giovedì 10 settembre 2009

Excursus storico del - Principio di Separazione tra Politica e Gestione

La legge 08.06.1990 n. 142, all’art.51 comma 2, per la prima volta sanciva la distinzione tra politica e gestione precisando che, in base ad essa: " spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione di atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, che la legge o lo statuto non riservino espressamente agli organi di governo dell’Ente".
Non passano molti anni che il D.Lgs. 3 febbraio 1993 n.29, all’art.3 estende il principio a tutte le pubbliche amministrazioni affermando tra l’altro che: "gli organi di governo definiscono gli obiettivi ed i programmi da attuare e verificano la rispondenza dei risultati della gestione amministrativa alle direttive generali impartite".
Lo stesso art.3 D.Lgs. 29/1993 riservava, invece, ai dirigenti (responsabili della gestione e dei relativi risultati) "la gestione finanziaria tecnica e amministrativa, compresa l’adozione di tutti gli atti che impegnano l’Amministrazione verso l’esterno, mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo".
Negli anni successivi è un continuo susseguirsi di interventi del legislatore rivolti a rafforzare ulteriormente detto principio.
Il D.Lgs. 29/1993 art.3 veniva, poi, più volte modificato ( cfr. art.2 D.Lgs. 470/1993, art.3 D.Lgs 80 del 1998, art.1 D.Lgs. 387/1998 e D. Lgs. 165/2001).
Il principio generale di distinzione tra funzione strategica e funzione gestionale, sancito dal citato art. 3 D. Lgs. 29/1993, viene esteso attualmente alle autonomie locali dall’art. 107 del D. Lgs. 8 agosto 2000 n. 267, che rinvia alla fonte statutaria regolamentare solo per la precisazione delle modalità di attuazione.
Questo principio risente della particolare collocazione della dirigenza stessa, che rappresenta il momento di collegamento tra politica e amministrazione e, quindi, il punto di emersione delle contraddizioni che connotano tale relazione. Nei moderni ordinamenti, infatti, sussiste una contraddizione di fondo tra due valori inevitabilmente confliggenti: da una parte, il principio di sovranità popolare, che impone un controllo dell’amministrazione da parte di organi che siano provvisti di legittimazione democratica e, dunque, espressione di rappresentanza politica; dall’altra il principio di imparzialità, che, invece, postula un’amministrazione al servizio dell’intera collettività e non di una determinata maggioranza politica.
Pur all’interno di tale dicotomia, nell’ordinamento italiano, l’assetto delle relazioni tra politici e burocrati è sempre stato connotato da elementi di specificità.
Art. 4. Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e responsabilità.
(Art. 3 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall'art. 2 del D.Lgs. n. 470 del 1993 poi dall'art. 3 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 1 del D.Lgs. n. 387 del 1998)
1. Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti. Ad essi spettano, in particolare:
a) le decisioni in materia di atti normativi e l'adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativo;
b) la definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l'azione amministrativa e per la gestione;
c) la individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici di livello dirigenziale generale;
d) la definizione dei criteri generali in materia di ausili finanziari a terzi e di determinazione di tariffe, canoni e analoghi oneri a carico di terzi;
e) le nomine, designazioni ed atti analoghi ad essi attribuiti da specifiche disposizioni;
f) le richieste di pareri alle autorità amministrative indipendenti ed al Consiglio di Stato;
g) gli altri atti indicati dal presente decreto.
2. Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa,della gestione e dei relativi risultati.
3. Le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma 2 possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative.
4. Le amministrazioni pubbliche i cui organi di vertice non siano direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza politica, adeguano i propri ordinamenti al principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall'altro.
Tratto da una pubblicazione di LUIGI OLIVERI
Illegittime disposizioni organizzative che subordinino l'attività gestionale dei dipendenti degli enti locali ad informazioni preventive e direttive degli assessori.
Lo chiarisce la sentenza 25 luglio 2006, n. 3225 del Tar Toscana, sezione II che ha annullato una deliberazione di giunta comunale, con la quale alcune attività del corpo di polizia municipale erano state sostanzialmente scorporate dalla funzione di direzione del comandante, ed assegnate direttamente ad alcuni agenti, che le avrebbero dovuto esercitare riferendo preventivamente agli assessori, nel rispetto delle loro direttive.
Il Tar Toscana ha inevitabilmente rilevato il contrasto insanabile tra tale delibera ed il principio di separazione delle competenze degli organi di governo rispetto a quelle degli organi di ge¬stione, sottolineando anche la mancanza di un rapporto di subordinazione gerarchica tra detti soggetti.
La sentenza, nonostante la sua sinteticità, appare estremamente rilevante, in quanto mette in luce in via espressa gli elementi maggiormente delicati del corretto rapporto tra organi politici e tecnici.
Il principio di separazione, anche se sono passati ormai 16 anni dalla sua introduzione, continua a non essere del tutto accettato dagli organi di governo e molti sono i tentativi di aggirarlo.
In particolare, si procede proprio seguendo le due strade ritenute illegittime dal Tar Toscana.
Da un lato, infatti, si tende ad enfatizzare un rapporto di gerarchia tra giunta e dipendenti, in realtà inesistente.
Proprio perché le giunte sono prive della competenza ad adottare concreti atti di gestione, assegnati in via esclusiva alla responsabilità e competenza dei dirigenti o responsabili di ser¬vizi ai sensi dell'articolo 107 del d.lgs 267/2000, esse non sono poste in posizione di gerarchia.
Infatti, il rapporto gerarchico può sussistere solo in quanto l'organo superiore e quello inferiore condividano una medesima competenza.
Meno che mai, poi, un rapporto gerarchico potrebbe intercorrere tra un singolo componente della giunta e l'organo tecnico, visto che l'assessore non assume rilievo e poteri giuridici se non agendo collegialmente nell'ambito della giunta.
L'altra strada è quella dell'informazione preventiva direttiva, che maschera, invece, veri e propri ordini di servizio e controlli sugli aspetti operativi, a loro volta illegittimi sempre perché gli organi di governo debbono fermarsi ad adottare atti di programmazione e controllo generali, non provvedimenti puntuali.
La sentenza, inoltre, afferma l'interesse ad agire del responsabile di servizio, che a segui¬to di atti della giunta surrettiziamente rivolti a contrastare col principio di separazione, ritenga lesa la propria autonomia operativa.
I dirigenti o i responsabili di servizio, dunque, dispongono dell'interesse legittimo alla corretta attuazione delle disposizioni sulle competenze degli organi, in quanto tale interesse salvaguarda il fine generale del rispetto del principio di buon andamento e della competenza ad agire degli organi, posto dall'articolo 97 della Costituzione.

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