sabato 4 luglio 2009

Patto di Prova

Il patto di prova è il periodo antecedente all'inizio vero e proprio del contratto di lavoro e consente alle parti di valutare reciprocamente i vantaggi e le caratteristiche del rapporto di lavoro.
Il patto di prova è disciplinato dall'art. 2096 del Codice Civile, ed è un patto con il quale le parti di un contratto di lavoro subordinato si impegnano ad un periodo sperimentale di lavoro al fine di consentire una miglior valutazione riguardo la convenienza reciproca di un eventuale rapporto di lavoro definitivo. Durante il periodo definito patto di prova, entrambe le parti possono recedere dal contratto. Il patto di prova deve essere menzionato nel contratto di lavoro.
Al fine di tutelare gli interessi del lavoratore, il patto di prova deve prevedere una durata massima, definita nel contratto di assunzione in base a quanto stabilito nel Codice Civile o nei CCNL. La giurisprudenza, attraverso leggi e sentenze della Cassazione disciplina diversi aspetti del patto di prova. Vediamo di seguito i più importanti:
o La sentenza della Cassazione n. 14538 del 1999 e la n. 9536 del 1991 che definiscono il computo della durata del patto di prova. Nello specifico, se la durata del patto di prova è definita in mesi le parti seguiranno il calendario comune. Altre sentenze (Cassazione 18/7/1998 n. 7087, Cassazione 24/10/1996 n. 9304) stabiliscono che la durata della prova si determina in base all’effettiva attività svolta, senza tenere conto dei periodi di sospensione per determinati eventi quali malattia, gravidanza e puerperio, infortunio, permessi sciopero e ferie, considerando solo i riposi settimanali e le festività. Stesso computo del termine del patto di prova è seguito qualora il periodo di prova sia stabilito in giorni (si considerano solo i giorni in cui effettivamente viene prestata attività lavorativa).
o In tutti i casi in cui sia necessaria una sospensione del patto di prova, le parti potranno far riferimento al CCNL di riferimento.
Per quanto riguarda il recesso dal patto di prova possono verificarsi diversi casi.
o E' considerato illegittimo il recesso da parte del datore di lavoro che non abbia ancora verificato le competenze professionali del dipendente. In tal caso si fa riferimento alle Sentenze della Cassazione n. 4979 del 6/6/1987 e la n. 1387 del 8/2/2000.
o E' considerato illegittimo il licenziamento durante il patto di prova se riconducibile ad un motivo illecito o estraneo al rapporto di lavoro. In tal caso il dipendente ha il diritto di ottenere l'annullamento del recesso (Sent. Cass. 12/3/1999, n. 2228) o a terminare la prova ed ottenere la retribuzione relativa ai giorni residui del patto di prova.
o Il licenziamento durante il patto di prova può essere comunicato anche oralmente. La forma scritta è successiva all'assunzione definitiva o al termine del periodo di prova (Corte Cost. 4/12/2000, n. 541).
La forma del contratto deve risultare per atto scritto, precedente o contestuale all'assunzione in prova.
Il lavoratore viene assunto definitivamente dal momento in cui le parti non recedono dal contratto prima della scadenza e tutti i diritti maturati durante la prova (ad esempio: trattamento di fine rapporto, anzianità, etc.) si trasferiscono nel rapporto definitivo. In caso contrario al lavoratore spettano i diritti relativi alle prestazioni già svolte.
Il contratto di lavoro pertanto, qualora sia concluso con la previsione del patto di prova, si configura come contratto sottoposto a condizione sospensiva, in quanto la sua efficacia risulterà sospesa fino al verificarsi del gradimento o del mancato recesso delle parti, o risolutiva, se il contenuto del contratto definitivo è destinato a risolversi al verificarsi del mancato gradimento o del recesso delle parti.
La clausola contenente il periodo di prova dovrà indicare esattamente le mansioni affidate al lavoratore (Sent. Cass.22/3/2000, n. 3451), ma a differenza della forma scritta, necessaria per l'assunzione del lavoratore con patto di prova, al fine di stabilire inequivocabilmente il periodo durante il quale il recesso delle parti è libero, nulla è previsto dalla legge, circa le mansioni, la cui indicazione potrà avvenire anche con patto orale (Tribunale Milano, 31/1/1997).
Durata - Per tutelare gli interessi del lavoratore è necessario stabilire una durata massima del periodo di prova, che il codice civile non contempla, demandando alla contrattazione collettiva, il lasso di tempo previsto, in relazione alla categoria ed al livello di inquadramento.
Ma tale lacuna viene colmata indirettamente dall’art. 10 della Legge 604/1966 in materia limitativa dei licenziamenti, che prevede 6 mesi per tutte le categorie di lavoratori e 3 mesi per gli impiegati non aventi funzioni direttive (Cassazione 13/3/1992 n. 3093).
Per quanto riguarda i criteri di computo del periodo di prova, la giurisprudenza prevede diversi orientamenti, pertanto secondo una parte, qualora il termine sia fissato in mesi, in assenza di una specifica previsione, dovrà essere osservato il calendario comune, considerando anche le giornate in cui vi sia sospensione della prestazione lavorativa (Massima della Cassazione 24/12/1999 n. 14538; Sentenza della Cassazione 12/9/1991 n. 9536), mentre un opposto indirizzo interpretativo ritiene che la durata della prova si determina in base all’effettiva attività svolta, senza tenere conto dei periodi di sospensione per determinati eventi quali, malattia, gravidanza e puerperio, infortunio, permessi sciopero e ferie, ma solo i riposi settimanali e le festività che invece vanno considerati (Cassazione 18/7/1998 n. 7087, Cassazione 24/10/1996 n. 9304).
Nel caso in cui il periodo di prova sia stabilito in giorni, dovranno essere considerati solo i giorni in cui effettivamente viene prestata attività lavorativa, ad esclusione dei periodi in cui opera la sospensione, comprendendo, invece i riposi settimanali e le festività.
Il periodo di prova può essere sospeso nel caso di aspettativa per la copertura di cariche pubbliche, decorrendo con la ripresa del servizio (art. 2 comma 2 Legge 816/1985).
Si precisa che è, in ogni caso, demandata alla contrattazione collettiva la previsione delle ipotesi in cui opera la sospensione del periodo di prova.

Gli orientamenti della giurisprudenza

- Si ritiene che la partecipazione ad un corso di perfezionamento non sia assimilabile ad un rapporto di lavoro in prova, poiché vi è la mancanza del requisito formale, previsto "ad substantiam" dall'art. 2096 del c.c..
- La presenza di un corso di addestramento è estranea all'assunzione in prova; dalla partecipazione ad esso, pertanto, anche se lodevole, non discende di regola un diritto all'assunzione, mentre l'esito positivo della prova rende definitivo il contratto (Cassazione 13/6/1990 n. 5731).
- La sottoscrizione del patto deve essere effettuata all’inizio del periodo di prova (Cassazione 19/11/1993 n. 11427) e durante lo svolgimento di tale periodo il lavoratore gode del medesimo trattamento normativo che dovrebbe competergli in caso di assunzione definitiva, in quanto gli verrà richiesto l’adempimento delle normali prestazioni di lavoro, pari dal punto di vista qualitativo e quantitativo a quelle degli altri lavoratori di uguale qualifica (Corte Costituzionale 22/12/1980 n. 189).
- La stipulazione scritta del patto di prova deve essere anteriore o contestuale all'inizio del rapporto di lavoro, in mancanza esso sarà nullo, con conseguente, automatica ed immediata, assunzione definitiva del lavoratore, che non sarà più licenziabile, a meno che non ricorrano le ipotesi di giusta causa e/o giustificato motivo (Massima della Cassazione 3/1/1995, n. 25).

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