendo breccia, sia nel settore pubblico che in quello privato.
Prendete la Regione Friuli-Venezia Giulia, ad esempio: con una bella decisione bipartisan (l'hanno appoggiata sia il presidente pdl Renzo Tondo sia l'opposizione guidata dal pd Gianfranco Moretton) è stato deciso il blocco del social network per tutti i dipendenti. Spiega Moretton: "L'uso di Internet non rientra nei compiti del dipendente pubblico. In questo modo, ci sarà maggiore attenzione e celerità nell'espletamento delle procedure burocratiche da parte dei dipendenti pubblici, quindi una migliore risposta ai cittadini".
Il divieto è scattato anche nelle caserme dei carabinieri e ai militari è stato proibito, per troppa distrazione, l'accesso ai social network sul luogo di lavoro. Una decisione simile a quella della Provincia e del Comune di Como che hanno tagliato Facebook e che stanno pensando di concedere al massimo un'oretta di navigazione libera durante la pausa pranzo: una strategia simile a quella adottata dal Comune di Napoli, che ha razionato l'uso dei social network, vietato invece del tutto alla Provincia di Milano e in Poste Italiane.
Il no a Facebook non è comunque solo confinato al luogo di lavoro. Gli arbitri del campionato italiano di calcio, per esempio, non possono usarlo neanche da casa se il tema del loro intervento riguarda le partite da loro dirette. Ai 'fischietti', pena un deferimento, "è fatto divieto di fare dichiarazioni in luogo pubblico anche a mezzo e-mail, propri siti Internet, e di partecipare a gruppi di discussione (come quelli di ultima generazione sul genere Facebook), mailing list, forum, blog o simili", si legge in una circolare inviata ad aprile da Marcello Nicchi, il neopresidente dell'Aia (l'associazione di categoria).
Ma il problema della 'navigazione improduttiva' non riguarda solamente Facebook e sono infatti anni che i datori di lavoro (sia pubblici sia privati) la combattono su tutti i fronti. Una 'guerra' che è arrivata perfino in Vaticano. Dove, però, non tutti i dipendenti dello Stato pontificio sono uguali di fronte a Internet. I lavoratori che sono a contatto diretto con il pubblico non possono navigare, per esempio, su Facebook ma neanche controllare la casella di posta elettronica privata. Una limitazione che non tocca i dipendenti che lavorano negli uffici e non agli sportelli: qui Facebook e company possono essere liberamente usati; l'unico restringimento riguarda gli indirizzi Internet che consentono di scaricare materiale illegale (per esempio protetto da copyright) o di accedere a contenuti pornografici.
Con la loro popolarità, i siti di social networking insomma hanno fatto esplodere una questione che si trascinava da anni, quella del presunto nocumento alla produttività determinato da Internet nel suo complesso. Ecco perché Facebook è solo uno degli spazi on line censurati. Oltre alla mail personale (inaccessibile per esempio in Unicredit), altri servizi on line vengono spesso bloccati: Skype (per telefonare) o i software di messaggistica istantanea (per chattare) sono fra quelli più oscurati. È quel che succede per esempio all'agenzia di stampa AdnKronos, nella farmaceutica Merck Sharp & Dohme oppure alla Ford dove a gran parte dei dipendenti non è possibile scaricare alcun tipo di software dalla Rete.
Come avviene in Vaticano, poi, molte aziende censurano i contenuti a sfondo erotico. Molte volte, però, con esiti al limite del grottesco. Alla Pfizer, per esempio, alcune sezioni di siti di informazione come Repubblica.it o TgCom vengono oscurate quando il tema trattato ha a che fare con il sesso o l'erotismo. "Il che non stupisce più di tanto visto che in alcuni luoghi di lavoro vengono addirittura bloccati tutti i siti di informazione", dice Claudio Faggioli dell'ufficio legale del Clusit, l'associazione italiana per la sicurezza informatica."Inibire l'accesso a (parte di) Internet ai dipendenti a volte è una questione di produttività, ma a volte anche di sicurezza: molte aziende hanno paura che gli attacchi informatici (per rubare informazioni o infettare la rete dei computer) possano viaggiare attraverso i siti più popolari e frequentati", spiega Marco D'Elia, direttore vendite di Sophos Italia, società che si occupa di sicurezza informatica: "Ecco perché tutti i nostri clienti - fra cui Direct Line, Kpmg, Siemens, Toshiba, Wwf, Xerox e le università Bicocca, Bocconi, di Firenze, di Messina e Palermo - hanno adottato un sistema per filtrare la navigazione dei dipendenti".Anche alla Sony la navigazione non è completamente libera per motivi di sicurezza. Oltre a Skype, uno dei servizi bloccati è il negozio on line della Apple, iTunes, oscurato perché, secondo Sony, lascerebbe i computer aziendali indifesi di fronte ad alcuni tipi di attacchi. Non è quindi un caso che gli amministratori delle reti informatiche aziendali siano più preoccupati dai sistemi di messaggistica che dai social network (anche se quest'ultimi, in molti casi, permettono di inviare e ricevere comunicazioni). Secondo un recente sondaggio, i responsabili delle reti informatiche ritengono infatti che a essere bloccati debbano essere soprattutto i servizi di messaggistica istantanea (86,4 per cento), di Voip (86,1) e le piattaforme p2p per scambiarsi file su Internet (86,5). "A tutto questo va aggiunto che, visto l'aumento dei siti che trasmettono file video (più 'pesanti' delle pagine scritte), c'è il rischio che le reti aziendali si ingolfino", dice Maurizio Garavello, responsabile di Websense Italia: "Basti pensare che solo YouTube genera oggi tutto il traffico di Internet nel 2000. Perciò molte aziende decidono di bloccare i siti che danno accesso a filmati di tutti i tipi". "E la legge italiana consente di farlo: sono i datori di lavoro i proprietari dei pc e i dipendenti, di fronte a un regolamento chiaro, non possono usarli per fini personali", spiega Andrea Monti, legale esperto di questioni informatiche.
Al di là della sicurezza è comunque la produttività a preoccupare. Tanto che ormai in alcune aziende l'accesso alla Rete è stabilito in base al ruolo che si ricopre. In Bmw le segretarie possono più o meno navigare solo nella rete interna all'azienda mentre i più alti in grado hanno una navigazione più ampia. All'Aci, invece, i consulenti possono accedere solo ad alcuni siti (utili strettamente al lavoro) mentre i dipendenti sono più liberi di cliccare.
Guardando i numeri, politiche restrittive di questo tipo sembrano avere una giustificazione: secondo gli analisti di Idc, il 40 per cento della navigazione Internet in ufficio non è utile al lavoro che si svolge. Anche se in una società sempre più terziarizzata ed elettronica, resta da capire se bloccare Internet sia una soluzione e sia utile alla qualità dei servizi (vedere riquadro a pag. 73). "Nella mia azienda preferisco che ci siano lavoratori che possano usufruire della Rete per sbrigare gli affari personali piuttosto che chiedere un permesso per andare a fare la spesa o per pagare un conto corrente", dice Rodolfo Falcone, responsabile di Trend Micro Italy. "E poi non è detto che non navigare significa lavorare di più", afferma Luca Valerii, responsabile delle risorse umane di Microsoft Italia: "Forse sarebbe meglio stabilire dei criteri di valutazione del lavoro e 'giudicare' il dipendente in base agli obiettivi e non al tempo speso per centrarli". Valerii parla con cognizione di causa: sa bene che nel computer non c'è solamente Internet a distrarre i dipendenti. Fra gli addetti ai lavori è infatti celebre la frase di Wes Cherry, autore del Solitario che si trova nei pc con sistema operativo Microsoft: "Quando ho sviluppato Solitario, ho messo in libertà un mostro di improduttività. Se avessi ricevuto un centesimo per ogni ora persa a giocare a Solitario in ufficio, probabilmente oggi potrei assumere Bill Gates come mio maggiordomo".

Fonte L’Espresso

Social Marketing - Quando la Rete fa bene
Così scrive Alessandro Gilioli “E' davvero un passatempo da fannulloni navigare sui social network in orario di lavoro? Alla risposta più scontata ("Certo, ci mancherebbe!") chi usa la Rete come stimolo intellettuale e culturale preferirebbe un più prudente "dipende".
Dipende da molte cose: Facebook, ad esempio, è un immenso contenitore dove c'è dentro di tutto, e a saperlo un po' usare può diventare prezioso - tra l'altro - per capire come e dove vanno i gusti dei consumatori, quali sono i desideri dei propri clienti (anche potenziali), come si può migliorare il prodotto o il servizio che la nostra azienda offre.”

Allo stesso modo, chi in ufficio passa del tempo a scrivere sul suo diario on line personale - o magari a leggere quelli altrui - presto potrebbe diventare utilissimo nella gestione di un 'corporate blog', una frontiera della comunicazione d'azienda su cui in Italia siamo ancora molto indietro. Ancora: un confronto elettronico tra colleghi (magari in una rete Intranet, ma anche sui social network normali) consente spesso un miglioramento dei processi interni e una sburocratizzazione dei rapporti, oltre a fornire a chi ha responsabilità di comando una migliore percezione di quel che accade sia alla base sia ai vertici della piramide.
Già: negli Usa hanno scritto vagonate di libri sul social marketing e sull'utilità delle conversazioni in Rete per la creatività delle dinamiche produttive. In Italia siamo ancora convinti che chi sta davanti a una pagina di Facebook sia per forza un imboscato. Ma non sempre, e non per tutti, è così.


Ma c'è la cyber scappatoia
La vostra azienda non vi fa navigare? Il capo non vi permette di controllare la posta elettronica personale? Nessun problema. Basta andare su un qualsiasi motore di ricerca e scrivere le seguenti parole: 'aggirare filtri Internet'. Immediatamente si viene sommersi da una serie di risultati che portano l'utente a siti che consentono una navigazione fuori da ogni controllo (o quasi).




Nessun commento:

Posta un commento