martedì 10 novembre 2009

IL POSITIVISMO STATALISTICO E IL POSITIVISMO CRITICO

Punti cardine di tale dottrina sono la centralità dello stato come unica fonte sovrana di diritto e la coercibilità come elemento caratterizzante il fenomeno giuridico.
Esemplare John Austin per il quale il diritto positivo consiste in quelle norme che un superiore politico pone e impone a tutti coloro che sono a lui subordinati. L'imperatività deontologica è essenziale al diritto. In questa concezione trova poca ospitalità il diritto consuetudinario che vede indiretto riconoscimento solo in quanto riportabile alla volontà di uno stato sovrano. Perciò per Austin le norme internazionali non sono vere norme giuridiche, mancando quel superiore politico che le possa imporre. Altri positivisti ammisero invece la giuridicità solo delle norme derivanti da trattati.
Diversamente Heinrich Triepel e Dionisio Anzilotti individuarono quel superiore politico nella collettività di stati, cui ogni stato nella sia singolarità è subordinato. Il centro dell'attenzione dottrinale è dunque il trattato, vera fonte del diritto internazionale, in cui al limite anche la consuetudine si risolve come fattispecie tacita. Ma il pensiero del Triepel fu sempre negatore della unicità del diritto internazionale che invece si risolverebbe in una pluralità di sistemi, tanti quanti i trattati.
Sempre nell'ambito del positivismo (e del neo Kantismo dal punto di vista filosofico) si colloca una linea di pensiero assai diversa: quella di Hans Kelsen.
Egli riconosce le due principali fonti del diritto internazionale come la consuetudine e il trattato, qust'ultimo poggiato sulla suprema norma consuetudinaria pacta sunt servanda. Ne consegue il carattere particolare del diritto pattizio internazionale vigendo le sue norme non per tutti gli stati ma solo per gruppi. Si parla allora di diritto internazionale convenzionale particolare e di diritto internazionale consuetudinario generale come di due diversi livelli di una Stufenbau che viene ad integrarsi poi alle norme giuridiche dei c.d. tribunali internazionali. Stufenbau che ha al vertice chiaramente la consuetudine in quella norma che la autoimpone alle comunità.
Certo si tratta di un diritto primitivo: le conseguenze della violazione del diritto internazionale sono la rappresaglia e la guerra. Ma si tratta per Kelsen dell'inizio di uno sviluppo.
A questo punto Kelsen pone la unicità del diritto internazionale come postulato gnoseologico, necessità epistemologica della scienza del diritto, contro le dottrine dualistico pluraliste. Si deve prendere atto del diritto internazionale come si presenta componendo le antitesi normative...
Per operare tale unificazione Kelsen analizza il rapporto reciproco di due o più sistemi normativi. Due complessi di norme possono costituire un sistema unitario in 2 sensi: un ordinamento è subordinato all'altro in quanto uno trova nell'altro il fondamento della sua validità e quindi la sua norma fondamentale; oppure nel senso che entrambi gli ordinamenti sono equiparati fra loro, ossia reciprocamente delimitati nella loro sfera di validità. Ma in questo secondo caso per costituirsi in unità è necessario un terzo ordinamento che determini la produzione degli altri due, li delimiti reciprocamente nelle loro sfere di validità e quindi li coordini. Se il diritto internazionale e il diritto degli stati particolari formano un sistema unitario, il loro rapporto reciproco deve allora consistere in una delle due forme qui descritte. Precisamente il II senso è quello proprio che supera tutte le concezioni dualistiche. Il fatto che coesistano più ordinamenti giuridici delimitati nei loro ambiti di validità, interagenti e coordinanetesi fra loro presuppone la esistenza di un insieme di regole che svolgono tale funzione delimitante e coordinante. In tale concezione il sorgere e il tramontare degli stati, considerati da questo punto di vista, si presentano come fenomeni giuridici come la costituzione e lo scioglimento di una persona giuridica nel quadro del diritto statale interno. La concezione classica, ad avviso del Kelsen, non può che essere negatrice del diritto internazionale in quanto affermante il primato dell'ordinamento giuridico del singolo stato che diviene il fondamento di ogni atto esterno perchè ogni norma del diritto internazionale è valida in quanto riconosciuta dallo stato medesimo. Antitesi fra il dogma della sovranità dello stato e il suo radicale soggettivismo e la concezione oggettiva del diritto. In tale concezione oggettiva la regola del diritto internazionale, operante come schema qualificativo, collega ad un determinato evento la sanzione corrispondente (rappresaglia o guerra). Tale evento è una atto normativo dello stato particolare che è in violazione di un obbligo stabilito dal diritto internazionale. In definitiva la validità di più ordinamenti giuridici particolari deve trovare fondamento in unico ordinamento superiore efffettivo, sia questo un ordinamento assoluto rispetto agli stati, sia che si tratti di un ordimamento di uno stato che per la sua effetività ha il primato sugli altri.

Nessun commento:

Posta un commento