martedì 10 novembre 2009

Intercettazioni

Intercettazioni telefoniche - consiste in un'acquisizione di conoscenza di telecomunicazioni attraverso il telefono, all'insaputa di almeno uno degli interessati. Costituisce atto a sorpresa che incide sulla libertà delle comunicazioni costituzionalmente protetta e limitabile solo per atto motivato dell'autorità giudiziaria (art. 15 Cost.). L'(—) è un atto proprio del P.M., consentita solo per alcune categorie di reati e subordinato all'esistenza di gravi indizi di reato. Nella valutazione dei gravi indizi di reato si applica l'art. 203 c.p.p (art. 267, comma Ibis, introdotto dalla 1. 63/2001): ne consegue che non si può tener conto, a tali fini, delle notizie che la p.g. abbia assunto dai confidenti, se non quando questi siano assunti a sommarie informazioni. Essa deve essere assolutamente indispensabile per il prosieguo delle indagini.
Viene autorizzata dal giudice delle indagini preliminari [vedi —»] con decreto motivato, dopo aver vagliato i presupposti di ammissibilità.
L'intervento del G.I.P. ha funzione di controllo e di garanzia della legalità dell'intercettazione che di solito è effettuata nella fase delle indagini preliminari [vedi -»]. Le intercettazioni non possono durare più di 15 giorni e possono essere prorogate, con provvedimento del GIP, per ulteriori periodi di 15 gg. Quando si procede per reati di criminalità organizzata, in deroga alle disposizioni del codice, l'(—) può essere disposta anche in presenza di sufficienti indizi ed ha durata di 40 gg., prorogabili per ulteriori periodi di giorni 20 (v. art. 13 L. 203/1991).
Per ragioni di garanzia l'art. 268, comma 3, c.p.p. prevede che le operazioni di intercettazione possano essere compiute esclusivamente con impianti installati presso la Procura della Repubblica e non quindi presso gli uffici della P.G. operante. Quando gli impianti della Procura risultino insufficienti ovvero sussistono «.eccezionali ragioni di urgenza», il P.M. può, con decreto motivato autorizzare che le operazioni si svolgano mediante impianti del pubblico servizio o istallati presso gli uffici di P.G. In caso di violazione di tali disposizioni, le intercettazioni captate sono inutilizzabili ai sensi dell'art. 271, comma 1, c.p.p. Con il D.L. 374/2001, conv. in L. 438/2001, recante disposizioni di contrasto al terrorismo internazionale, tale speciale disciplina è stata estesa ai procedimenti per i delitti previsti dall'articolo 270ter del codice penale (fattispecie introdotta dal medesimo provvedimento di modifica) e dall'art. 407, comma 2, lettera a), n. 4 del codice di procedura penale (il riferimento è a taluni delitti commessi per finalità di terrorismo anche internazionale e di eversione dell'ordinamento costituzionale).
In caso di urgenza, il P.M. può emettere lui stesso decreto motivato che però ha natura provvisoria essendo soggetto a caducazione ab initio se il G.I.P. non lo convalida nelle 48 ore successive. La caducazione comporta l'immediata cessazione delle operazioni e la inutilizzabilità [vedi —>] delle acquisizioni già conseguite.
Infine, le (—), non solo quelle telefoniche, ma anche quelle ambientali [vedi —>], nonché quelle di comunicazioni informatiche o telematiche [vedi —»], possono essere disposte dall'autorità giudiziaria al fine di agevolare la ricerca dei latitanti [vedi -» Latitanza] (art. 295, commi 3 e 3bis, c.p.p.). Nella medesima prospettiva, la L. 14-2-2006, n. 56, aggiungendo un nuovo comma 3ter all'art. 295 c.p.p., ha previsto che, ove si tratti di agevolare la ricerca dei latitanti, nei giudizi davanti alla Corte di Assise, a disporre l'intercettazione di comunicazioni o di conversazioni telefoniche o di altre forme di telecomunicazioni sia lo stesso Presidente della Corte.
Intercettazioni ambientali - Si tratta di intercettazioni di comunicazioni tra presenti; tuttavia, qualora quest'ultime avvengano in un luogo di privata dimora, si richiede espressamente che vi sia fondato timore di ritenere che ivi si stia svolgendo un'attività criminosa, ma questa condizione non è necessaria se si procede per delitti di criminalità organizzata. Ad esse si applica la stessa disciplina prevista per le (—) telefoniche.
Intercettazioni di comunicazioni informatiche o telematiche artt. 266bis ss. c.p.p.; L. 23-12-1993, n. 547) - Con L. 547/93 è stato introdotto nel codice di procedura penale l'art. 266bis che, confermando l'attenzione rivolta negli ultimi anni dal legislatore all'utilizzo di strumenti informatici, prevede la possibilità di impiegare tali strumenti allo scopo di prevenzione e repressione dei reati.
Più in particolare, per gli stessi delitti per i quali l'art. 266 c.p.p. consente l'(—) telefonica, il legislatore autorizza, nelle forme e nei modi previsti dalla legge, gli organi di polizia giudiziaria all'(—) del flusso di comunicazioni informatiche e telematiche. L'(—) si svolge secondo modalità idonee a garantire il diritto alla difesa, costituzionalmente inviolabile; è infatti consentito ai difensori dell'indagato o imputato ed in generale ai difensori delle parti «di esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche», ovvero richiedere copia di essi su idoneo supporto.
Per i delitti di criminalità organizzata o di minaccia con il mezzo del telefono l'art. 13 del D.L. 13-5-1991, n. 152 conv. in L. 203/91 consente le intercettazioni in presenza di sufficienti indizi, anzicché gravi, e per un tempo iniziale massimo di 40 gg. con successive proroghe di gg. 20.

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